Quella casa preparata per tutti

Siamo cresciuti nella cultura della 'casa'. È il nostro punto di riferimento, lì ci sono le nostre radici. Perché lì c'è la nostra famiglia. Ma non tutte le famiglie funzionano. Ecco allora l’idea di una famiglia più grande, che non si fondi soltanto sulle nostre forze, incapaci spesso di sostenere il peso degli impegni.

Pietro Alviti

Insegnante e Giornalista

a chi è solo fa abitare una casa; dà forza e vigore al suo popolo. (Cf. Sal 67, 6.7.36)

La casa è il sogno di tutti: nelle culture mediterranee si identifica con le persone stesse. Ulisse non è tale se non a Itaca, pur con tutte le sue avventure e tutte le lotte che deve sostenere per tornare nella sua isola e difendere la sua casa da quanti la insidiano.

Con la parola casa, le popolazioni mediterranee indicano ben altro che la semplice struttura edilizia, per quanto bella e solida possa essere.  È nella casa che la Parola si diffonde, viene trasmessa da una generazione all’altra, si viene educati al contatto con l’Altissimo. È lì che diventiamo noi stessi e, quando siamo privati della casa, del casato, della famiglia, dei rapporti affettivi dentro i quali siamo cresciuti subiamo un colpo che a volte può essere fatale.

Nell’immagine classica di Enea che fugge da Troia in fiamme, l’eroe virgiliano ha sulle sue spalle il padre Anchise e porta in una mano il figlio Ascanio, il futuro Iulo, progenitore della Roma dei Cesari, nell’altra le statue degli dei penati, i Lari protettori della sua casa, e dietro di sé la moglie, Creusa. E’ la raffigurazione potente dell’idea mediterranea della famiglia, saldamente ancorata al proprio passato ma, nello stesso tempo, protesa verso il futuro.

Ma non sempre c’è casa

Foto: Direct Media / StockSnap

In questa idea, però, possono esserci delle crepe: le famiglie possono non funzionare, possono essere travolte dai fatti della vita, ci può capitare di avere genitori incapaci di mantenere quei legami con il passato e quelle proiezioni sul futuro che sono indispensabili alla “casa”; addirittura ci può essere il tradimento della “casa”, in cui la “famiglia”  diventa generatrice di male per i propri componenti, luogo in cui si è costretti a delinquere, se si vuole rimanere nella “famiglia”.

Ecco allora l’idea di una famiglia più grande, che non si fondi soltanto sulle nostre forze, incapaci spesso di sostenere il peso degli impegni. Una casa che il Signore costruisce e che si fonda non su legami di sangue ma sulla scelta deliberata  di farne parte. È quella che il Signore prepara per tutti gli uomini che vogliono costruire un mondo di pace, gli uomini che egli ama, e che, anche non sapendolo, già ne fanno parte, per le misteriose vie della provvidenza.

Allora non si è fortunati perché si hanno genitori in gamba, si è fortunati se si entra in questa casa che il Signore prepara per tutti, anche per gli orfani e gli abbandonati di ogni parte del mondo, i “poveri” di Dio.

(Leggi qui tutte le meditazioni di Pietro Alviti).