La resurrezione di Mario: a Roma la cena per il dopo Forza Italia

Questa sera a Roma la cena con cui accogliere i parlamentari in fuga da Forza Italia. Giovanni Toti e Mara Carfagna si preparano a fondare il nuovo Partito di centro. Con cui prendere la leadership del Centrodestra. La visione di Abbruzzese

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

Alla roulette della politica è uscito ancora una volta il numero sul quale aveva puntato lui. Non aveva lanciato il gettone all’ultimo istante, mentre le ruota aveva iniziato a girare, come fanno in molti tentando la fortuna; lui aveva puntato con calma tanto tempo fa. Mario Abbruzzese ci aveva messo tutte le fiches sopra, a dimostrazione di quanto ci credesse. E questa sera a Roma uscirà il suo numero.

Uscirà in un ristorante della Capitale, nel quale lui sarà al tavolo principale indossando l’abito di Coordinatore Regionale di Cambiamo. Ed a capotavola ci sarà il Governatore della Liguria Giovanni Toti che quella formazione ha varato un anno e mezzo fa. Doveva essere una specie di Open Arms, un traghetto dei disperati con il quale trasportare tutti quelli di Forza Italia in uscita verso la Lega potentissima lanciata oltre il 40% con il suo leader che invocava elezioni anticipate e pieni poteri, stracciando il patto di governo gialloverde di fronte ad un Luigi Di Maio basito come Stalin quando gli dissero che l’artiglieria di Wilhelm Ritter von Leeb aveva iniziato a martellare il confine sovietico dicendo ciao ciao al patto Moltov-Ribbentrop.

Giovanni Toti. Foto © Leonardo Puccini

Poi però, appena messo in acqua lo scafo, Matteo Salvini si era fatto un paio di mojito di troppo al Papeete Beach e nel giro di un mesetto addio governo, elezioni e pieni poteri. La bagnarola di Giovanni Toti, sulla quale nel frattempo era salito a bordo Mario Abbruzzese, è rimasta all’abbrivio in mezzo all’oceano del nulla politico.

Tutti erano certi che l’ex potentissimo presidente del Consiglio Regionale del Lazio fosse ormai una sorta di naufrago della politica.

Manca un leader

Sbagliato. Aveva visto giusto lui. Ancora una volta. Ma lo aveva visto con troppo anticipo. Aveva intuito come sarebbero andate le cose fino ad oggi. E cioè il progressivo indebolimento di una Lega che è incapace di fornire le risposte politiche al mondo dell’Industria e della Finanza che regolano l’andamento del mondo; un Carroccio così miope da non vedere che i miliardi dell’Europa sono gli unici sui quali scommettere per invertire la rotta del Paese; un Partito che ha come punta massima del suo programma politico una pigiata di citofono al Pilastro a Bologna. Che rischia di affondare nella storia del comizio a Terracina, con il presentatore ed il coordinatore regionale finiti in ospedale per Covid e tutti a dover fare il tampone. (Leggi qui La Lega e la tragedia della mascherina. Non solo a Terracina).

Non poteva vincere una Lega così e non ha vinto. Nè a Bologna, né in Emilia Romagna, né in Toscana, né in Puglia. Ha vinto solo dove la rotta non l’ha tracciata Matteo Salvini: in quel Veneto dove pensava di relegare Luca Zaia. Fino alla fine sono stati inutili i tentativi fatti da Giancarlo Giorgetti per spostare l’asse leghista verso Bruxelles, lì dove sono sintonizzate le frequenze degli industriali del Nord.

Meloni e Salvini con Tajani

Il risultato di tutto questo è che il centrodestra è orfano di un leader. Non si venga a dire che c’è Giorgia Meloni in ascesa com un Frecciarossa lanciato sulla Milano – Torino: è soltanto la versione rosa ma con infinita struttura in più, della stessa politica urlata che non ha una sola idea di sistema Paese.

È il Centro a rassicurare gli italiani. È quel centro incarnato per sessant’anni da una Dc attraversata dagli intrighi e dalla trappole, dai doppi giochi e dagli accordi indicibili sotto banco. Ma è quella che dava risposte agli italiani. Era il Partito che trovava il posto di lavoro così il figlio se ne usciva da casa e si faceva una famiglia, era il Partito dove il politico ti telefonava due giorni prima che arrivasse il postino con la Raccomandata e te ne anticipava il contenuto. È quella politica nella quale Mario è cresciuto e ci sguazzava. Immorale? L’italiano è caciarone di presenza ma è concretodi sostanza, soprattutto quando si tratta dei fatti suoi.

Il nuovo Partito

Manca un Centro e manca un leader del Centrodestra. Silvio Berlusconi è chiuso nei suoi palazzi da oltre un semestre e comunque non ha l’età del ragazzino.

Giovanni Toti l’ha capito e sa che questo è il momento. Così questa sera tiene una cena a Roma, alla quale ha invitato ciò che resta di Forza Italia, tutto ciò di non sovranista che sia presente nel centrodestra, Mara Carfagna e la sua area, neo leghisti poco convinti e spesso delusi dal nulla che hanno trovato soprattutto al di sotto di Firenze.

L’argomento della cena è noto. Se n’è accennato la scorsa settimana in un confronto diretto nel chiuso di una stanza. Decidendo che era ora di spalancare le porte e vedere se la scialuppa riesce a diventare transatlantico.

Toti e Abbruzzese Foto: © Aif – Giorgio Di Cerbo

Perché i numeri parlano chiaro: di Forza Italia a Roma c’è rimasto meno di nulla, in Campania si è ridotta perdendo tre quarti del suo peso, in Veneto non se ne hanno proprio tracce, nel Lazio resiste il fortino di Ciociaria e Pontino ma fino a quando due pesi massimi come Claudio Fazzone e Gianluca Quadrini continueranno a restare a bordo.

La cena di questa sera servirà per vedere se ci sono i numeri con cui arrivare alla creazione un nuovo Partito: matrice liberal popolare, con deputati e senatori, con Giovanni Toti e Mara Carfagna al timone, Mario Abbruzzese coordinatore regionale del Lazio. Pronto da mettere in campo prima di dicembre, con i nomi di peso da schierare già alle Comunali di Roma, Milano e Torino.

A prescindere da quante miglia di navigazione politica riuscirà a percorrere questa operazione, nessuno potrà negare che ancora una volta Mario Abbruzzese ha saputo leggere la politica meglio degli altri.