Renzi, il convitato di pietra che depotenzia le primarie del Pd

Il Pd non riesce ad archiviare una stagione importante che però si è conclusa con una sconfitta rovinosa. Impera il correntismo quando invece la vocazione impressa da Veltroni era maggioritaria. La sensazione è che la “rivoluzione” sia alle porte. Comunque vada, chiunque vinca domenica.

Cosa succede se vince Nicola Zingaretti le primarie del Pd diventando segretario? Luigi Di Maio, capo politico del Movimento Cinque Stelle, ha risposto così all’intervistatore del quotidiano La Repubblica: io vedo quello che succede in Parlamento, dove i gruppi parlamentari del Pd sono renziani. E così resteranno avrebbe voluto aggiungere il vicepremier, ma era implicito.

Anche nel confronto sui Sky tra lo stesso Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti (leggi qui Sbadigli e noia nel confronto tra i candidati Pd su Sky) il convitato di pietra era lui, Matteo Renzi. Tra le domande più importanti che i tre candidati alla segreteria nazionale del Pd ce n’è una soprattutto: quanto si sentono politicamente vicini a Renzi? Giachetti moltissimo, Martina così così, Zingaretti lontano.

Ma può essere questo un elemento per chiedere agli elettori il voto alla segreteria? Assolutamente no. La realtà dei fatti è che ad un anno ormai dalla storica batosta del 4 marzo 2018, il Pd resta fermo a Renzi. Come successe dopo la sconfitta al referendum del dicembre 2016.

Lui, Matteo Renzi, osserva quello che succede e che soprattutto succederà dopo il 3 marzo. Se vince Zingaretti, Renzi resta oppure fonda un proprio movimento? Insomma, comunque vada il Pd rischia di ritrovarsi con un’altra emergenza da fronteggiare. Alla vigilia delle europee, con la Lega che cerca il boom nelle urne e i Cinque Stelle in difficoltà. E’ sempre un referendum su Renzi, che in ogni caso è il leader di un’area magari minoritaria ma agguerrita e compatta. Possibile che non si riesca a trovare una sintesi comune? Evidentemente no.

Tra pochi giorni comunque il Pd dovrà indicare una linea, cercando di portarla avanti. E se davvero toccherà a Nicola Zingaretti guidare il Partito, si porrà immediatamente il problema del simbolo. Presentarlo o no alle europee?

Quello che però sembra chiaro è che il modello del Partito immaginato da Veltroni nel 2007 non esiste più. Come può continuare ad avere una vocazione maggioritaria un partito che al proprio interno ha logiche di correntismo sfrenato su piccoli numeri? Questo Pd è ultraproporzionalista. Quando invece c’è la necessità di mostrare un percorso unitario. Al proprio interno e ai possibili alleati.