Tranquilli è solo sceneggiata (di A. Porcu)

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La candidatura di Abbruzzese, l'agenda di De Angelis, il silenzio dei 5 Stelle: indicano che non si vota. E che la sceneggiata dell'altro giorno a Palazzo Chigi è stata un'intelligente strategia. Ecco cosa serviva a nascondere

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

La candidatura di Mario Abbruzzese alle Comunali di Cassino fornisce un indizio preciso. Tanto quanto il fatto che Francesco De Angelis non abbia intensificato i suoi allenamenti settimanali, fatti di camminate e corsetta. L’ulteriore conferma la fornisce la nutrita pattuglia pentastellata mandata dagli elettori della provincia di Frosinone a Montecitorio: il letargo degli onorevoli Luca Frusone, Ilaria Fontana ed Enrica Segneri prosegue senza scossoni. Significa che non si vota. E che era giusta l’analisi fatta nei giorni scorsi. Ciò a cui stiamo assistendo è solo teatrino con cui chiamare alle urne Europee i tifosi della Lega e quelli del Movimento 5 Stelle. Sull’onda del tifo e non dei risultati. Che non ci sono. (leggi qui Lega e Cinque Stelle litigano perché sanno che non c’è alternativa al loro Governo)

Fingono di litigare. Creano baccano, urlano: in modo che gli elettori si concentrino sulla crisi domestica. E perdano di vista un ‘Quota 100‘ che non ha portato un solo posto di lavoro, un ‘Reddito di Cittadinanza‘ che si è rivelato per ciò che era: meno del Reddito d’Inclusione che aveva varato Renzi senza troppe fanfare. Urlano e sbattono i piatti per evitare che si faccia caso al numero sulla colonnina delle benzina: 2 euro al litro, altro che ‘accise da cancellare al primo Consiglio dei Ministri‘.

Ormai, la famiglia Salvini – Di Maio inizia ad essere ben conosciuta. Se litigano è solo per non far vedere che ne è stata combinata un’altra. Così è stato anche l’ultima volta: fa parte di un copione lo scontro epico dell’altra sera, con uno dei due sposi a Palazzo Chigi per il consiglio dei Ministri e l’altro negli studi di La7. Serviva a questa volta a nascondere la fregatura sul decreto con cui salvare i conti di Roma Capitale.

Se un provvedimento del genere lo avesse proposto il Pd durante la presenza di Ignazio Marino al Campidoglio, li avrebbero impalati lungo le rive del dio Po a due passi da Pointida, senza nemmeno ungere il tronco. Invece adesso diventa argomento di discussione davanti a tutti. E di teatrino con il quale coprire l’ennesima sconfitta politica del Movimento 5 Stelle.

Chi pratica le Strategie di Comunicazione sa leggere gli eventi. Tutto parte una settimana fa. Gli uomini della comunicazione grillina sussurrano ai giornalisti appostati in Parlamento fanno filtrare che la Lega non si sarebbe presentata al Consiglio dei Ministri in cui varare il Salva Roma. Ma gli uomini della comunicazione leghista sono tutt’altro che sprovveduti: e disinnescano l’indiscrezione.

A questo punto la mossa del comunicatori a 5 Stelle è geniale. I giornalisti parlamentari aspettano la seduta a Palazzo Chigi: potrebbe significare la crisi di governo, perché Salvini non darà il via libera al Salva Roma nemmeno se avesse un cannone puntato alla schiena. Se Di Maio dovesse arretrare sarebbe l’ennesima sconfitta di un sedicente leader, scelto da Grillo perché è come l’acqua: inodore, incolore e dall’effetto vagamente gradevole.

Che si fa allora? Si manda Di Maio da Floris, si crea lo strappo, così i titoli del giorno dopo saranno tutti sul caso Siri che tormenta la Lega e non sull’ennesima debacle a Cinque Stelle sul salva-Roma.

Matteo Salvini è simpatico quanto la carta vetrata usata al posto delle salviette struccanti. Ma in fatto di Comunicazione ha una prontezza più bruciante di quella che poteva vantare il Silvio Berlusconi dei giorni migliori. Appena l’AdnKronos lancia le prime dichiarazioni rilasciate da Di Maio nel salotto di un incolpevole Giovanni Floris, Salvini lo riduce in macerie in una sola mossa: scende le scale, fa due passi in piazza Montecitorio e dice ai giornalisti assiepati che “Il Salva Roma è stato stralciato“. Il premier Giovanni Conte si fa prendere per pazzo, dice che non fa il passacarte ma Salvini mette a segno il colpo: Luigino Di Maio deve alzarsi dal salotto e andare a ‘lavorare’ a Palazzo Chigi.

Il dramma è che la gestione del Paese sta scivolando su trucchi degni d’una trasmissione di Barbara D’Urso, inadatti addirittura per il set di Mara Venier. Basati su indiscrezioni di comodo fatte filtrare al momento giusto, di contromosse da azzeccare prima che parta il titolo sui siti. Evitando che gli elettori si accorgano che non è stato creato un solo posto, i nostri ragazzi se ne vanno all’estero più in fretta di prima, Roma si svuota, non c’è uno straccio di provvedimento che aiuti chi vuole fare Impresa e creare economia.

La sostanza è che nessuno vuole staccare la spina al Governo. Nessuno ci pensa nemmeno per un secondo. La crisi è solo una speranza nel cuore di Nicola Zingaretti. È una possibilità che non esiste: perché Matteo Salvini non troverebbe da nessun’altra parte un alleato altrettanto vuoto ed inconsistente che gli lascia fare tutto ciò che vuole. Perché Luigi Di Maio non li ritrova più gli italiani che hanno creduto alle sue balle elettorali degne dei racconti del Barone di Monchausen.

Soprattutto perché il presidente della Repubblica non manderà nessuno alle urne se prima non avranno fatto la manovra economica d’autunno. Il Quirinale con garbo ha fatto sapere che è troppo comodo giocare a fare il mezzo primo ministro e poi non chiudere i conti.

Il quadro è chiarissimo- Ecco perché Mario Abbruzzese si candida a sindaco di Cassino, Francesco De Angelis non ha raddoppiato le sue corsette settimanali, i parlamentari eletti in provincia di Frosinone non si sono svegliati dal loro letargo ed hanno iniziato a parlare dei problemi del territorio, dei quali se ne sono allegramente fregati in tutti questi mesi.