Ci sono Saf e Mad, case e terre si svalutano: colpa di Palazzo Chigi

VINCENZO CARAMADRE per IL MESSAGGERO ED.FROSINONE

Forti di una sentenza emessa in loro favore lo scorso anno dal Tribunale civile di Roma oltre 100 cittadini residenti da Roccasecca, Colfelice e San Giovanni Incarico battono cassa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. In totale devono avere, a titolo di risarcimento, oltre 2 milioni e mezzo di euro.

Il motivo è noto: la presenza degli impianti di rifiuti tra Colfelice e Roccasecca ha prodotto una svalutazione immobiliare delle loro proprietà. La Presidenza del Consiglio, riconosciuta quale unico ente responsabile, avrebbe dovuto provvedere al pagamento. Ma non lo ha fatto. Per questo i cittadini sono stati costretti a rivolgersi al Tar di Roma dove hanno avviato il giudizio di ottemperanza.

Una vicenda apparentemente banale, ma che in realtà ha fissato un principio giuridico molto importante. Procediamo con ordine. Tutto inizia nel 2004, quando oltre 100 cittadini residenti tra Colfelice, Roccasecca e San Giovanni Incarico, tramite gli avvocati Giampiero Amorelli e Dorotea Ciano, decidono di chiedere un indennizzo. Lo reclamano per i disagi patiti a causa della presenza dei siti tra Colfelice e Roccasecca dove avviene lo stoccaggio e la lavorazione dei rifiuti.

In prima battuta si rivolgono al Tribunale di Cassino, ma dopo la prima udienza si dichiara incompetente. La questione passa quindi, al Tribunale di Roma, che, dopo una lunga istruttoria e l’intervento di esperti del settore, provvedono a una sorta di catalogazione dei cattivi odori. Concentrano la loro attenzione sulle molecole sensibili all’olfatto umano come: composti organici volatili, ammoniaca e idrogeno solfato. È stato valutato, inoltre, il passaggio dei mezzi pesanti con 60-70 compattatori in entrata e 35-40 in uscita.

La sentenza di primo grado arriva il 14 aprile 2015, dopo oltre 10 anni. Nella sentenza vengono richiamati improntati principi dettati della Cassazione che escludono la responsabili dei concessionari in attività come gli impianti di lavorazione dei rifiuti (nel caso specifico impianto Saf e discarica di Cerreto, difesi dagli avvocati Sandro Salera, Marco Pizzutelli e Pasquale Cristiano), assimilabili alle opere pubbliche e dunque l’indennizzo è stato parificato ad un esproprio.

Il Tribunale Civile di Roma con la sentenza numero 7983/2015 ha dato ragione ai cittadini. A sborsare i soldi dovrà essere la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che localizzando attività lecite, impianto Saf e discarica di Cerreto, nella zona dove vivono i ricorrenti è l’unica responsabile della diminuzione del valore degli immobili.

Esclusa la responsabilità dei concessionari degli impianti, vale a dire prima Reclas ora Saf e Mad (difesi dagli avvocati Sandro Salera, Marco Pizzutelli e Pasquale Cristiano).

Dopo mesi dalla sentenza, che, seppure di primo grado, è subito esecutiva, i cittadini non hanno ottenuto nulla e per questo si sono rivolti al Tar che, nell’udienza di qualche settimana fa, ha dato 30 giorni di tempo alla Presidenza del Consiglio per produrre «documentati e chiarimenti».

L’udienza è stata aggiornata a febbraio 2017.

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