Quando si “inchiesta” su tutto le ipotesi sono due

Le indagini su sindaci e presidenti. A prescindere dagli esiti giudiziari c'è una riflessione che va fatta. E porta ad una politica debole. Che ha accettato di essere surrogata. Ma così gli equilibri sono saltati

Lidano Grassucci

Direttore Responsabile di Fatto a Latina

Sezze cade la giunta per un’inchiesta sui morti. A Sabaudia invece cade per un’inchiesta sulla spiaggia. Da ieri a Terracina l’amministrazione traballa per analoga causa. A Latina arriva il commissario prefettizio per intervento dei giudici del Tar.

A Cervaro si è recentemente rivotato perché il sindaco ha rifiutato di mettere piede in municipio: messo agli arresti domiciliari, quando gli sono stati revocati non è più voluto entrare in Comune; il prefetto l’ha diffidato e lui ha risposto “Chi glielo dice alla Procura che non sti andando a nascondere delle prove?”. Invece a Piedimonte San Germano nello stesso periodo il sindaco è stato messo fuori gioco imponendogli il divieto di dimora. Sotto la lente sono finiti il consorzio industriale Cosilam (gestione Mario Abbruzzese), la Società Ambiente (gestione Vicano, gli è saltata la candidatura a sindaco di Frosinone per il Campo dei Progressisti); la XV Comunità Montana (gestione Quadrini).

Evitiamo di entrare nei meriti delle singole vicende: i processi si fanno nei tribunali e non sui giornali. Ma una valutazione deve essere fatta. Possibile che siano tutti bari? Possibile che non riusciamo ad essere normali? O c’è un’altra anomalia a rendere più indefinito il terreno tra normalità ed anormalità?

Malandrini e non

Roberta Tintari

Siamo tutti uomini, uomini erranti dice la Chiesa. L’errore è nella nostra natura indovinarle tutte è innaturale. Gli amministratori si giudicano se governano male o bene ed a farlo sono solo gli elettori: i giudici con le guardie intervengono in casi eccezionali cioè quando il patto di lealtà alla legge salta. Ma se intervengono sempre non è fisiologia di sistema ma patologia.

Possibile che siano tutti malandrini? Possibile che nessuno dica che non è d’accordo ma tutti che il diverso da se è ladro? Ladri spesso anche senza bottino. A Terracina è “sospetto” anche andare al ristorante. 

La politica è debole, non ha prestigio, non ha “consenso civico“. Ha cominciato a perderlo quando ha soffiato sulle vele di un giustizialismo esasperato, pensando così di fare piazza pulita a buon mercato della Prima Repubblica; di poter usare la magistratura per eliminare il berlusconismo anziché batterlo per via politica. Non capendo che in realtà non stava usando la magistratura ma ne veniva usato. La storia recente ci racconta di una parte delle toghe che si è sentita investita della missione di cambiare il Paese a colpi di sentenze: surrogando una classe politica delegittimata.

Deriva su cui meditare

Foto © Saverio De Giglio / Imagoeconomica

Proprio questa delegittimazione, l’assenza totale di consenso popolare, la cancellazione di una classe politica forte e strutturata, ha lasciato spazio a terze file incapaci di governare la pancia degli elettori. Che – al contrario – se ne sono fatti governare.

Si è arrivati ad aberrazioni al limite del masochismo. Con l’introduzione della figura degli Impresentabili, una severissima norma sulle candidature come la Legge Severino, la stesura di un testo sul Traffico di Influenze Illecite che non trova eguali in Europa; fino alla cancellazione di 350 posti in Parlamento certificando la propria inutilità.

La conseguenza è che ogni attacco rivolto alla Politica ha consenso anche quando non ha senso. Le indagini colpiscono, ma anche gli interessi agiscono e i vuoti nella vita collettiva non esistono. Quindi? Da un lato le inchieste sistematiche smantellano la credibilità del potere politico dall’altro gli interessi lo erodono in un nuovo modello sociale in cui la virtù a parole apre le porte all’interesse reale.

Elogio della prudenza

Ci sono casi emblematici. Come quello di Ottaviano Del Turco, arrestato mentre era Governatore dell’Abruzzo ed era stato in precedenza segretario generale aggiunto della Cgil, Parlamentare del Partito Socialista in Italia ed in Europa, Ministro della Repubblica. Condannato a 9 anni e mezzo in primo grado, poi in appello sono caduti 21 episodi su 25, poi alla fine è rimasta solo l’induzione indebita a dare o promettere utilità. O quello dell’ex ministro dei Trasporti Calogero Mannino nel processo stralcio sulla cosiddetta “trattativa Stato – Mafia”: assolto in via definitiva ma solo dopo trent’anni di calvario.

Se Giada Gervasi (già sindaco di Sabaudia) si rivelasse estranea agli addebiti, se Roberta Tintari (sindaco di Terracina) altrettanto, se le tombe di Sezze non sono altro che luoghi per piangere i morti? Se Damiano Coletta avesse vinto perché ha avuto più voti convinti e gli errori fossero pochi? 

Le manette non sono pena anticipata ma male necessario in casi estremi, tragedia se frequenti. E quando sono frequenti o c’è un anomalo gruppo di malandrini in giro o ci sono testi approvati dal Parlamento che hanno scarso riscontro con la vita reale. Come nel caso dell’induzione indebita a dare o promettere utilità.

A voler rispettare la norma, quando una cittadina in lacrime va a chiedere al sindaco di aiutarla a trovare un lavoro per il figlio, invece di consolarla dovrebbe chiamare i carabinieri; e se non lo fa quel sindaco diventa a rischio.

I poteri devono essere in equilibrio. Quando uno diventa debole gli altri non producono giustizia. A votare devono essere i cittadini nella loro libertà e non le accuse sorde alle difese.