Se Fico fallisce Gentiloni a Palazzo Chigi e Conte in Ue

Quattro vie per la soluzione della crisi. Ma due sono abbastanza improbabili. L'incarico a Fico sembra spianare la strada ad un avvicendamento a Palazzo Chigi

In agenda alle ore 18: (ri)cominciano nel pomeriggio le consultazioni per la formazione del nuovo governo. Stavolta si tratta di quelle del presidente della Camera Roberto Fico, incaricato di un mandato esplorativo dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Facendola semplice: la terza carica dello Stato ha quattro giorni di tempo, fino a martedì, per verificare se la teorica maggioranza politica uscita fuori dalle consultazioni del Capo dello Stato – M5S, Pd, LeU, Italia viva – esista veramente e possa sostenere un governo. E, soprattutto, con quale presidente del Consiglio. L’obiettivo del presidente della Camera è capire se Giuseppe Conte possa essere ancora l’uomo giusto per Palazzo Chigi e se va bene a Matteo Renzi.

Martedì Fico dovrà salire al Quirinale per riferire l’esito del suo mandato. Conte in queste ore si è prostrato davanti all’ex rottamatore, costringendo in qualche modo anche i 5 Stelle ad andare a Canossa ed a smorzare le polemiche con Renzi, accantonando perfino il caso Arabia Saudita. Ma non è affatto certo che l’ex premier apra a un Conte ter. Anzi. (Leggi qui E se ne venisse fuori un Governo proprio Fico?).

Quattro vie per la crisi

Paolo Gentiloni (Foto: Daina Le Lardic via Imagoeconomica)

E allora? Quattro vie, di cui due – il voto anticipato e il governo istituzionale – abbastanza improbabili al momento. In caso di esecutivo politico, qualora il M5S dovesse dare il via libera, si potrebbe profilare proprio un mandato pieno a Fico, anche se una soluzione di questo tipo appare bruciata dal mandato esplorativo conferito alla terza carica dello Stato. Altrimenti Renzi propone di richiamare a Palazzo Chigi Paolo Gentiloni.

Una mossa sensata, da parte del leader di Iv. Per diversi motivi. Gentiloni, pur essendo del Pd, ha un buon rapporto tanto con Renzi quanto col M5S, che proprio su di lui ha trovato l’accordo con i Dem sul nome da spendere in Europa per gli Affari economici. Secondo motivo: l’Europa è preoccupatissima dai ritardi italiani sul Recovery Plan, la Faz, il principale quotidiano tedesco, parla del nostro piano come di un marchettificio a uso delle clientele pentastellate. I nostri partner europei chiedono insomma le stesse garanzie che chiede Renzi sulla spesa dei 209 miliardi di euro del Recovery. L’Europa è preoccupata dal “debito cattivo” dell’Italia di cui ammoniva anche Mario Draghi. Gentiloni , peraltro favorevole in teoria anche all’uso del Mes, sarebbe una garanzia per tutti.

Un posto in Europa

Giuseppe Conte (Foto: Filippo Attili / Imagoeconomica)

E Conte? Con Gentiloni a Palazzo Chigi, si libererebbe un posto in Europa e l’avvocato potrebbe trasferirsi a Bruxelles con la prospettiva poi di candidarsi per l’Europarlamento nel 2024, in coerenza col suo nuovo gruppo parlamentare degli, appunto, europeisti. Magari Merkel, Van der Leyen, Lagarde e Macron non daranno al premier dimissionario gli Affari economici, ma a Conte potrebbe andare bene comunque.

Con Gentiloni a presidente del Consiglio dei Ministri, potrebbero cambiare anche il Guardasigilli Bonafede (sulla giustizia pesa il veto renziano), la titolare dell’Istruzione Lucia Azzolina e quella dei Trasporti Paola De Micheli, ma soprattutto il ministro dell’Economia, con Panetta più di Draghi destinato a via XX Settembre al posto di Roberto Gualtieri, destinato a quel punto ad essere il candidato a sindaco di Roma, operazione sulla quale il deputato Dem Claudio Mancini sta molto spingendo con Nicola Zingaretti.

L’ostacolo Virginia

Virginia Raggi (Foto: Carlo Lannutti / Imagoeconomica)

Per il M5S sarebbe difficile non sostenere nella Capitale un ministro uscente del proprio governo. Ma c’è sempre l’ostacolo Virginia Raggi, per nulla intenzionata ad ascoltare i richiami di Vito Crimi e Luigi Di Maio che, pur di evitarne la ricandidatura al Campidoglio, da settimane la invitano a entrare al governo. Con Gualtieri e la Raggi contemporaneamente in campo, i 5 Stelle si troverebbero davanti a un bivio: scaricare il governo o scaricare la Raggi. La sindaca perde ogni giorno un pezzo della propria maggioranza in Assemblea Capitolina, segno dell’insofferenza dei grillini romani, preoccupati da una ricandidatura che sarebbe fallimentare e li condannerebbe a sparire.

Da questo malessere il vertici nazionali del M5S potrebbero trarre spunto per scaricare la sindaca, magari sperando che davvero Alessandro Di Battista esca dal MoVimento in seguito al nuovo accordo con Renzi, portandosi con sé anche l’ingombrante prima cittadina della Capitale e togliendo un problema alla maggioranza di governo.

Ma tutto ciò rappresenta solo il secondo tempo di una crisi di governo che durerà ancora parecchi giorni.