Ruspandini come Pirro: vince la battaglia, rischia la guerra

La nomina a commissario di Fratelli d'Italia è una vittoria per Massimo Ruspandini. Che rischia di essere come quella proverbiale del re dell'Epiro. Lo condusse alla sconfitta. Perché, in questo caso, salta un sistema di equilibri

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

Quella di Massimo Ruspandini rischia di essere una vittoria di Pirro. Come quella del re dell’Epiro che nel 280 avanti Cristo sconfisse i Romani ad Eraclea ma subendo perdite così grandi da risultare alla fine incolmabili. Che alla fine determinarono la perdita dell’intera guerra.

Allo stesso modo la conquista dei Fratelli d’Italia provinciali ad opera del senatore di Ceccano rischia di condurlo alla sconfitta elettorale.

Come Pirro ad Eraclea

Massimo Ruspandini (FdI)

Esattamente come avvenne per Pirro, il rischio della sconfitta per Massimo Ruspandini sta nelle stesse ragioni della sua vittoria in questa battaglia di medio percorso. Oggi vince la battaglia interna e prende il controllo di FdI in provincia di Frosinone perché ha i numeri, il consenso, gli amministratori, gli eletti. E vince perché il coordinatore dimissionato Paolo Pulciani era la persona ideale per governare i Fratelli d’Italia del 3% e non il Partito che ha largamente superato Forza Italia toccando il 17%. (Leggi qui Pulciani promosso e dimesso: FdI passa a Ruspandini).

È un Partito a più voci, una specie di caravanserraglio, l’antico motel per le carovane che attraversavano il deserto: un vasto recinto in costante cambiamento con lingue e costumi tutti diversi tra loro. L’abilità di Giorgia Meloni un anno e mezzo fa è stata quella di fornire un’immagine politicamente più rassicurante di quella proposta dal Matteo Salvini finito nel mojito. Ha sprigionato una irresistibile forza di attrazione su una destra molto moderata che nulla aveva da fare in una Forza Italia trasformata in una sorta di prelatura personale di Silvio Berlusconi e la sua cerchia di badanti.

Tante voci da governare

È stato così che alla corte della presidentessa sono arrivati veterani della politica carichi di esperienza, medaglie e voti. Solo per restare in provincia di Frosinone: sono arrivati quel cardinale di curia che risponde al nome di Alfredo Pallone già coordinatore regionale del Popolo delle Libertà quando contava il 40%, parlamentare europeo, consigliere regionale di lunghissimo corso, uomo che frequentava le sagrestie Socialiste ai tempi di Craxi ed al quale Berlusconi diceva “dammi del tu“. Non è un sovranista ma un filo europeista transitato nel Ncd di Angelino Alfano.

Ruspandini e Foglietta

C’è Antonello Iannarilli con il suo palmares di vittorie che lo hanno portato due volte a Montecitorio, due volte in Regione, una volta nella giunta Storace, unico presidente di Centrodestra della Provincia di Frosinone. Viene dall’ala dei fondatori della prima Forza Italia. C’è Gabriele Picano, già coordinatore dei Giovani Udeur del Lazio, forzista europeista di Franco Frattini. Ma ci sono anche i finiani di antica fatta come Alessandro Foglietta, camerata ante litteram, forgiato dalle discussioni nelle sezioni del Movimento Sociale Italiano e dagli scontri fisici con la sinistra.

Per non parlare poi delle sensibilità interne: rampelliani e meloniani sono solo due delle sintesi. E volendo è possibile anche individuare altri due insiemi: chi c’era prima e chi è arrivato dopo.

Rotto l’equilibrio

Paolo Pulciani era il punto di equilibrio ideale. Perché può vantare l’amicizia e la considerazione di tutti. Allora perché è stato messo sulla graticola, abbrustolito a fuoco lentissimo come un sant’Ambrogio? Per un paradosso: riuscire a contenere le spinte di tutti significa far vincere nessuno. Ed in un Partito come Fratelli d’Italia non è una dote perché FdI non è la Democrazia Cristiana.

Averlo sostituito con Massimo Ruspandini è una vittoria per l’ala dei fedelissimi di Giorgia Meloni, il senatore di Ceccano si lancerebbe nel fuoco per lei. Ma è proprio questo a rendere la sua nomina una vittoria di Pirro. Perché ora viene a saltare ogni forma di moderazione interna. Sarebbe come se nella Lega avessero nominato coordinatore Pasquale Ciacciarelli, espertissimo ex coordinatore provinciale di Forza Italia ma con lo stigma di Mario Abbruzzese all’ombra del quale si è formato ed è cresciuto. Verrebbe visto come l’uomo di una sola parte.

Mario Abbruzzese Pasquale Ciacciarelli

La stessa cosa vale per Massimo Ruspandini. Ha vinto il coordinamento. ma ora dovrà coordinarlo. Cosa dirà nel momento in cui Antonello Iannarilli gli ricorderà che non sta in Fratelli d’Italia per discettare di gladiatori sovranisti ma per candidarsi alla Regione? Come si confronterà con un Alfredo Pallone che in quanto a statura politica comincia a vedere qualcuno da Francesco Lollobrigida in su? Come conterrà Alessandro Foglietta che fino ad oggi si sentiva comunque rappresentato, seppure in parte, da un Pulciani sul ponte di comando?

Pirro dopo Eraclea

La nomina di Ruspandini rischia di apparire la vittoria dei colonnelli sui nuovi arrivati. E questo alla lunga può tradursi in un’emorragia di voti.

Anche perché la scelta di essere gli unici a non andare in un Governo chiamato a gestire circa 200 miliardi potrebbe rivelarsi una decisione poco attraente. Spaccando anche le alleanze. Ed innescando un nuovo via vai dal caravanserraglio.