Pd, il ronzio degli ex renziani che infastidisce Zingaretti

Il boomerang del premier Giuseppe Conte sull’alleanza Dem-Cinque Stelle passa in secondo piano rispetto alle continue richieste di congresso di Base Riformista. Enrico Rossi attacca: “Operazione finalizzata a giochi di potere interni”.

L’appello del premier Giuseppe Conte ad un’alleanza tra Pd e Cinque Stelle dappertutto, anche nelle Marche e in Puglia, si è rivelato un boomerang. Impossibile credere che Conte non se l’aspettasse. Allora per quale motivo lo ha fatto? Semplice: per poter dire a Nicola Zingaretti, segretario Dem, di averci provato. Non di più. In realtà il tema dell’intesa “strutturata” con i pentastellati sta scuotendo anche il Pd, con il capogruppo al Senato Andrea Marcucci che chiede un congresso per decidere sullo specifico punto. Con lui sindaci come Giorgio Gori e molti esponenti di Base Riformista, gli ex renziani insomma. (leggi qui Scissionisti e malpancisti bacchettati da Orlando. E Zingaretti rincara la dose).

Ma un congresso in questo momento a cosa servirebbe se non ad indebolire Nicola Zingaretti, eletto segretario, va ricordato, a marzo 2019? Appena un anno e mezzo fa insomma.

ENRICO ROSSI. FOTO © PAOLO LO DEBOLE / IMAGOECONOMICA

Enrico Rossi, Governatore uscente della Toscana (non può essere ricandidato) ha le idee chiare. All’Huffington Post ha risposto così agli ex renziani che chiedono il congresso: “Non sono d’accordo con loro. E quale sarebbe la linea alternativa? Un Governo di unità nazionale? Io personalmente sarei contrarissimo a imbarcarmi con questa destra che è la peggiore nella storia del Paese. Oppure le elezioni? E con quale legge elettorale? Ma allora, tanto valeva non cominciare neppure a governare insieme”.

Ancora: Emerge con forza il problema di marcare l’autonomia politica e culturale del Pd dal M5S. Ma questo obiettivo si realizza con un programma specifico che incide di più sull’azione di governo. Ci sono milioni di italiani in difficoltà economica, andare al congresso adesso per fare una discussione astratta sarebbe un colpo esiziale per il Pd”.

E cosa serve allora? Ha spiegato Rossi: Uno sviluppo economico “green” con uno Stato imprenditore che faccia investimenti e un piano per il lavoro, che sostenga il manifatturiero e l’industria di base, che rilanci la ricerca, la sanità, la scuola. Occorre il “debito buono” di cui ha parlato Draghi. Io non sono tenero con i Cinquestelle: bisogna dire loro con chiarezza che il futuro non può essere solo assistenzialismo. E che i soldi del Mes ci servono”.

Nicola Zingaretti con Giorgio Gori © Sergio Oliverio / Imagoeconomica

Rossi individua un’altra questione centrale. “Poi c’è la questione democratica che mette al centro la Costituzione e il Parlamento. Resta nel M5S una pulsione populista e anti-istituzionale su cui non dobbiamo fare sconti”.

Infine il Pd. “Il tema di cui nessuno parla è il Partito, che deve reinsediarsi con forza nella società e ricostruire la militanza. Altrimenti diventerà il Partito dei notabili che già in parte rischia di essere. Ma invocare genericamente un congresso mi sembra un ronzio fastidioso finalizzato a giochi di potere interni. Con la campagna elettorale e la situazione drammatica dell’Italia non mi sembra il momento. Va bene discutere ma non scavare una buca sotto i nostri piedi. A meno che non si voglia far cadere il Governo”. 

Il tema è circoscritto bene: “ronzio fastidioso finalizzato a giochi di potere interni”. Perché Nicola Zingaretti ha dettato la linea chiaramente. Metterla in discussione ogni giorno equivale a destabilizzare il Segretario. Gli ex renziani, da Marcucci a Lotti, dovrebbero decidere se intendono restare nel Partito oppure no. Esperimenti come quelli di Italia Viva sono clamorosamente falliti sul piano politico.

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