Quelli che ancora predicano nel deserto di Frosinone

Senza ricevuta di Ritorno. La raccomandata del direttore su un fatto del giorno. Ci sono quelli che intuiscono prima le cose. E provano a convincere tutti a prepararsi. Scoprendo che invece Frosinone è un deserto

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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Si chiamano ‘Voci che gridano nel deserto’: ne parlano i Vangeli, riferendosi a Giovanni il Battista. Prima degli altri riconobbe che quel tizio che andava in giro a chiacchierare, figlio di un falegname di Nazareth, era uno destinato a cambiare la storia. Ma quasi nessuno gli diede retta. Poi videro i miracoli.

È il rischio che corrono quelli che capiscono con troppo anticipo una situazione e cercano di convincere gli altri a prepararsi. 

Ferrari, faccia trattori

Enzo Ferrari

Enzo Ferrari intuì che poteva fare dei bolidi: nessuna banca gli diede retta e volle finanziarlo. Gli dicevano: “Faccia trattori, che qui è terra di contadini e glieli comprano”. Per sua fortuna c’era anche una banca Popolare, dove si conoscono le persone e credettero in lui più che nel progetto. Andò bene comunque. Vedi oggi quanto costa una delle macchine di Ferrari.

O pensate al tizio che negli Anni 40 brevettò il forno a microonde: venne compreso ed ebbe successo solo negli anni 70, quando i ritmi cominciarono a diventare frenetici. Ma fino ad allora, per trent’anni, nessuna gioia per l’inventore.

Le vacanze dell’ingegnere

La CoGeMe negli anni Ottanta

Ora tornate indietro con il calendario al 1984. L’area industriale di Frosinone è piena di fabbriche, arrivate lì grazie agli incentivi della Cassa per il Mezzogiorno. In pratica: non allargare il capannone a Torino, vieni a farlo in Ciociaria, ti diamo noi i soldi. Geniale iniziativa di Giulio Andreotti.

Tra quelle imprese c’è la Cogeme: si occupa di muletti e carrelli elevatori. La guida il cavalier Giancarlo Torta, storico industriale milanese. In vacanza va in Sardegna al Forte Village. Qui il cavaliere vide che nel resort si usava una vecchia Ford Anglia con dietro dei carretti per trasportare i passeggeri all’interno del villaggio turistico. E fece un patto con il titolare: «io realizzo un veicolo elettrico con cui sostituire la Ford e tu me li compri». Affare fatto. Nasce il primo bus full electric nella storia italiana: è il 1985.

Da lì nasce il progetto. Che una città come Firenze intuisce: è il 1994 e comprano la prima flotta di quei mini bus della società nel frattempo diventata Tecnobus.

Ascesa, deserto, rinascita

Le linee Tecnobus oggi

Sono anni in cui si va a benzina, il pm10 non si sa cosa sia, le risorse del mondo sembrano infinite. Invece c’è gente che è più avanti: i bus elettrici di Frosinone finiscono in Spagna ed in Germania, in Inghilterra e Portogallo. Addirittura in Canada e Taiwan. In totale sono stati venduti circa 600. Gli ultimi, però nel 2019. Poi lo stop. La fabbrica chiude.

Fino ad un anno fa. Quando un signore di Latina si appassiona a questa storia. Contratta e riesce a rilevare l’impresa ormai chiusa. Appena riallacciano il telefono, squilla: da Firenze si lamentano che da oltre un anno nessuno gli risponde per la manutenzione. Quei bus, dal ’94, sono ancora funzionanti. (Leggi qui: Tecnobus rinasce: il nuovo Gulliver è già in strada).

Tecnobus oggi ha annunciato la ripresa ufficiale della produzione, da domani sarà a Milano alla fiera mondiale del settore, stima 500 mezzi da produrre all’anno con il Pnrr ed oltre 100 assunzioni di tecnici e meccatronici.

C’eravamo arrivati nel 1985. E se non fosse venuto un signore da fuori ad investire, qui era rimaneva chiuso. È il problema di avere una bella voce: ma predicare nel deserto della provincia di Frosinone.