Rifiuti, sanità, scuola: politica senza coraggio

Su un tema come i rifiuti, la politica non decide per paura degli scontenti. Rimanda, mette le pezze (peggiori del buco). Ma i rifiuti, come la Sanità, sono un tema sul quale si misura il livello di civiltà ed efficienza di un Paese

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

Emergenza rifiuti scongiurata? No, soltanto frenata. Per adesso l’immondizia ciociara andrà a Viterbo e a Civitavecchia. Fino al 20 aprile. Poi si vedrà. Esaurito il quarto bacino della discarica di Roccassecca, nella quale per anni sono arrivati anche i rifiuti di Roma. Ma non è stato un fulmine a ciel sereno. Si sapeva. (Leggi qui Discarica: ripresa immediata dei lavori a Roccasecca. Solo sulla carta).

I lavori su uno degli invasi Mad

Sui rifiuti si registra un continuo gioco a nascondino, senza mai programmazione. E il risultato è il solito scaricabarile, nella logica di rincorrere continuamente l’emergenza. Perché la politica decide di non decidere, specialmente in una materia impopolare (ma necessaria) come quella dei rifiuti.

Da qualche parte l’immondizia va smaltita e per farlo occorrono gli impianti: le discariche, le strutture di trattamento meccanico-biologico, i termovalorizzatori. E qualcuno deve costruirli, qualcuno deve ospitarli, qualcun altro deve decidere dove e come. Quel qualcun altro è la politica, che invece non lo fa. Rimanda, mette le pezze (peggiori del buco), si scansa. E scarica. Le responsabilità e, in questo caso, l’immondizia. Sempre altrove. Mai nel proprio orto.

E così succede che i rifiuti della provincia di Frosinone vanno adesso a Viterbo e Civitavecchia, che l’immondizia di Roma viene trattata in Ciociaria. In un eterno giro destinato a continuare. Eppure la normativa prevede che ogni provincia, anzi ogni Ambito Territoriale Ottimale, esaurisca il ciclo dei rifiuti entro i propri confini. Ma quasi nessuno lo fa.

Occorrerebbe una grande operazione culturale per far capire che il trattamento dei rifiuti è un’operazione che richiede senso di responsabilità, competenze e capacità di anticipare. Invece avviene il contrario e ogni volta che si parla dell’individuazione di un sito da adibire a discarica si scatena il finimondo. Con la politica che guarda al consenso, alle prossime elezioni, ai like. Di emergenza in emergenza.

Ritardi accumulati, giochi delle parti e zero soluzioni vere

Nell’ordinanza la Regione Lazio intima a Roma Capitale di trasmettere entro 30 giorni un piano impiantistico «ai fini dell’autosufficienza in termini di trattamento, trasferenza e smaltimento». Stessa cosa fa per la provincia di Latina: in sostanza si chiede un piano completo per gestire autonomamente il ciclo provinciale dei rifiuti. Dovrebbe essere una cosa automatica. Invece non è così. Tanto che in provincia di Latina da tempo il Tar ha nominato un commissario ad acta.

Ogni provincia ha i suoi problemi: da Roma a Latina. Passando per Frosinone. Dove, fra le altre cose, si attende da tempo l’individuazione di un sito per realizzare un’altra discarica. Ma pure in questo caso, alle chiacchiere non sono seguiti i fatti. La realtà è che la politica, a qualunque livello, non si azzarda a prendere decisioni vere, coraggiose, impopolari ma finalizzate ad evitare emergenze e problemi.

Forse è chiedere troppo all’attuale classe politica di guardare alle prossime generazioni. Basterebbe però analizzare la situazione dei vari territori per capire che un sistema può funzionare soltanto se c’è un gioco di squadra, se ognuno fa la sua parte. Con coraggio e senso di responsabilità. Invece no: la priorità sono sempre le prossime elezioni. E in Italia c’è sempre una prossima elezione. Così come la demagogia è in servizio permanente effettivo.

Intanto è stata messa l’ennesima toppa: fino al 20 aprile i rifiuti della provincia di Frosinone andranno a Viterbo e Civitavecchia. E poi? Nell’ordinanza della Regione Lazio si parla del quinto bacino della discarica di Roccasecca, che potrebbe tornare a ricevere i rifiuti della provincia di Frosinone e anche quelli di Roma. Ma solo in teoria però, perché occorrerebbe completare i lavori ed effettuare il collaudo. E non ci sono certezze sotto nessun punto di vista. Men che meno temporali. Poi bisognerà vedere se il Comune di Roma elaborerà il piano richiesto dalla Regione. I primi segnali arrivati dopo l’ordinanza non vanno in questa direzione. Fra l’altro nella Capitale si vota in autunno. Perché adottare decisioni impopolari.

La campagna vaccinale, la scuola e il lavoro
Il nuovo laboratorio della Asl di Frosinone

Tutti ripetono che l’unica vera arma contro il Coronavirus è il vaccino. Anzi, i vaccini. (Leggi qui Se il numero dei morti diventa un’abitudine).

In provincia di Frosinone la Asl è sul “pezzo”da mesi. Sono state somministrate migliaia e migliaia di dosi. Ma il problema è proprio questo, in tutta Italia: mancano le dosi. Ed è inaccettabile.

La sanità, come i rifiuti, è un altro tema sul quale si misura il livello di civiltà ed efficienza di un Paese. Il Lazio ha adottato sin dall’inizio il cosiddetto modello israeliano, che si basa soprattutto su un punto: si procede per classi di età. A scendere. Ha una sua logica epidemiologica e sanitaria: limitare il contagio tra gli anziani abbatte sia il tasso di letalità che la pressione sulle terapie intensive. Ma ha anche un valore di trasparenza e imparzialità.

Altrove invece hanno prevalso altre logiche. Delle corporazioni per esempio. Per non parlare degli amici degli amici. Il generale Francesco Paolo Figliuolo, commissario del Governo per l’emergenza Covid, ha detto: «Le riserve sono per gli anziani. Come si fa a dormire dopo aver dato una dose a un amico?». Già, come si fa? Eppure si fa. In tanti… russano. C’è sempre chi è più amico degli altri. Poi in Italia il “tengo famiglia” impera. Perfino nelle spy story.

L’analisi delle provette

Le altre emergenze del Paese sono la scuola e il lavoro. Certamente occorre bloccare il contagio, ma è tutto collegato: o la macchina delle vaccinazioni va a regime davvero oppure non si potrà programmare nessuna riapertura del Paese. Tanti anni fa Indro Montanelli, scrisse che “eventualmente”era l’avverbio più utilizzato dalla politica italiana. Per evitare di assumere impegni concreti, per rimandare, per prendere tempo.

Su tematiche come i rifiuti, la sanità, la scuola, il lavoro occorrerebbe una classe politica degna di questo nome. Sul serio però. Non eventualmente.

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