Quel dibattito inutile che rischia di soffocare la nostra industria

Due titoli dei giornali nazionali ci avvertono che il dibattito di questi giorni in provincia di Frosinone è inutile e superato. Non possiamo più permetterci di sotterrare le cose nelle discariche. Nè di non produrre energia pulita da ciò che gettiamo. L'allarme del ministro Cingolani

Chiusa nella sua storica arretratezza la provincia di Frosinone continua a perdere tempo nel discutere del nulla. Candidandosi così a rinunciare ad altre occasioni e farsi superare sempre di più dagli altri territori. Se oggi Latina ha la sede della Camera di Commercio ed in Ciociaria c’è solo una succursale è perché tutti i parametri economici ed industriali sono a vantaggio del Pontino. Lo stesso motivo ha portato a spostare a Latina i centri decisionali della Cgil, di Coldiretti, di tante altre realtà.

Ci sono due titoli dei quotidiani nazionali in edicola questa mattina che danno la misura di quanto sia ormai superato il dibattito innescato in questi giorni a Frosinone, Anagni, Roccasecca, Colfelice. E dovunque ci sia un impianto che lavora ciò che abbiamo usato e poi gettato.

Il ministro Cingolani (Foto: Imagoeconomica)

Il primo è il titolo principale del Sole 24 Ore, tra i principali quotidiani economici in Europa per tiratura e prestigio: “Rifiuti, discariche esaurite entro tre anni”; spiega che occorrono subito almeno sei termovalorizzatori per recuperare il gap con la Ue sull’energia prodotta dagli scarti.

Il secondo titolo è de La Stampa di Torino: “Cingolani attacca gli ambientalisti “radical chic” e apre al nucleare: “Non sia tabu”. Conte: “Serve un chiarimento”; riporta l’intervento fatto dal ministro per la Transizione Ecologica a Ponte di Legno dove ha contestato chi dice No alle tecnologie di quarta generazione, affermando «Sono peggio della catastrofe climatica».

Il coraggio di dire che è finita

Sono due temi assolutamente vicini alla provincia di Frosinone. Tanto che una parte del futuro economico ed industriale del territorio dipende da loro.

Inutile prendersi in giro: l’epoca dell’industria lineare è finita. Lineare significa: prendo le materie prime, le lavoro e ci realizzo il mio prodotto, faccio in modo che dopo un po’ passi di moda o ce ne sia uno più evoluto così i clienti vorranno sostituirlo. E quello ormai vecchio e superato si butta.

Non può più funzionare così. I politici eletti in questo territorio hanno il dovere morale di dirlo, smettendo d’avere paura dei pochi professionisti del No.

I nostri senatori e deputati, mai così tanti e tutti insieme in questo territorio, hanno il dovere di dire che 1) Non possiamo continuare a scavare buche ed interrarci i rifiuti; 2) Non possiamo continuare a far crescere la distanza tra noi e le altre Province, Regioni e Paesi europei che riciclano il più possibile e ciò che non è riciclabile viene trasformato in energia elettrica pompata nel loro sistema industriale che così fabbrica i suoi prodotti ad un prezzo più basso del nostro.

Cosa c’entriamo noi

La cosa c’entra così tanto che uno degli uomini più potenti dell’Automotive mondiale come il ceo Carlos Tavares dopo avere visitato quel gioiello che è lo stabilimento Stellantis Cassino Plant ha detto – nella sostanza – “bellissimo, organizzato benissimo, ma fare le macchine qui costa troppo per via del costo dell’energia e delle tasse”.

Uno dei motivi per cui Stellantis potrebbe considerare la possibilità di ridimensionare il suo impegno su Cassino Plant sta tutto qui. E lo stesso vale per decine di altre fabbriche con i loro posti di lavoro. È una cosa talmente ovvia che il Pnnr, il più moderno e lungimirante progetto politico che l’Italia abbia avuto dal boom economico in poi, mette la fetta principale delle risorse proprio su questo punto.

O smettiamo di sotterrare i rifiuti e pure noi li trasformiamo in risorsa o saremo sempre più arretrati. E le fabbriche si sposteranno altrove perché qui non converrà produrre.

Ambientalisti talebani

I vantaggi non sono solo per le fabbriche. Ma anche per i cittadini. Che oggi spendono 160 euro per ogni tonnellata di avanzi delle cucine: spediti in Veneto dove si tengono i soldi e pure il bio metano ricavato con ciò che ci ostiniamo a non considerare come una materia prima e quindi una risorsa.

La Saf, la società pubblica formata dai Comuni di tutta la provincia, ha deciso di realizzare sul territorio un impianto per tenersi gli avanzi di cucina, trasformarli in fertilizzante naturale per l’agricoltura e metano green. Ha scelto di farlo con un partner che è il colosso A2A controllato dai Comuni di Brescia e Milano. E per accelerare i tempi ha rilevato il progetto che era stato avviato dalla Saxa Gres di Anagni.

Uno dei camion della flotta Lidl alimentato a bio metano

Allo stesso tempo, a Frosinone la Maestrale sta portando avanti un progetto simile. L’errore che si sta commettendo è quello di dire che gli impianti riempirebbero di rifiuti le due città. Balle. Perché sia il progetto A2A-Saf e sia il progetto Maestrale prevedono l’esatto contrario: cioè togliere di torno i rifiuti, infilarli in grossi cilindri sigillati che funzionano come uno stomaco umano. Senza nemmeno produrre puzza: il gas della fermentazione è proprio ciò che serve alle due società, figurarsi se vogliono disperderlo nell’aria.

In questo stesso momento un impianto simile se lo stanno facendo a Cisterna di Latina: se i nostri rifiuti vanno lì sarà la provincia pontina a tenersi soldi e gas. E le fabbriche andranno lì a produrre.

Non solo. Un’altra via non c’è. Interrare non si potrà più. Per questo il ministro Cingolani ha tuonato contro gli ambientalisti da salotto, definendoli «ambientalisti radical chic». Dicendo che il mondo ne è “pieno” come «è pieno di ambientalisti oltranzisti, ideologici. Loro sono peggio della catastrofe climatica verso la quale andiamo sparati, se non facciamo qualcosa di sensato. Sono parte del problema. Spero che rimaniate aperti a un confronto non ideologico, che guardiate i numeri. Se non guardate i numeri rischiate di farvi male come mai successo in precedenza».

Realtà come Legambiente hanno detto da tempo che il problema non sono né i biodigestori (che dagli avanzi di cucina ricavano fertilizzante naturale e gas bio) né i termovalorizzatori (che dai rifiuti non riciclabili ricavano energia elettrica). Ma dove vengono fatti, come vengono realizzati d poi gestiti.

La politica avrà il coraggio di prendere posizione?