Il Tar dice si alla collina dei rifiuti a Roccasecca

Il Tar ha respinto la sospensiva chiesta dal Comune di Roccasecca. Via alla collina dei rifiuti su uno degli invasi esauriti. "Se non si realizzasse ci sarebbero rischi per la salute pubblica". Ricorso al Consiglio di Stato. In attesa di entrare nel merito.

C’è un concreto rischio per la salute della collettività. E questo prevale su tutti gli altri interessi: compreso quello di tutelare il paesaggio. Per questo la I sezione quater del Tribunale Amministrativo Regionale ha respinto l sospensiva chiesta dal Comune di Roccasecca. Ha dato il via libera provvisorio alla costruzione della collina di immondizie su uno degli invasi esauriti della Mad, la società che in questi anni ha gestito a Roccasecca la discarica provinciale.

Il Comune aveva impugnato gli atti del Consiglio dei Ministri (seduta del 7 marzo scorso) e quelli approvati di conseguenza dalla Regione Lazio (Direzione politiche ambientali e ciclo dei rifiuti). Sono i provvedimenti che hanno spianato la strada alla costruzione di una collina di rifiuti lavorati che altrimenti non si saprebbe dove portare: a Roccasecca non c’è più spazio. (leggi qui Stop immediato alla discarica: Roccasecca blocca il Governo Italiano al Tar).

Quegli atti verranno esaminati nel merito in futuro. Nel frattempo il Comune chiedeva di sospenderne l’efficacia. perché l’avvio dei lavori avrebbe comunque creato un danno.

Tutta colpa di Roma

Eppure sia la provincia di Frosinone e sia la Mad avevano fatto i conti per bene: il quarto invaso realizzato in località Ortella, al confine con Colfelice, doveva bastare ancora per qualche anno. Invece l’emergenza rifiuti a Roma ha costretto la Ciociaria ad occuparsi delle immondizie della Capitale. E così gli spazi previsti per i 91 Comuni della provincia si sono esauriti in molto meno tempo.

L’unica soluzione era la collina. Alta fino a 10 metri, con una capacità di 750 tonnellate al giorno. Il tutto, in attesa che a Colfelice partano i lavori di trasformazione della Saf, la società pubblica che appartiene in parti uguali a tutti i Comuni della provincia di Frosinone. L’attuale impianto per la tritovagliatura delle immondizie (tecnologia ormai verso il tramonto) verrà riconvertito in una ‘fabbrica dei materiali‘ capace di riciclare quasi tutto. E mandando in discarica molto meno.

Il bilanciamento degli interessi

Il Comune di Roccasecca aveva detto no a quella collina. Perché l’area è sottoposta a vincolo paesaggistico: lo aveva fatto dichiarare il sindaco Giuseppe Sacco negli anni scorsi, temendo che prima o poi a qualcuno sarebbe venuto in mente di ‘abbancare’ le spazzature, una volta esauriti gli invasi scavati nel terreno. Altro motivo di ricorso: Roccasecca si trova, da sola, a farsi carico delle inadempienze e dei ritardi di tutta Roma.

Il Tar ha detto che “nel bilanciamento dei contrapposti interessi, deve essere tutelato in via d’urgenza il dovere di scongiurare il danno per la salute collettiva e l’igiene pubblica“.

Per i giudici ci sarebbe un danno alla collettività qualora fosse negato l’ampliamento. Perché la conseguenza sarebbe l’impossibilità di conferire gli scarti dei rifiuti urbani di tutta la provincia.

Le tesi contrapposte

A rappresentare gli interessi del Comune di Roccasecca è stato l’avvocato Massimo Di Sotto. Ha sostenuto che il provvedimento preso dal Consiglio dei Ministri presieduto dal premier Giuseppe Conteè un atto di alta amministrazione previsto dalla L. 242/90 e pertanto non può violare norme di legge e paesaggistiche. L’avvocato poi ha sostenuto che in tema di salute e igiene pubblica non vi é un documento da cui si possano desumere questi rischi. Sono ipotesi solo asserite e senza nulla che le dimostri. Ha prodotto documenti regionali che mostrano siti inutilizzati nei quali possono essere portati i rifiuti della provincia di Frosinone: milioni di metri cubi disponibili tra Bracciano, Testa di Cane a Roma, Civitavecchia.

Posizione diversa invece per gli avvocati Rodolfo Murra (per Regione Lazio), per l’Avvocatura Generale dello Stato (per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero per i Beni e le Attività Culturali) e Marco Pizzutelli (per Mad Srl).

Hanno sostenuto che l’atto reso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri è di natura politica insindacabile: come se fosse un provvedimento tipicamente governativo e non un semplice atto di alta amministrazione. Inoltre hanno asserito che è logico il rischio concreto ed imminente per la salute pubblica se si chiuse la Mad: perché la provincia piomberebbe nell’emergenza.

Roccasecca non si arrende. Ora attende le motivazioni del provvedimento. Poi impegnerà la mancata sospensiva ricorrendo al Consiglio di Stato.