Se diventare indipendenti ora fa paura

Senza ricevuta di Ritorno. La raccomandata del direttore su un fatto del giorno. Il tempo cambia le cose. Ed i valori. Ma qui più che un cambio è una rivoluzione

Alessio Porcu

Ad majorem Dei gloriam

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Chi è nato negli Anni 60 ma anche in una parte degli Anni 70 ha conosciuto bene tutti gli artifizi con i quali i ragazzi dell’epoca tentavano di evitare l’anno di servizio militare.

Non perché ne avessero paura. Ma perché veniva considerato una perdita di tempo. Ed in larga parte lo era: l’esercito di leva è una cosa, l’esercito professionale è tutt’altro.

Non ci si voleva arruolare perché quell’anno era un anno di ritardo: per andare a lavorare, mettersi da parte i soldi, comprarsi la prima macchina di terza o quarta mano. Con la quale iniziare ad uscire la sera con gli amici.

C’era un senso di autonomia e di indipendenza che faceva parte di quel mondo. Bisognava rendersi autonomi il più possibile ed il prima possibile: era un vanto per i ragazzi poter dire “io non chiedo i soldi a casa da quando avevo 14 anni”.

Le cose poi cambiano, i genitori che crescono i diciottenni sono quelli che prima erano dei ragazzi, i valori sono differenti.

Forse un po’ troppo se c’è voluto un giudice per dire ad una donna di 36 anni che ormai non aveva più diritto alla paghetta del papà: 350 euro al mese. Per continuare a prenderli, da 18 anni era iscritta all’università, alla facoltà di Medicina, senza mai laurearsi.

Ecco, una volta ci si iscriveva per non perdere un anno e rendersi autonomi prima; ora ci si iscrive per non rendersi autonomi mai.

La cosa drammatica non è questa: ma che si abbia paura di rendersi autonomi. E non si provi vergogna a trovare delle scuse per farsi campare a 36 anni.

Senza Ricevuta di Ritorno.

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