Regionali, Giorgia annuncia Rocca lunedì. Conte apre il fuoco su D’Amato

Giorgia Meloni annuncia che porterà una terna di nomi agli alleati. Decideranno insieme il nome del candidato Governatore del Lazio. Rocca in pole. Intanto, sull'altro fronte Conte apre il fuoco su D'Amato

Il nodo verrà sciolto lunedì. Una forma di garbo verso gli alleati. Giorgia Meloni vuole condividere con loro il nome del candidato che guiderà il centrodestra alle elezioni Regionali del Lazio. La premier lo rivela da Piazza del Popolo a Roma: quella che un tempo era la piazza della sinistra italiana ed ora è piena di folla che osanna la leader della destra nazionale.

Lì per tre giorni sono stati celebrati i dieci anni di Fratelli d’Italia. Nei quali Giorgia Meloni ha preso un’area politica che rischiava l’estinzione e l’ha portata ad essere la prima nel Paese. Ed oggi può dire “Io guardo i numeri del Pil e dell’occupazione, non quelli del consenso”.

Una rosa di tre nomi

Giorgia Meloni (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Ne ha per tutti. Orgogliosamente di destra ma rassicurante. Attentissima nel camminare su ogni terreno minato. Come quello che porta all’indicazione del candidato Governatore del Lazio. Manca il nome e tocca a Fratelli d’Italia farlo.

Le mine sul campo sono le tensioni interne al Partito. Il vice presidente della Camera Fabio Rampelli ha dato la sua disponibilità; significa che è interessato. La corrente opposta reclama quella candidatura: c’è il parlamentare Europeo Nicola Procaccini e c’è il questore di Montecitorio Paolo Trancassini.

Ma si rischia di saltare anche sulle mine degli alleati. Sanno che tocca a FdI indicare il nome. Ma chiedono garanzie: non vogliono un altro caso Michetti, il tribuno candidato sindaco di Roma che ‘scoppiò‘ a metà della corsa verso il Campidoglio.

Sta tutta qui la decisione di spostare a lunedì la soluzione del caso. Durante il suo intervento finale, Giorgia Meloni dice che «il candidato spetta a Fdi ma nome deve essere condiviso». Mette in chiaro «Tengo molto anche al fatto che ci sia un nome condiviso dagli alleati» per cui «domani farò una rosa di tre nomi agli alleati ed entro lunedì annuncerò il nome».

Nessuno degli alleati potrà dire che ha scelto da sola: se sarà un Michetti bis sarà responsabilità condivisa; all’interno di FdI nessuno potrà lamentarsi: è stata scelta fatta con gli alleati.

Rocca, l’uomo delle emergenze

Francesco Rocca

Il nome in pole position è quello di Francesco Rocca presidente internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. Gioventù liceale a destra, iscritto al Fronte della Gioventù di Ostia è avvocato ed espertissimo in crisi diplomatico-umanitarie.

Non si occupa solo di ospedali in zone di guerra. Ma ha creato una diplomazia sotterranea e parallela a carattere umanitario. In Fratelli d’Italia ricordano con orgoglio che fu lui ad andare fino in un campo siriano a recuperare il bambino di Bergamo che la mamma aveva portato via per aderire alle milizie dell’Isis; poi lei era morta in un bombardamento ed il bimbo era finito in un campo per orfani dei combattenti stranieri. 

Quello di Francesco Rocca è il nome più trasversale, conosciuto e dal maggiore standing nella terna che verrà portata agli alleati.

Le bordate di Conte

Giuseppe Conte

Sull’altro fronte fanno di tutto per renderle facile la scalata alla Pisana. Nessuna possibilità di alleanza tra il Pd ed il Movimento 5 Stelle. Che ancora oggi governano insieme e siedono nella stessa Giunta.

Ad aprire il fuoco delle ostilità è Giuseppe Conte. Lo fa dall’assemblea regionale di Coordinamento 2050 a Spinaceto. «Non posso accettare che in una lista del Movimento Cinquestelle ci possa essere una persona che deve alla Regione Lazio quasi 300mila euro perché ha creato un danno erariale accertato».

Il riferimento è all’assessore regionale alla Sanità Alessio D’Amato, l’uomo che per due anni ha affrontato in trincea il Covid e trasformato la Sanità del Lazio, costruito la rete delle cure e delle vaccinazioni. È lui il candidato governatore messo in campo da Pd – Azione e Italia Viva insieme ai Verdi.

«Non ci giriamo intorno – ha aggiunto l’ex premier – non posso accettarlo come candidato alla Regione. Su questa cosa non possiamo far finta che non esista, non può essere degradato ad un espediente giuridico perché l’accertamento penale è caduto in prescrizione. Non mi interessa nulla. Io non posso candidare una persona che deve alla sua Regione. E che si candida ad amministrarla e a governarla una partita aperta così chiara e così evidente accertata dai magistrati contabili».

In pratica? Ad Alessio D’Amato la Corte dei Conti ha contestato la rendicontazione di alcuni fondi ai tempi del Partito dei Comunisti Italiani, in una fondazione di cui era presidente. Ritiene che le ricevute fossero discutibili. In sede penale? Il caso è prescritto. (Leggi qui: Fondi per l’Amazzonia, D’Amato condannato attacca i giudici).

Garantista solo con i congiunti

Conte poi attacca la decisione di realizzare un inceneritore per affrontare la questione dei rifiuti a Roma. Su quell’impianto ha fatto cadere il governo Draghi.

«La volontà di costruire un nuovo mega inceneritore attraverso l’attribuzione di poteri commissariali straordinari al sindaco di Roma è frutto di una visione autoritaria, radicalmente diversa dalla nostra visione della transizione ecologica che muove dal basso e coinvolge nella partecipazione i cittadini».

A stretto giro la replica di Alessio D’Amato: “Conte fa l’avvocato del popolo a senso unico. Si tratta di fatti risalenti a 16 anni fa. Allora dovrebbe far dimettere i suoi assessori in Regione…“.

A rispondere all’ex premier è il senatore del Pd Enrico Borghi. «Giuseppe Conte dimostra di essere garantista solo con congiunti o amici da lui nominati. Il presidente M5S dovrebbe sapere, infatti, che, nella vicenda a cui maldestramente ha fatto riferimento, Alessio D’Amato è ricorso in appello».

Insomma, non è una condanna definitiva, non è un caso ormai passato in giudicato. «L’uscita di Conte sorprende a maggior ragione perché, proprio su questa prima sentenza, ormai vecchia di mesi, nessuno ha mai sentito proferire una singola parola da parte delle due assessore 5 Stelle che ancora siedono quotidianamente in giunta con D’Amato, continuando il loro buon lavoro».

In pratica, finché gli ha fatto comodo, D’Amato non puzzava.