Quanto vale una rimonta (di E. Ferazzoli)

Quanto vale la rimonta del Frosinone sull'Ascoli. Non solo i 3 punti conquistati sul campo. Perché quel risultato vuole dire molto di più. Per la squadra. Per la società. E per i tifosi.

Elisa Ferazzoli

Giornalista in fase di definizione

E ti ritrovi lì, su quegli spalti, tra visi amici e con lo stesso amore di sempre. L’inno, le sciarpe, le squadre schierate in campo. Inizi a cantare e non lo sai come andrà a finire. Speri in una vittoria e finisce che te ne vai a casa con tre punti e una rimonta al cardiopalma.

Una rimonta del Frosinone non si vedeva da tempo. A voler essere esatti, il Frosinone non vinceva in rimonta dal primo pomeriggio di maggio 2018. Allo stadio Rigamonti di Brescia c’era Mirko Gori che al 38’ di contro balzo ristabiliva la parità spedendo la palla in rete a velocità inaudita. C’era Camillo Ciano che la metteva dentro col suo piede peggiore – qualora ne avesse uno – a 30’’ dal fischio finale. C’era una promozione diretta messa in discussione da due sconfitte consecutive. C’era da lottare fino all’ultimo secondo. E così fu.

Frosinone-Ascoli

Anche allo Stirpe una vittoria in rimonta del Frosinone non si vedeva da troppo tempo. Era la serie B. Era il 29 marzo del 2018. L’autogol di Ariaudo, l’infortunio di Ciofani, l’orgoglio di Federico Dionisi che con una pallonata alla panchina avversaria infiammava il pubblico e a dispetto di un’annata storta prendeva per mano la squadra e la portava dritta in serie A. Quella sera allo Stirpe si cantò come mai si era fatto prima. Il boato ai goal di Maiello e Citro fu tale che a tutti sembrò di trovarsi al Matusa.

Quelle due gare non valsero “solo” sei punti ma furono responsabili di molto di più. La promozione in serie A, la certezza che in mezzo al campo ci fossero uomini intenzionati a lottare fino alla fine, capaci di superare loro stessi, uomini determinati a vincere. Certezze difficili da ritrovare in un’annata successiva in cui perdere è stata la regola, pareggiare un lusso e vincere una chimera.

Ci si abitua a tutto. Spesso lo si fa inconsciamente. Ed è lecito pensare che la serie A abbia messo a dura prova anche l’Ego più smisurato facendo vacillare certezze personali e facendo al tempo stesso tabula rasa di stimoli e aspirazioni.

Frosinone-Ascoli

La rimonta di domenica sera contro l’Ascoli vale molto di più di tre punti. Vale aver rotto con la prassi consolidata nella stagione 2018/2019 di assecondare un finale già scritto. Vale il riappropriarsi di se stessi, delle proprie aspettative, delle proprie motivazioni. E vale Federico Dionisi dal dischetto e la libertà di incalzare lo speaker che ripete il suo nome. Vale l’adrenalina di sentirsi piovere addosso un boato mai sentito prima, la bellezza di Paganini che stringe i pugni come fanno i bambini quando esultano per una conquista. Non importa se piccola o grande.

E ad oggi, non importa se la squadra non proponga un gioco perfetto, se i cross di Beghetto sembrino indirizzati ad numero 9 diverso da quello attuale, se lo stesso Paganini faccia fatica – e si vede – a giocare da interno. È evidente che ci siano delle dinamiche da migliorare come è altrettanto evidente che mister Nesta nelle due settimane di pausa avrà tempo a disposizione per lavorare con la rosa al completo e con il neo arrivato Novakovich, centravanti statunitense classe ’96. (leggi qui il punto di Lanzi: Brutti, sporchi e cattivi: a tre punti così non servono i raggi X)

Pretendere la perfezione dopo due giornate di campionato e muovere critiche è una prassi consolidata ma irragionevole.

Oggi quello che importa è aver restituito a tutti i presenti allo Stirpe – tifosi, giocatori e dirigenti – un’esultanza vera e una indispesabile dose di fiducia. Conta essere finalmente usciti dallo Stirpe con l’incredulità e la leggerezza della vittoria sussurrando a chiunque con un sorriso fiero: “Oh, abbiamo vinto!”.