Scissionisti e malpancisti bacchettati da Orlando. E Zingaretti rincara la dose

Nel centrosinistra e nello stesso Partito Democratico quelli che spaccano il capello in tre parti non demordono, nonostante i Dem senza le scissioni sarebbero alla pari con la Lega. Ma allora perché non passano direttamente nel centrodestra?

Grazie ad Andrea Orlando che ha detto la verità”. C’è un limite a tutto, anche alla pazienza di Nicola Zingaretti, segretario nazionale del Pd e presidente della Regione Lazio. Il quale in una nota ha scritto: “E anche se c’è chi si diverte a criticare solo noi e non la destra, noi non arretriamo. Andiamo avanti insieme a elettori, militanti, amministratori e dirigenti grazie ai quali il Pd è più forte, un Partito pluralista unito, unitario, casa dei riformisti italiani. Insostituibile pilastro di qualsiasi ipotesi alternativa alle destre”.

Incalzando: “Qualcuno aveva altri obiettivi e continua a picconare dal salotto di casa con i tweet, ma hanno fallito e continueremo a combattere con la nostra gente non per parlare di cambiamento ma per realizzarlo. Ora lavoro e scuola. Prima l’Italia e prima le persone. Andrea ha ragione anche su un altro punto solo il delirio di alcuni può esaltare la degenerazione delle divisioni, litigi e scissioni patologia della nostra storia. Uniti si vince”.

ANDREA ORLANDO E MATTEO RENZI

Ma cosa aveva detto Andrea Orlando, vicesegretario del Pd?. Semplicemente che il Partito, senza le tre scissioni subite in pochi anni (D’Alema-Bersani, Renzi, Calenda), avrebbe oggi le stesse percentuali della Lega. Aggiungendo: “Ai volenterosi dirigenti del Pd che sollevano obiezioni sulla leadership del Partito, consiglierei di orientare meglio i loro strali”.

Il riferimento è a un sondaggio BiDiMedia sulle intenzioni di voto al 4 luglio, che vede la Lega primo partito con il 26,6% e il Pd subito dietro con il 21,4%. Seguono M5S con il 15% e Fratelli d’Italia con il 14,1%. Stabile Italia Viva di Renzi al 3,5%, scende Leu al 2,6% (-0,2%), mentre Azione di Calenda registra un lieve incremento dello 0,1% raggiungendo il 2,6%.

Nonostante le parole di Orlando, per, le polemiche non si sono fermate. Matteo Orfini ha twittato: “Peccato però che per rincorrere Salvini chiudiamo i porti e sequestriamo le persone in mare esattamente come lui”. Carlo Calenda ha spiegato: “Me ne sono andato da solo perché ritenevo l’alleanza con i 5 Stelle mortale per i riformisti. Era la posizione unanime del Pd. Votata negli organi e confermata nella prima relazione di Zingaretti. Vi siete scissi voi dalle vostre promesse e dai vostri valori”. Ironico un altro dem, il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori: “Pensa il Psi: se nel ’21 non avesse subito la scissione di Livorno a quest’ora dove stava…”.

Matteo Orfini © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Orlando ha poi controreplicato con un altro tweet: “Riuscire a fare polemica su un’affermazione abbastanza scontata, cioè che sarebbe meglio evitare la scissionite, malattia endemica della sinistra, è una bella impresa. Ma c’è chi ci riesce“.

Ha ragione Orlando: le scissioni fanno parte della storia della sinistra italiana. Ma in questo momento il punto è un altro e sta emergendo chiaramente anche in vista delle regionali, dove Italia Viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda vanno spesso per conto loro.

E allora che senso ha parlare di centrosinistra?

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