Scaffali vuoti: ecco perché il rischio è concreto

Settore Alimentare in allarme. "Gli scaffali rischiano di rimanere vuoti per mancanza di produzione”. Colpa dei costi delle materie prime e dell'energia. Interessate 650 imprese in provincia di Frosinone

C’è chi si occupa della pasta, altri delle farine, altri ancora della lavorazione delle carni e degli insaccati, delle mozzarelle e dei derivati dal latte di bufala: il comparto dell’industria Alimentare in provincia di Frosinone conta 650 imprese iscritte alla Camera di Commercio. È un settore in crescita: nel 2021 ha registrato un 2,52% di attività in più in confronto al 2020. Ora rischia di entrare in un tunnel senza fine: colpa dei costi dell’energia e della guerra che sta infiammando i campi di grano nell’Est. (Leggi qui L’industria che nessuno vede e che ci sfama ogni giorno).

L’allarme parte dall’alto. Lo lancia Alessandro Tatone presidente di Confimi Industria Alimentare: «Se in piena pandemia abbiamo visto interi scaffali vuoti perché gli italiani preoccupati avevano fatto importanti scorte di beni non deperibili e di prima necessità, oggi quegli stessi scaffali rischiano di essere vuoti per mancanza di produzione».

Doppio colpo

Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica

L’industria alimentare subisce un doppio colpo. È quello dei costi energetici che le aziende devono sostenere per far camminare i macchinari con cui vengono trasformate le materie prime. Ed è quello delle stesse materie prime che negli ultimi sei mesi hanno subito rincari mai visti prima.

Un tragico effetto domino innescato a sua volta dall’aumento di fertilizzanti, mangimi, semi, dazi, dogane, gasolio per i macchinari agricoli o per le imbarcazioni da pesca e così via. A questo si aggiungono i costi di trasformazione, confezionamento e trasporto. L’effetto domino prosegue: i trasportatori non ce la fanno più a questi prezzi e sono sul piede dello sciopero.

Sottolinea il presidente di Confimi Alimentare: «È una corsa al rialzo che sembra inarrestabile. Si ripercuote sulle imprese ormai al collasso e poi immediatamente sul carrello della spesa».

Non solo pane e pasta

Alessandro Tatone

Il riferimento va subito ai cereali. E qui è d’obbligo una precisazione. «Dire cereali non è sinonimo di grano tenero o duro che sia. In ballo non c’è solo la produzione di pasta, pane e prodotti da forno». Il perché è chiaro se si considera che i cereali riguardano il 70% delle filiere del made in Italy: sono l’alimento principe per la zootecnia quindi sono coinvolte anche le carni, i salumi, il latte e i formaggi. «Per questo la situazione è davvero preoccupante e aggravata dalla guerra in corso».

C’è poi un altro fattore che preoccupa le aziende del settore: da almeno sei mesi i prezzi hanno cominciato a galoppare ma ce ne siamo accorti poco perché «se ne sono fatti carico in larga parte l’industria e la distribuzione. La situazione è sempre più compromessa a maggior ragione con la forte impennata nelle ultime settimane».

Alessandro Tatone prevede che senza interventi strutturali, nel giro di poco tempo ci sarà un numero impressionante di aziende costrette a fermare la produzione.

Serve un piano strategico

Il settore alimentare è uno degli asset strategici del territorio. Delle 650 imprese Alimentari operative in provincia di Frosinone circa 200 sono aziende Agricole e molte sono impegnate in produzioni di eccellenza con marchi di Origine Protetta o provenienza Geografica Tipica. Nel solo comparto Agricolo vengono impiegati con un contratto a tempo indeterminato circa 320 persone1810 persone con un contratto a tempo determinato. Nell’Industria alimentare sono più o meno 3000 persone.  

«L’Italia deve sviluppare un piano strategico nazionale per le materie prime alimentari, da aggiornare regolarmente, per fare in modo che crisi come quella attuale non accadano più» sostiene Pietro Paganini, presidente di CompeterePolicies for Sustainable Development. È un think tank, che si occupa di sviluppare policy per lo sviluppo sostenibile disponendo della maggiore piattaforma di discussione scientifica in Italia sulla sustainable nutrition.

Gli attori della filiera agroalimentare locale e nazionale sono frammentati. Questo significa che rischiano di avere poco potere contrattuale all’interno dello scenario globale delle materie prime. In questo modo, rimangono in balìa di dinamiche speculative e ideologiche.

La catena del freddo

Uno degli stavilimenti New Cold (Foto © Hand-out)

La provincia di Frosinone è sulla linea strategia della catena del freddo. Prima del grande caos innescato dai costi dell’energia e lo shock economico dovuto alla guerra in Ucraina, due maxi progetti erano stati allocati su Ferentino. Il primo è il più grande centro di conservazione dei surgelato per il centro – Sud d’Italia (Leggi qui: New Cold, la rivoluzione arriva dal freddo: 200 assunzioni). L’altro è un immenso centro merci che guarda a Sud. (Leggi qui La porta per le merci destinate al Sud sarà Ferentino).

«Dobbiamo lavorare come sistema Paese, tracciando una strategia di medio-lungo periodo. Un piano strategico nazionale per le materie prime alimentari, con durata decennale e aggiornato ogni anno, che sostenga le realtà italiane nella definizione di scelte strategiche coerenti, solide e sostenibili» conclude Paganini.