Referendum, la legge elettorale resta un rebus

Il nodo del referendum e la rappresentanza dei territori. Zicchieri (Lega) e Fantini (Pd): «Occorre una riforma globale». Quadrini: "Non è certo in questo modo che si abbattono i costi della politica"

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

Con 345 seggi parlamentari in meno (230 alla Camera e 115 al Senato) se il referendum del prossimo fine settimana verrà approvato, inevitabilmente si porrà il tema della rappresentanza dei territori. Intanto perché i collegi dovranno essere ridisegnati e poi per una semplice considerazione di tipo aritmetico.

Domenica 20 e lunedì 21 settembre si voterà per il seguente quesito: “Approvate il testo della legge costituzionale “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 240 del 12 ottobre 2019?”.

È un referendum confermativo, per il quale quindi non è previsto il raggiungimento del quorum. Sarà valido in ogni caso e il risultato verrà determinato esclusivamente dal numero dei Sì e dei No.

Mancano ormai pochi giorni. Le indicazioni di voto ci sono state, ma in tutti i Partiti non mancano pareri differenti. In ogni caso, però, una cosa è certa. Tutti sono già proiettati anche al nuovo sistema elettorale, fondamentale per completare davvero un minimo di riforma qualora però dovessero prevalere i Sì.

La posizione del Pd

LUCA FANTINI

Il segretario provinciale dei Democrat Luca Fantini spiega: «Nicola Zingaretti ha illustrato benissimo la nostra posizione. Siamo per il Sì, soprattutto per una considerazione su tutte. Già nel 1996 nel centrosinistra c’era chi chiedeva di tagliare il numero di parlamentari. Il fatto che poi altre forze politiche hanno ripreso quelle argomentazioni, semmai significa che ci avevamo visto giusto».

«A questo punto, però, è evidente che si debba aprire una stagione delle riforme. Più ampia, globale, funzionale, efficace. E poi è importante non lasciare il campo ai populisti. Non è neppure un caso che sempre Zingaretti, nella relazione in direzione nazionale, ha tenuto a specificare che è vitale “accompagnare la campagna per il Sì al referendum con una raccolta di firme per il bicameralismo differenziato”. Parliamo di un impianto costituzionale che va tenuto insieme, anche e soprattutto nel cambiamento. La rotta è questa. Peraltro c’è un patto di maggioranza che dovrà essere rispettata».

La rotta della Lega

Francesco Zicchieri – Foto Imagoeconomica Rocco Pettini

Anche Francesco Zicchieri, deputato e coordinatore regionale del Carroccio, fa riferimento alla necessità di una stagione globale delle riforme, che certo non può fermarsi al referendum. Ma il suo è un punto di vista diametralmente opposto sul piano politico rispetto ai Democrat.

Peraltro Zicchieri sa benissimo che nel Carroccio ci sono posizioni diffe-renti e che in tanti si sono espressi per il No. Lui è per il Sì. Ma argomenta: «Per quello che mi riguarda la riduzione dei seggi parlamentari deve accompagnarsi ad altre situazioni e ad altre riforme. Non ci si può limitare al “taglio” sic et simpliciter. Questa è la posizione dei Cinque Stelle, che però non può essere la nostra».

«Vediamo intanto come andrà l’election day e quale sarà l’esito del referendum. Poi eventualmente si aprirà una stagione politica diversa, nella quale emergerà chiaramente chi vuole davvero riformare il Paese e chi invece si limita agli spot. Così come apparirà evidente che chi si limiterà agli spot avrà preso in giro gli italiani. Peraltro stiamo parlando di una materia, l’impianto costituzionale, che non andrebbe certamente legato alle dinamiche del Governo e della maggioranza. Come invece stanno facendo Cinque Stelle, Pd e altre forze politiche. L’impianto costituzionale appartiene a tutti».

«Le posizioni differenti all’interno della Lega? Beh, siamo un Partito che discute al proprio interno, non una caserma. Con buona pace di chi si ostina a dipingerci in un altro modo. Peraltro penso che sia normale che nel partito di maggioranza relativa del Paese (secondo tutti i sondaggi) possano esserci delle posizioni diverse». (Leggi qui Il doppio gioco dei Partiti che hanno paura di dire No).

Referendum, c’è chi dice No

Gianluca Quadrini

Oggi alle 18 a Ceprano, in piazza Martiri di via Fani, manifestazione del comitato per il no al “taglio” del Parlamento. Manifestazione organizzata da Carla Corsetti (Da, Pap), Luigi Sorge (Pcl provinciale) e Paolo Iafrate (comitato provinciale “notaglioparlamento”). Questo il tema della manifestazione: “Difendiamo la democrazia. Vota no al taglio del Parlamento”.

Voterà No al referendum anche Gianluca Quadrini, presidente del gruppo provinciale di Forza Italia. Rileva Quadrini: «Voterò No perché il taglio di 345 seggi parlamentari inevitabilmente influirà sulla rappresentanza dei territori. Inutile nascondersi dietro un dito. Se davvero volevano tagliare i costi della politica, potevano incidere sugli stipendi. Peraltro è evidente come il risparmio relativo al taglio dei seggi parlamentari non è certamente tale da risanare i conti dello Stato».

«Si tratta in realtà di un’accelerazione demagogica impressa dai Cinque Stelle. Purtroppo non ci si rende conto che la rappresentanza dei territori è un valore da difendere, un patrimonio della nostra democrazia. Il sistema elettorale andrà comunque rivisto, ma certo è complicato pensare che una provincia come quella di Frosinone possa avere lo stesso numero di parlamentari con 345 seggi in meno».

«Si arriverà all’accorpamento dei collegi e sappiamo bene quanto altri territori contino più di noi».

Più potere ai Partiti con il referendum

C’è poi un ragionamento da fare in prospettiva. Se alla fine ci si dovesse orientare per un sistema elettorale proporzionale, magari senza preferenze, allora è evidente che il baricentro decisionale si sposterebbe ulteriormente nella direzione dei Partiti.

Già adesso sono sostanzialmente le segreterie delle varie forze politiche a decidere chi verrà eletto. Figuriamoci se poi dovessimo trovarci a fare i conti con 345 seggi in meno e con l’assenza di preferenze. Il popolo sovrano resterebbe sempre più sullo sfondo.

Peraltro da tempo si va in questa direzione. Basti pensare alla riforma delle Province, che alla fine ha connotato questi enti di “secondo livello”. Per il fatto che a votare non sono più i cittadini, ma i sindaci e i consiglieri dei 91 Comuni. Attraverso un meccanismo che si chiama “voto ponderato”.

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