Quando il gioco si fa duro gioca sempre e soltanto… Matteo Renzi

Sulla vicenda della Carige l’ex premier attacca Salvini e Di Maio. Le tre opzioni strategiche dell’ex rottamatore in vista del congresso del Partito Democratico. Un elemento che Nicola Zingaretti non può permettersi di sottovalutare. Necessaria un’accelerazione

Quando il gioco si fa duro, nel Partito Democratico gioca sempre lui: Matteo Renzi. E Mariaelena  Boschi naturalmente. Sulla vicenda del salvataggio di Stato della banca Carige (leggi qui Un Formisano in prestito per capire cosa c’è dietro il soccorso Lega-M5S a Carige) l’ex rottamatore ha detto che Matteo Salvini e Luigi Di Maio dovrebbero vergognarsi. Non per quello che hanno fatto adesso (necessario e apprezzabile), ma per i cinque anni di attacchi furibondi ai Democrat per il salvataggio dell’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni di Monte dei Paschi e per altri istituti di credito. Mariaelena Boschi ha rincarato la dose.

Vuol dire una cosa sola: che Matteo Renzi pensa di potersi ricandidare a premier, che sta portando avanti una strategia precisa per farsi trovare pronto se e quando il Governo pentastellato cadrà.

Un elemento che il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti farebbe bene a non sottovalutare in vista delle primarie del 3 marzo prossimo. Per un motivo essenzialmente: con l’attuale legge elettorale, come con la precedente per la verità, è chi guida il Partito che nella sostanza decide le candidature. Come la volta scorsa.

E allora Matteo Renzi potrebbe decidere la strategia definitiva a pochi giorni dalle primarie. Potrebbe sostenere Maurizio Martina, come tanti dei suoi hanno fatto e stanno facendo. Potrebbe cercare un accordo con Giachetti, per convincere quest’ultimo a convergere su Martina. In entrambi i casi con l’obiettivo di fare perdere Nicola Zingaretti. Oppure potrebbe dare vita ad un nuovo Partito, guardando anche nella direzione di Forza Italia. Ma questo è uno scenario che sarà chiaro soltanto dopo le europee, dove tutti si conteranno.

Tra Nicola Zingaretti e Matteo Renzi il feeling non è mai scattato. Non si tratta soltanto dell’atteggiamento nei confronti del Movimento Cinque Stelle, ma soprattutto delle convinzioni culturali e politiche differenti che i due anni a proposito dell’idea di partito. Nicola Zingaretti è per un centrosinistra ampio, inclusivo, differenziato, civico. E’ su questa base che ha vinto per due volte alla Regione Lazio. Matteo Renzi vede una vocazione ipermaggioritaria e trasversale del Pd, sulla base del primo modello Macron. Anche se non considera che il sistema elettorale francese (con il doppio turno) favorisce un progetto politico del genere.

Complicato pensare ad un’intesa tra Nicola Zingaretti e Matteo Renzi sulle future strategie: Zingaretti guida il Partito e Renzi sarebbe il candidato premier. Impossibile anzi, considerando il sostegno di Paolo Gentiloni a Nicola Zingaretti. E’ il momento delle scelte forti e rapide, con il presidente della Regione Lazio che ha un vantaggio di tempo da poter utilizzare. Perché è evidente che Renzi si giocherà tutte le sue carte nel caso di caduta del governo gialloverde. In ogni caso non prima delle europee, a meno di clamorosi colpi di scena.

Nicola Zingaretti, invece, può accelerare adesso, proprio sul modelli di Partito e di coalizione che ha in mente. Coinvolgendo ancora di più i giovani e le associazioni alle quali ha aperto. E magari individuando in Paolo Gentiloni il federatore del centrosinistra che verrà. Potrebbe perfino provare a definire una interlocuzione con quella parte del Movimento Cinque Stelle che non si trova più negli schemi di Luigi Di Maio e di una linea che sta smentendo anni di linea politica: sulla Tap, sull’Ilva, sulle banche, sull’immigrazione, sul quorum per i referendum.