Quei terroristi con la prostata sconfitti dalla storia

Senza Ricevuta di Ritorno. La ‘Raccomandata’ del direttore su un fatto del giorno. La vera pena per i terroristi che dopo 40 anni verranno estradati dalla Francia non è l'ergastolo. Ma metterli di fronte alla loro sconfitta

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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Enrico Riziero Galvaligi è il figlio di un operaio e di una casalinga. Da bravo ragazzo, prende il diploma con buoni voti. E decide di seguire la sua passione: la carriera militare. Dopo 3 anni di divisa entra nei carabinieri. E siccome questa è una storia di qualche anno fa, arriva la II Guerra Mondiale. Quel giovane ufficiale combatte in Grecia. E quando arriva il momento di decidere con chi stare l’8 settembre 43 rifiuta di stare con i fascisti: per questo viene incarcerato a Trieste.

Si salva. Nel dopoguerra è in servizio a Roma, Palermo, Torino. Militare risoluto ma umano è tra i fedelissimi del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa che lo vuole al suo fianco. È lui, con i suoi gruppi speciali, a sedare la rivolta nel carcere di Trani. Senza spargimento di sangue.

L’assassinio del generale su La Repubblica

È questo a farlo diventare un bersaglio mobile. Perché lo Stato incarnato dal generale Galvaligi non sparge sangue se non ce n’è bisogno, non massacra a sague freddo i suoi detenuti. È inaccettabile per chi vorrebbe rovesciare lo Stato e in nome di quella rivoluzione imbraccia le armi e spara contro gente disarmata: magistrati, giornalisti, professori… Il generale Galvaligi finisce nel mirino: viene assassinato da due brigatisti il 31 dicembre 1980.

I terroristi con prostata e pancetta

A distanza di 40 anni, i suoi assassini vengono estradati dalla Francia. I più fortunati hanno i capelli bianchi, gli altri hanno una vistosa pelata; tutti mostrano un addome che tradisce gli anni lontani dall’azione e dalla prima linea. Verranno riportati in Italia dopo una vita in fuga. Chi deve scontare l’ergastolo, chi una decina d’anni, per questa ed altre storie. (Leggi qui Chi sono i terroristi arrestati in Francia: anche Pietrostefani e Petrella nell’operazione “Ombre Rosse”).

Il mondo contro il quale combattevano non esiste più; il sistema per il quale assassinavano sta solo sui libri di storia; lo Stato che rinnegavano è solo un vago ricordo. Ma ora arriva il momento di scontare la pena: tardi, ma la Giustizia presenta sempre il conto.

E così questi signori, chi con la prostata, chi con la cataratta, chi con la pasticca per il colesterolo, si apprestano a finire in un carcere per cose commesse quando avevano vent’anni.

La vera pena per gli sconfitti

Alcuni dei terroristii che verranno estradati

Non è quella la vera pena. Non è rinchiuderli e privarli della libertà. La vera pena sarebbe lasciarli andare in giro. In mezzo a gente libera di discutere, confrontarsi, litigare, costruire il proprio futuro: esattamente l’Italia che abbiamo saputo costruire, libera, liberale, democratica.

Dove anche un Salvini può fare il Ministro dell’Interno ed una Meloni la vice presidente della Camera, un D’Alema puo fare il premier, un Napolitano il Capo dello Stato.

C’è spazio per tutti nell’Italia democratica, come la volle e la difese il Generale Galvaligi, non come volevano trasformarla loro: gli sconfitti.

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