Il coraggio che è mancato ai sindaci. E la sfida dei green

Lo scontro frontale fra tre associazioni ambientaliste a Frosinone. La sfida per smettere di usare i fossili e passare al green. Il caso della serpe e della lucertola. Ed il coraggio che finora i sindaci non hanno avuto

Volano gli stracci. Da un lato c’è Legambiente con il circolo Il Cigno, protagonista da anni di tante battaglie su Frosinone: contro lo smog, per la tutela dei corsi d’acqua ed un ambiente green. Dall’altro lato c’è l’Associazione Medici di Famiglia per l’Ambiente, nata a Frosinone quando sempre più persone hanno iniziato ad ammalarsi di patologie legate all’inquinamento: sindromi respiratorie, tumori vari.

Al centro della contesa? Ci sono due visioni differenti sul tema degli impianti nei quali si buttano i rifiuti delle nostre cucine e gli sfalci dell’agricoltura, si lasciano fermentare e si ricava il metano bio.

La visione di Legambiente

Impianto di biogas Foto © Riccardo Squillantini / Imagoeconomica

Legambiente è a favore da anni: non a caso ha assegnato la Bandiera Blu (simbolo di rispetto per l’ambiente) alla struttura realizzata in pieno Valdobbiadene, all’interno di un vigneto di prosecco. Messa lì apposta per dimostrare che se un impianto viene fatto bene non inquina.

Il circolo Il Cigno lo ha ribadito nei giorni scorsi prendendo posizione su un tema: i cittadini della provincia di Frosinone spendono circa 130 euro per ogni tonnellata di rifiuti prodotti nelle cucine delle loro case. Spendiamo per far smaltire i nostri avanzi: chi li ritira si mette in tasca e soldi e con le scorze di patate, la pasta fredda, le bucce di banana ci ricava gratis concime naturale e metano bio.

Legambiente ha detto che è ora di fare anche in Ciociaria un impianto del genere, all’interno di regole da rispettare in maniera ferrea a tutela dell’ambiente. Perché l’alternativa è interrare quelle spazzature o bruciarle: occupando suolo ed inquinando in entrambi i casi. Ed ha citato una serie di dati scientifici.

La visione di MedicAmbiente

L’associazione dei Medici di Famiglia per l’Ambiente dice no. Nella sostanza per tre motivi. Il primo: nella sua visione delle cose non è giusto che su un territorio arrivino rifiuti da fuori; se si vuole alimentare un impianto economicamente conveniente non bastano gli avanzi prodotti a Frosinone. Il secondo: concentrando il giudizio sul progetto che sta facendo discutere in questi giorni a Frosinone lo definisce “a sicuro impatto ambientale“. Il terzo: è diffidente di fronte ad “un progetto con un ritorno economico derivante sia dal trattamento dei rifiuti, sia dalla vendita del biometano per autotrazione, sia dai cospicui incentivi pubblici previsti”.

E Critica Legambiente. Accusandola di ignorare “qualsiasi problematica di salute e contro ogni attesa della popolazione in generale, enfatizza aspetti non certo in linea con le priorità imprescindibili del nostro territorio malato. Non considera i pesanti aspetti negativi prodotti dalla biodigestione con ricaduta sull’uomo”.

Volano gli stracci tra Green

Il bio metano con il letame

Legambiente non ci sta. Rispedisce con sdegno al mittente ogni illazione. Parla di “vergognosa e risibile macchina del fango tesa a delegittimare chi con la sola forza degli argomenti si oppone alle proprie tesi”.

Uno l’elemento di contestazione: Legambiente accusa MedicAmbiente di non avere portato un solo argomento scientifico a sostegno dei suoi No. “Anziché rispondere nel merito alla posizione articolata di Legambiente e del nostro Circolo sui biodigestori e accettare un civile confronto, dall’alto di non si sa quale pulpito ci si è arrogati il diritto di collocare la nostra associazione nella schiera di chi sta “dalla parte del profitto”. In questo modo si scredita non l’opinione espressa ma chi la sostiene. Operazione squallida e meschina”.

Perché? “Si tende a spacciare per affarismo e collusione con interessi privati l’accesso a fondi erogati in modo trasparente dall’UE per un progetto teso a promuovere l’accettabilità sociale della produzione di biometano mediante processi partecipativi della popolazione e di coinvolgimento attivo dei soggetti interessati”.

La serpe e la lucetola

La vecchia gestione dei rifiuti

In mattinata è scesa in campo anche Green Italia. Con una posizione riassunta dalla saggezza popolare: “Chi è stato morso dalla serpe ha paura pure della lucertola”. In pratica: la terra che per anni ha subito il peso di discariche, veleni sversati nella Valle del Sacco, termovalorizzatore, “ha una reazione eccessiva davanti anche all’impiantistica necessaria per sviluppare l’economia circolare”. 

La posizione degli ambientalisti di Green Italia è chiara. “Senza impianti non restano che discariche e termovalorizzatori. Senza impianti non c’è riciclo e recupero. Dalla frazione organica lavorata nel biodigestore è possibile ottenere sia bio-metano che sostituisce quello di origine fossile, sia compost di qualità. Non è scontato ricordare che se vogliamo passare ad una società free-carbon, dobbiamo sostituire le fossili con le rinnovabili”. (Leggi qui Dal letame della Lola al calore, ma non qui, dove si cacciano le streghe).

L’associazione non dà un colpo al cerchio ed uno alla botte. Dice con chiarezza che non ci sono sospetti su Legambiente. E che sbaglia MedicAmbiente a non spiegare scientificamente la sua posizione. Che paradossalmente favorisce le discariche. “Invece di spiegare scientificamente la differenza tra le diverse tecnologie e tra i diversi tipi di impianto – dice Green Italia – hanno creato confusione, accusando in maniera diretta il circolo di Legambiente di Frosinone e l’Associazione Nazionale. Avanzando illazioni strumentali, da caccia alle streghe o se preferite alle scie chimiche. Un vero e proprio avvelenamento dei pozzi, sul quale come circolo locale di Green Italia non possiamo e non vogliamo tacere”.

Il nonno, padre, fratello di Greta

Armando Mirabella

Una corsa che si deve fermare perché altrimenti si casca male e a Frosinone malissimo, perché il dottor Stefano Ceccarelli, non è solo un galantuomo, ma un monaco dell’ambiente, di rito ortodosso e da decennispiega l’attivista, Armando Mirabella Potrebbe essere contemporaneamente il nonno, il padre e il fratello di Greta Thunmberg”. 

Per l’associazione ambientalista “Si può aprire una discussione seria sulla localizzazione dell’impianto, sui criteri di valutazione della Regione, sulla quantità di rifiuti trattati, sull’elevato numero di progetti dello stesso tenore in un’area ristretta. Sulle politiche di gestione del biodigestore, sul come si vuole migliorare un ciclo dei rifiuti che in questa provincia svuota le casse pubbliche ed arricchisce i privati, su come il nuovo piano dei Rifiuti impatterà l’intera provincia, da Fiuggi a San Vittore, sulle discariche autorizzate e su quelle non bonificate disseminate lungo l’asse provinciale. Insomma, sulla pianificazione e sulla progettazione che latitano da sempre sotto questo punto di vista”.

L’unica soluzione green possibile

Fabbrica stabilimento factory circular economy Foto © Recondoil

C’è una sola soluzione in grado di tenere insieme le tre posizioni green. In pratica, garantire il passaggio dai carburanti fossili al bio usando gli avanzi di cucina, assicurare il rispetto della salute dei cittadini con impianti a norma e gestiti con cura. E in più – elemento che molti stanno dimenticando – tenendo alla larga gli appetiti delle mafie. (Leggi qui I clan si preparano a mangiare la nuova Circular Economy del Lazio).

L’unica soluzione è che a governare questo processo ci sia anche il Pubblico. Cioè una società composta dai Comuni della provincia di Frosinone. Tutti e in parti uguali: esattamente sugli stessi principi che un quarto di secolo fa portarono alla nascita della Saf.

La parola chiave è anche. Perché è il privato ad avere il know how necessario per realizzare un’operazione simile con le giuste dimensioni. Ma è il pubblico a garantire il rispetto di tutte le norme, per questo deve essere il pubblico ad avere un ruolo centrale nella stanza dei bottoni. Non una presenza in CdA ma una presidenza.

Il Pubblico sono i Comuni, sono i cittadini. Ci sono esempi al Nord Italia che vanno in questa direzione e funzionano, sono virtuosi. Alle mafie non piacciono: perché non puoi comprare una società in cui c’è dentro un pezzo di Pubblico, non puoi appropriarti di qualcosa in cui dentro ci sono tutti i Comuni.

Ma arrivare ad una svolta simile richiede coraggio. Quello che fino ad oggi la provincia di Frosinone non ha dimostrato di avere.

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