Quelli che non riescono a dimettersi: da Marini a Iannarilli e Scalia, ma pure Abbruzzese e Costanzo

di CARLO ALBERTO GUDERIAN
già corrispondente Associated Press da Mosca (URSS) in pensione

Le dimissioni sono un evento inusuale e ormai dimenticato. Sia per la politica della provincia di Frosinone che per quella nazionale. A ricordarcelo è stato l’ex sindaco del capoluogo, Michele Marini (PD). Incassato un rinvio a giudizio nell’ambito di un’inchiesta per la realizzazione di alcune opere pubbliche, aveva (opportunamente) rassegnato le proprie dimissioni dalla carica di Capogruppo del PD in Comune.

Si è trattato solo dell’ennesima eccezione che conferma in toto la regola, visto che il Partito quelle dimissioni le ha respinte senza tentennamento alcuno. Forse troppi equilibri in gioco, a due anni dalle elezioni e a poche settimane da quel congresso provinciale che di quelle elezioni – e di relative candidature – deciderà una grossa fetta.

Ma dimettersi non è una cosa semplice, nella politica della provincia di Frosinone.

Non ci era riuscito Antonello Iannarilli (Forza Italia) dalla carica di Presidente della Provincia. Gli era rimasta appiccicata addosso e non riusciva a liberarsene. Neppure quando una sentenza della Corte Costituzionale l’aveva di fatto dichiarato incompatibile per essere rimasto saldamente seduto sia nella presidenza della Provincia che nel seggio di Deputato della Repubblica. Lui ci provava in tutti i modi a dimettersi: però una volta non trovava il tempo per firmare, una volta i consiglieri gli dicevano di lasciare perdere, un’altra stava immerso tra le bollette ed i documenti di Acea per pianificare la guerra dell’acqua (finita con un buco nell’acqua) e proprio si dimenticava di quella letterina. Ad un certo punto ha rischiato di finire allungato sul lettino del suo amico psichiatra Nando Ferrauti: è stato la volta in cui ha iniziato a votarsi contro, da solo. E’ successo quando era arrivato addirittura a votare da Roma contro il sé stesso a Frosinone … Mirabolanti dissociazioni. Mica poteva dimettersi dopo cotali capolavori …. Così ci dovette pensare quasi d’impero il Governo centrale che, come prima a Napoli e Salerno, aveva “costretto” il Consiglio provinciale a votare una mozione che dichiarava lo stesso Iannarilli incompatibile recependo, in sostanza, la pronuncia di quella rompicoglioni della Consulta che non si fa mai i fatti suoi contro la “povera gente”. Alla fine tra dimettersi e farsi cacciare, venne individuata la furbata migliore che gli consentiva di candidarsi alle Regionali e, in caso di sconfitta, impugnare il benservito / dimissioni per tornare in sella a piazza Gramsci. Dovette intervenire il famigerato professor Monti con la sua infelice riforma delle Province, il cui unito merito è stato quello di togliere Antonello Iannarilli ed il cui principale demerito è stato quello di sostituirlo con Giuseppe Patrizi .

Non riuscì a dimettersi nemmeno il predecessore di Antonello Iannarilli, Francesco Scalia. Eppure lo aveva promesso. E’ accaduto tra il 2008 ed il 2009 quando ancora ricopriva il ruolo di Presidente della Provincia di Frosinone. Aveva infatti assunto il solenne impegno – al cospetto ed a difesa dei cittadini – di dimettersi ove il Governo avesse affossato il progetto della mirabolante opera dell’aeroporto di Frosinone: quello dove gli aerei avrebbero dovuto atterrare e decollare in movimento verticale come gli Harrier sulle portaerei di Sua Maestà Britannica per evidente mancanza di spazio piano tra le montagne. L’aeroporto, ovviamente, non si fece, eppure l’allora Presidente non solo non si dimise, ma in barba alla solenne promessa fatta ai cittadini, se ne andò, dalla sera alla mattina (la notte porta consiglio e talvolta anche qualche carica importante), se ne andò a fare l’Assessore regionale al Personale e al Patrimonio, con buona pace di chi gli andava ancora correndo dietro chiedendogli conto dell’aeroporto. Aveva la testa tra le nuvole.

E’ riuscito a non dimettersi invece Mario Abruzzese (Forza Italia) dal ruolo di Presidente del Consiglio Regionale quando l’ente fu travolto dallo scandalo che pure aveva portato alle dimissioni nel 2012 della Governatrice Renata Polverini (Forza Italia). Era successo che i fondi destinati ai gruppi consiliari – quindi ai Partiti – in Consiglio fossero in pratica decuplicati rispetto al passato, proprio mentre nei territori (e specialmente da queste parti) chiudevano gli ospedali e la gente schiattava nei corridoi dei nosocomi che si erano miracolosamente salvati. Eppure visto il ruolo, in tanti sollecitavano il beau geste: dimettersi dando un segnale di solidità politica, seguendo Polverini ed il vice Luciano Ciocchetti. Nel timore che invece gli elettori potessero pensare che non lo stesse facendo per un gesto di eleganza politica, bensì perché avesse qualcosa da farsi rimproverare, al pari di Franco Fiorito e metà del gruppo consiliare del quale entrambi facevano parte, l’idea di firmare la rinunzia non se la fece nemmeno passare per la mente. I fatti gli hanno dato ragione: premiato con la ricandidatura ha ottenuto un’elezione trionfale alle regionali successive del 2013.

Ci volle un bel po’ per convincere Franco Fiorito a dimettersi: nonostante fosse incarcerato, indagato da tre procure, subissato da sequestri che ancora un po’ lo lasciavano in mutande e senza merendine Fiesta, non ne voleva sentire di firmare quella lettera. Fece penare fino all’ultimo minuto quel povero Adriano Roma che – grazie a quelle dimissioni finalmente arrivate – riuscì a vedere com’era fatta l’aula del consiglio Regionale del Lazio; la gita però durò una sola seduta, poi tutti a casa perché le dimissioni, intanto, le aveva date pure Renatona e l’aula doveva solo ratificarle.

Così come anche l’allora Consigliere Bruno Astorre (PD) con lui nell’Ufficio di Presidenza della Pisana a cui tutto era passato inosservato sotto il naso su quei fondi. Anche lui non si era dimesso e si era visto “punito” dal Partito con un bel seggio senatoriale. E così l’unico a fare le spese di tutto era stato il malcapitato Batman, all’anima del supereroe.

Ma le mode cambiano. Anche in tema di dimissioni. Ne sa qualcosa il compagno Lucio Migliorelli, allora segretario provinciale dei Ds, al quale le dimissioni vennero sollecitate a seguito dei non soddisfacenti risultati elettorali ottenuti dal suo Partito. A distanza di pochissimi anni, al segretario provinciale attuale Simone Costanzo nessuno ha pensato di sollecitare un gesto simile a quello del povero Lucio: eppure Simone ha perso praticamente tutte le competizioni politico-elettorali in cui si è cimentato personalmente ovvero in cui ha condotto il Partito.

C’è una profonda differenza ideologica e di cultura politica tra i due: uno è di scuola Comunista, l’altro di formazione Democristiana. La differenza, in questa Provincia, sta ancora tutta lì: come insegnava Ambrose Bierce nel suo Dizionario del diavolo: “Dimettersi significa rinunciare ad un onore per un vantaggio, o rinunciare a un vantaggio per un vantaggio maggiore”.

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