Rock in the Kasbah, ma senza Giorgia Meloni, però c’era l’Uzbekistan

L'Italia non viene invitata alla conferenza sull'Afghanistan. Ma c'è l'Uzbekistan. L'Onu dice che ci rappresenta l'Ue. In realtà c'è altro dietro. Proviamo a spiegarlo.

Piero Cima-Sognai

Ne elegantia abutere

Nel bellissimo film di Barry Levinson con Bill Murray la battuta da scolpire nel marmo è quella che ad un certo punto un capo tribù pashtun fa al protagonista: “Sono stanco della guerra capo, ma non posso permettermi la pace”. Il succo di ciò che ancora oggi l’Afghanistan è sta tutto lì: libero dai sovietici grazie agli Usa, sotto scacco dell’integralismo malgrado gli Usa, occupato per decenni da Usa e sodali e libero dai talebani poi di nuovo in mano agli ex studenti di madrassa grazie agli accordi di Doha ed ancora una volta agli Usa che nel 2021 mollarono la presa.

E l’assunto è uno: ogni Paese che in Afghanistan ci ha messo uomini e risorse per mantenere quella stabilità (che oggi il Paese non ha più) può avere il diritto implicito di dire la sua in ciò che per quel Paese va fatto, adesso che è tornato ad essere un inferno di integralismo e povertà assoluti.

Il tavolo di Gutierres

Antonio Gutierres (Foto EP Press Service)

L’Onu che è saggia, che certi doveri li ha in spunta di agenda per sua mission, ha quindi tenuto un tavolo decisionale proprio a Doha. In quella sede il segretario generale António Guterres ha convocato una riunione dei Paesi interessati, per discutere un approccio comune da adottare verso Kabul.

Leggiamo chi c’era: Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Iran, Giappone, Kazakhstan, Kirghizistan, Norvegia, Pakistan, Qatar, Russia, Arabia Saudita, Tagikistan, Turchia, Turkmenistan, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Usa, Uzbekistan, Ue e Organizzazione della Cooperazione Islamica. E l’Italia? No, il paese che in circa 20 anni in Afghanistan ci è stato, che ci ha perso 53 persone e che ha avuto oltre 700 feriti a quel tavolo per mettere a punto una strategia di aiuto non è stato invitato.

Neanche a dirlo, il problema è andato tutto a virare sulla presunta “inconsistenza” del Governo attuale che sarebbe causa prima ed ottima per giustificare un’esclusione che sa di beffa. Insomma, il sunto sarebbe che siccome Giorgia Meloni non è certo Mario Draghi e che su di lei ancora grava il fumus di una leader di Partito che studia da leader di Governo le cose non potevano che andare come sono andate. Cioè con l’Italia fuori dal tavolo ed il Tagikistan che alleva cavalli, seduto allo stesso a dire la sua.

Ovviamente non è così ed appare evidente anche ai capi tribù pashtun di cui sopra che qualcos’altro non ha funzionato.

La hit ricorrente

Giorgia Meloni all’Altare della Patria

Solo che la mistica dei governanti “inadatti” e snobbati è una delle hit ricorrenti di un certo modo malevolo di intendere la geopolitica. E per adesso sull’assenza della Meloni a Doha sono più quelli che blaterano di quelli che ragionano.

Ma cosa ha detto l’Onu circa l’esclusione dell’Italia? Roba da manuale Cencelli su scala planetaria, roba affidata al portavoce Stephan Dujarric: “Nell’inviare gli inviti, dovevamo garantire un equilibrio regionale, compresi i donatori e le organizzazioni regionali, mantenendo la riunione a un numero gestibile. C’è stato anche un fattore di coinvolgimento politico recente in termini di facilitazione dei colloqui. L’Unione europea rappresenta tutti i 27 stati membri.

Traduciamo dal politichese e gioiamo ché non siamo solo noi i sacerdoti delle supercazzole: siccome l’Italia sta già nell’Ue non serviva invitare Roma o la Meloni perché la sua presenza e la sua linea sono “contenute” in quelle dell’organismo maggiore. Che è un po’ come se noi per 19 anni avessimo detto a chi ci chiedeva di mandare soldati a morire in Afghanistan: “Siccome ci sono già i legionari francesi ed il Sas britannico fate conto che ci siano anche i nostri. E se qualcuno muore gli squilli di tromba e le foto della bara in affusto la vogliamo pure noi. Tanto sempre Europa è.

Invece noi il nostro sangue lì ce l’abbiamo lasciato. Come quello che verrà ricordato nelle prossime ore, il 5 maggio. È il sangue del maresciallo capo Luca Polsinelli di Sora, effettivo al IX Reggimento Alpini caduto in un attentato a Kabul nel 2006 assieme al capitano Manuel Fiorito mentre svolgevano un pattugliamento nella valle di Musahy con il proprio plotone.

Le due ipotesi

Il passaggio di consegne in Afghanistan (Foto: Senior Airman Kat Lynn Justen)

Ma cosa potrebbe essere accaduto sul serio? Due le strade possibili e partono entrambe dall’assunto per cui l’Onu ha chi le sussurra cose all’orecchio e chi le urla condotte dall’altro. L’atteggiamento di Giorgia Meloni nei confronti della decisione di Joe Biden di abbandonare il Paese nel 2021 fu molto critico: Disastrosa gestione del dossier Afghanistan da parte dell’amministrazione democratica Biden. I talebani riprendono con estrema facilità Kabul e l’intera Nazione afgana, entrando anche in possesso di armi e mezzi occidentali. Gli alleati locali dell’Occidente abbandonati al loro destino. Una figuraccia per tutto l’Occidente che fomenterà gli integralisti e che avrà gravi ripercussioni anche per la nostra sicurezza. Peggio di così non era proprio possibile fare“.

Insomma, dai banchi dell’opposizione non le aveva mandate a dire ad un presidente dem che oggi è saldamente in sella. E che forse glielo ha ricordato. Quello ed il fatto che l’Italia è ancora con le mani in pasta nella controversa “Via della Seta”, quella Belt and road initiative che nel 2019 il governo Conte mise nero su bianco con Pechino.

Giorgia Meloni

E se da un lato la Meloni ha fatto capriole atlantiche da fiato sospeso sulla guerra in Ucraina dall’altro oggi è più conveniente tenerle in tasca la patente di leader “immatura”. E sottintendere che il “draghismo” era il solo grimaldello per schiuderci tutte le porte.

Non è mai stato così e quella mistica legata all’ex premier inizia ad apparire più come una maledizione che un lascito di cui fare tesoro. Perché noi in Afghanistan ci abbiamo mandato italiani a morire e perché noi sull’Afghanistan abbiamo molto da dire e titoli per farlo. Ma alla fine ci hanno costretto a fare come il capo pashtun di Rock in the Kasbah.

Ed a non poterci permettere di chiedere pace a chi ci ha chiuso la porta in faccia.