Regionali, l’ultimo segnale di Zingaretti a Conte

Il nuovo segnale di Zingaretti al M5S. Parla direttamente a Conte. Il termovalorizzatore? Un pretesto, ecco perché. Smontare l'alleanza nel Lazio? Un suicidio politico. I traguardi M5S: l'elezione di La Russa, via il Reddito e la Transizione Ecologica. L'analisi di Noto Sondaggi: mancano i temi.

Non ci sta. Non si rassegna. Nicola Zingaretti ha trascorso dieci anni a costruire un dialogo tra le forze Progressiste. E la ha riunite nella sua Giunta che ancora oggi governa il Lazio. Vederle andare alle urne divise è un errore. E lo dice senza mezzi termini ad Andrea Carugati che lo ha intervistato su Il Manifesto.

Ribadisce il punto che tutti fino ad oggi hanno voluto ignorare. E che è stato ripetuto all’infinito: «qui non si trattava di costruire un’alleanza politica per le elezioni. Si è invece deciso di porre fine a una alleanza politica e programmatica che comprendeva sia Azione che il M5s. Un’alleanza che sta governando bene, dopo aver tolto la regione dall’abisso in cui si trovava. Che ha dimostrato come, pur nel pluralismo delle identità, che esiste, con la volontà politica si può costruire un governo che cambia e migliora le cose».

I numeri sono gli stessi che dal minuto successivo alla sconfitta nazionale di settembre il Pd regionale invece mette in evidenza. Il Segretario Bruno Astorre lo ha sottolineato da subito e Nicola Zingaretti oggi lo ribadisce: la coalizione che oggi è al governo del Lazio alle Politiche di settembre ha preso il 49,5% mentre il centrodestra è al 45%.

Zingaretti e le scelte folli

Nicola Zingaretti (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Non si nasconde, Nicola Zingaretti. «Per i noti errori politici si è compiuta la follia di perdere quasi tutti i collegi uninominali. E ora si rischia di mettere in discussione anche la possibilità di continuare una stagione di radicale innovazione».

Giuseppe Conte dice che è il Pd a non avere voluto il Movimento 5 Stelle: perché invece di rispondere ai suoi inviti ha indicato Alessio D’Amato come candidato, suggerito da Carlo Calenda che come condizione per l’alleanza aveva posto l’esclusione del Movimento 5 Stelle. Per Nicola Zingaretti sono solo scuse. Al Manifesto dice «L’iniziativa Dem nasce dal muro che è stato innalzato. E che non riguarda il M5S del Lazio. Non c’è stata una dialettica tra Partiti, ma tra centro e territori».

In pratica: fosse stato per il M5S del Lazio si sarebbe andati avanti. A far saltare tutto sono state le questioni nazionali. «Nel Lazio eravamo tutti d’accordo a proseguire. È stata la dialettica nazionale dopo le elezioni Politiche a mettere tutto in discussione». In estate si era già riunito il tavolo per scrivere il programma, a più mani: con Pd e M5S che gettavano le basi per una campagna elettorale insieme. «Le differenze di idee e contenuti ci sono e restano, ma in questi anni ha prevalso la volontà di unità nella chiarezza dei programmi».

Il pretesto del termovalorizzatore

Nicola Zingaretti con Roberto Gualtieri

Per Nicola Zingaretti gli elettori non vogliono lo strappo ed è sbagliato usare il termovalorizzatore come una clava. Perché sui rifiuti di Roma il sindaco Roberto Gualtieri «è il primo sindaco che si è assunto la responsabilità di dare uno sbocco ai rifiuti di Roma che ancora oggi vengono trasferiti in altre regioni e fuori dall’Italia. Non ha nulla da rimproverarsi. E fare di questo tema una clava è una follia rispetto al prezzo che si rischia di pagare».

Rimette le cose al loro posto. Il Lazio aveva detto no a nuovi termovalorizzatori. Lo ha scritto nel suo Piano Regionale dei Rifiuti scritto ed approvato con il M5S. Ma Roma ha bisogno di impianti e su questo sono tutti d’accordo, anche i pentastellati. Si poteva discutere di tecnologie. Ma «il termovalorizzatore è stato discusso da un governo nazionale di cui il M5S faceva parte, in regione non si è prodotta alcuna crisi politica. La scelta di Gualtieri di realizzarlo nasce dalla presa d’atto che la catastrofica gestione dei rifiuti ha portato Roma nelle condizioni che tutti vediamo».

Ma quella discussione ha scavalcato anche lui? ha sconfessato il suo Piano e le sue scelte? C’è un dato che ha cambiato le carte in tavola. Il dato è quello fornito dalla sindaca Virginia Raggi: si è rivelato del tutto sballato.

La vittoria evanescente di Conte

Giuseppe Conte

Ha difeso Giuseppe Conte, lo vedeva come possibile federatore delle forze progressiste. Oggi i sondaggi vedono i grillini davanti al Pd. Da Manifesto fanno notare a Zingaretti che la linea di Giuseppe Conte sembra funzionare. La risposta è lacerante: «Funzionare per cosa? Per ora ha funzionato per eleggere La Russa, cancellare il Reddito di Cittadinanza e il ministero della Transizione Ecologica. Inserire il merito nel nome del Ministero della Pubblica Istruzione, per aumentare le diseguaglianze. Devo continuare? Se si torna ad una politica settaria, ai calcoli di bottega, si possono anche avere delle piccole soddisfazioni temporanee. Ma alla lunga si è tutti sconfitti. Le facce sorridenti in Parlamento io le vedo nei banchi delle destre. Questo discorso vale anche per Calenda che sostiene di aver vinto le elezioni. Se per lui vittoria è il trionfo del populismo di destra è accontentato»

Campagna senza contenuti

Donatella Bianchi (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

L’intervista di Nicola Zingaretti al Manifesto è uno dei pochi interventi di sostanza in questa campagna elettorale. Lo registra l’istituto Noto Sondaggi. Ha esaminato la situazione: parla di “competizione spenta“.

Dal test risulta che la candidata del M5S Donatella Bianchista cercando visibilità e la sua candidatura ha preso corpo in queste ultime settimane. Ma la sua sembra ancora una candidatura povera di contenuti, concentrata sulla ‘non alleanza’ con il Pd più che sui progetti per il Lazio, termovalorizzatore a parte. È il contenuto che conta e che ancora manca“.

Per il sondaggista Antonio Noto la soglia massima a cui il M5s può aspirare alle Regionali non supererà comunque il 15% conseguito alle nazionali.Sarebbe un successo raggiungerlo, difficile si possa puntare oltre. La partita comincia uno a zero per il centrodestra, la cui campagna è tuttavia altrettanto povera di contenuti“.

Manca una bandiera in queste elezioni Regionali, un tema sul quale riconoscersi: “Sembra una campagna spenta, rassegnata. È vero che manca un mese, ma finora non è stata né fatta a voce alta, né forte. in questo momento è solo molto smart, piccola, non entrata nel vivo nonostante i candidati in campo ci siano tutti“.