Regionali, Conte tiene in piedi l’ultimo ponte che porta al Campo largo

Vertice tra Giuseppe Conte ed i parlamentari regionali, nazionali ed Ue eletti nel Lazio. Resta in piedi l'ultimo ponte di dialogo con il Pd. L'ex premier chiede una rosa di nomi. Che possano andare bene pure ai Dem. Che a loro volta lavorano su una loro rosa. L'effetto Moratti. Il tempo inizia a stringere

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

Il centrosinistra non è morto, il Campo Largo non è ancora fallito. Il Movimento 5 Stelle tiene aperta una linea di dialogo con il Partito Democratico. Lo fa sulla frequenza che porta alle elezioni Regionali del Lazio. Il leader Giuseppe Conte tiene in piedi l’ultimo ponte.

Lo ha fatto durante lo scorso fine settimana. Ha partecipato ad un vertice da remoto: presenti il capogruppo Loreto Marcelli con il gruppo M5S in Regione Lazio, l’ex sottosegretario ed oggi deputato Ilaria Fontana, con i colleghi Francesco Silvestri ed Alfonso Colucci; i senatori Stefano Patuanelli ed Alessandra Maiorino; gli europarlamentari eletti nel Lazio ed i consiglieri di Roma Capitale.

È stato durante quella riunione che l’ex premier ha chiesto una rosa di nomi.

Effetto Moratti

Letizia Moratti (Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica)

Nomi con alcune caratteristiche precise. Che li rendano ‘riconoscibili‘ anche dal resto del centrosinistra. L’obiettivo è quello di verificare una possibile convergenza del Campo Largo. Perché Giuseppe Conte non ha ancora chiuso in modo definitivo all’idea di riproporre il Modello Lazio, lo schema costruito da Daniele Leodori e Nicola Zingaretti che sta governando la Regione e che vede insieme Pd e M5s, Italia Viva ed Azione, Ambientalisti e Sinistra.

A convincerlo a tenere in piedi quell’ultimo ponte sono due fattori. Il primo: i numeri, senza il Modello Lazio le possibilità di vittoria per il Movimento 5 Stelle sono prossime allo zero. E quelle di un ipotetico sorpasso al Partito Democratico nemmeno vengono quotate. Il secondo fattore: le dimissioni di Letizia Moratti da vice presidente della Regione Lombardia e la sua rottura con il governatore Attilio Fontana spalancano uno scenario differente. Nel quale l’ex sindaco di Milano potrebbe diventare il candidato sostenuto dal suo movimento civico, dai centristi di Calenda e Renzi che non hanno mai fatto mistero del loro apprezzamento per la Moratti. E dal Partito Democratico.

Un’operazione che può innescare un asse Pd – Azione – Iv dalla quale Giuseppe Conte vuole evitare di diventare l’escluso.

Senza preclusioni 

Le distanze da percorrere sono ancora lunghe. Ma c’è un segnale che per il momento rende solido quel percorso: Giuseppe Conte durante l’incontro si sarebbe lasciato sfuggire l’espressione “non ci sono preclusioni.

Qual è il profilo affidato ai suoi dall’ex premier? Ha chiesto di individuare una personalità di livello che abbia lavorato con il Movimento 5 Stelle nel Lazio in questi anni e che però non abbia una connotazione troppo marcata; possibilmente che abbia un percorso nel quale sia facile anche al resto del centrosinistra riconoscersi.

Le indiscrezioni dicono che la rosa sarebbe ridotta a 3 o 4 figure, col veto totale sui nomi per evitare di bruciarli.

Un lavoro che si incastra con quello che stanno svolgendo a livello nazionale Giuseppe Conte ed il responsabile Enti Locali Pd Francesco Boccia. I Dem hanno aperto alla possibilità di lavorare su un profilo terzo e civico. Anche il Pd sta lavorando alla sua rosa di nomi. Quanto più “moderato” sarà questo profilo tanto più aumenteranno le possibilità di allargare campo, elettorato e di conseguenza le chance di contendibilità della Regione al centrodestra.

La sfida sui temi

Riuscire a spuntarla su un candidato non politico condiviso sarebbe una prima vittoria di Conte. Ma non sufficiente per caratterizzare il risultato. È per questo che l’ex premier ha chiesto ai suoi di individuare anche i temi sui quali costruire l’alleanza. Cioè una serie di progetti che siano in linea con la storia e le sensibilità pentastellate. Capaci di imprimere un’impronta a Cinque Stelle nel prossimo governo del Lazio.

Della serie “Se volete stare con noi dovete dovrete accettare questi punti, altrimenti ognuno per la sua strada“. È un po’ quello che accadde cinque anni fa quando Nicola Zingaretti vinse le elezioni, venne confermato alla guida della Regione ma si ritrovò senza una maggioranza. Partì dai temi in comune e generò un primo campo lergo.

Il tema dell’inceneritore di Roma è tra questi. Nelle scorse settimane il Segretario Regionale Pd Bruno Astorre aveva individuato una base di confronto: tutti d’accordo sulla necessità di dotare degli impianti necessari la Capitale, in modo da evitare il caos rifiuti; sulle tecnologie più moderne e meno impattanti si apra il più serrato ed approfondito confronto scientifico.

A tutti è chiaro che quell’impianto non è stato il frutto di politiche regionali portate avanti dal Pd. Infatti, in Regione Lazio i Dem con i 5Stelle sono stati i promotori di un Piano rifiuti che vieta la costruzione di nuovi termovalorizzatori. Tant’è che il sindaco di Roma Roberto Gualtieri ha potuto scegliere questa opzione solo dopo avere ricevuto dal Governo poteri da Commissario che bypassano in toto la Regione.

Verso il count down

Tra domani e dopodomani il Consiglio regionale approverà il collegato al bilancio, ultimo atto prima delle dimissioni di Nicola Zingaretti da governatore del Lazio dopo 10 anni di fila. A quel punto si dimetterà facendo partire il conto alla rovescia per le elezioni: dovranno tenersi entro i successivi 90 giorni. Il tempo stringe.

Il centrodestra, dopo avere chiuso la partita dei sottosegretari, metterà mano alla questione del candidato. Nelle ultime ore si è aggiunto alla rosa del centrodestra il nome di un deputato con un ampio bagaglio di esperienza amministrativa nel Lazio.

Nel centrosinistra, questo fine settimana sembra essere quello giusto per conoscere definitivamente il destino del Modello Lazio. Nel Movimento 5 Stelle c’è chi è ancora ottimista sul lieto fine. Per la prima volta nella storia pentastellata, non viene escluso (anzi) l’uso dei sondaggi. La piattaforma SkyVote è già in preallarme. Se l’opinione del popolo grillino dovesse pendere per l’alleanza sarà difficile anche per Conte imboccare un’altra strada.