Scontro Pompeo – Scalia su Forza Italia: un altro divorzio celebre in vista?

Chi c’era è pronto a giurare che stessero arrivando alle mani e solo l’intervento dei presenti lo abbia impedito. Il presidente della Provincia di Frosinone Antonio Pompeo ed il senatore Francesco Scalia hanno opinioni politiche distanti. Profondamente diverse. Al punto di sfiorare la zuffa l’altra sera durante la riunione della componente Pd fedele al parlamentare.

Cosa ha portato gli animi ad infiammarsi così tanto? La diversa visione degli assetti in Amministrazione Provinciale. A scatenare tutto è stata la mossa compiuta dai consiglieri dell’area Pd ‘Scalia’ di chiedere l’adesione al gruppo del Partito Democratico, rinsaldando così la frattura che si era aperta lo scorso anno al momento di scegliere il candidato presidente della Provincia (Pompeo per l’area Scalia, Enrico Pittiglio per l’area De Angelis con l’avvallo della Direzione Provinciale). Con questa mossa, Scalia ottiene due risultati: ufficializza il riavvicinamento tra le componenti del Partito, gettando le basi per un possibile accordo elettorale con l’area socialista del Pd se dovessero esserci le elezioni politiche la prossima primavera. Soprattutto crea le condizioni per mettere alla porta Forza Italia in Provincia, presentando così il conto politico a Mario Abbruzzese per avergli voltato le spalle nelle due votazioni per i Consigli d’Amministrazione dei consorzi Industriali: all’Asi di Frosinone ed al Cosilam di Cassino.

E’ su questo punto, che Scalia e Pompeo hanno idee opposte. Il presidente emerito pretende una pulizia etnica: fuori Forza Italia dalla giunta; al limite, si salvino Vittorio Di Carlo e Gianluca Quadrini che si sono già dichiarati in dissenso con Abbruzzese ma non hanno ancora creato un gruppo autonomo. A pagare il conto sarebbe Danilo Magliocchetti, fedelissimo di Abbruzzese ed attivissimo nel suo ruolo al punto di risultare il consigliere provinciale più presente sui media dopo il presidente Pompeo.

Ma Pompeo non vuole gettare a mare Magliocchetti. ‘Perché solo lui?‘ l’avrebbe difeso Antonio Pompeo ‘Lavora benissimo, riesce a dare visibilità ad un ente che ormai non ha più competenze, non ha commesso un errore: ma perché lo devo mandare via?‘ Pare che Scalia non abbia risposto né con un ragionamento politico né con uno amministrativo. Ma ne abbia fatto una questione innanzitutto personale, prendendola come un tradimento da parte dell’uomo per il quale – pur di portarlo a Piazza Gramsci – ha spaccato il Partito.

Oggi tutti negheranno che si sia sfiorata la zuffa. E qualche temerario negherà anche che ci siano state opinioni divergenti. Sta di fatto che le rotture tra padrini e figliocci in politica, nella provincia di Frosinone, sono una costante. Solo per ricordare le più note separazioni tra i successori ed i predecessori che li hanno sostenuti basti citare Giuseppe Patrizi ed Antonello Iannarilli (irripetibili gli epiteti rivolti dal parlamentare al suo ex amico al quale lasciò il timone della Provincia per candidarsi alla Regione Lazio); l’ex sindaco di Frosinone Domenico Marzi si volta dall’altra parte quando vede il suo ex vice e poi suo successore Michele Marini; l’ex sindaco di Cassino Tullio Di Zazzo rinfaccia al suo successore Bruno Scittarelli di non avere rispettato il patto sottoscritto nel camerino di uno studio televisivo quando rinunciò alla candidatura e gli venne assicurata la presidenza del Consorzio Valle del Liri. Fine dell’amicizia anche tra Enzo Di Stefano e Francesco Ganino a Sora; tra il sindaco Enzo Quadrini ad Isola del Liri ed il suo vice e poi successore Luciano Duro.

E solo per completezza, come non ricordare i divorzi celebri tra Cittadini e Morini ad Alatri, Riccardi e Iacovella a Piedimonte San Germano, Ricci e Gabeielli a Piglio, Alveti e Giordani a Paliano, Belli e Caprara a Patrica, Campanari e D’Onorio a Veroli. Ma anche Gianfranco Schietroma ed Antonio Torriero, Francesco Scalia ed il suo mentore Lino Diana, durò meno ma non fu meno intenso il divorzio politico tra Alfredo Pallone e Mario Abbruzzese.

Capita nelle migliori famiglie politiche. L’unica che ancora ha resistito è quella tra Francesco De Angelis e Mauro Buschini. Per il momento.

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