Se il silenzio su Ferentino inizia a diventare troppo caro per il Pd

L'editoriale di Francesco Storace usa Antonio Pompeo ed il caso Ferentino per frenare Nicola Zingaretti e la sua campagna sulla questione morale nel Governo. Colpa anche del silenzio del Pd. Che non ha preso una posizione

La stoccata, precisa e violenta, l’ha sferrata l’ex governatore del Lazio Francesco Storace. Nel suo editoriale pubblicato ieri mattina su Il Secolo d’Italia. Ha colpito Antonio Pompeo, sindaco rieletto a furor di popolo a Ferentino, presidente della Provincia di Frosinone, presidente dell’Unione Province del Lazio impegnato nel dibattito nazionale per superare la riforma Delrio.

Una stoccata con cui colpire in realtà Nicola Zingaretti ed il Pd, impegnati a ricostruire l’antica immagine del Partito della Legalità attraverso un tour contro la malavita organizzata. Che in pochi giorni ha portato il Governatore e Segretario Nazionale a Castelvetrano e poi a Casale di Principe.

Scrive Francesco Storace:

Peccato però che tra una puntata in Sicilia, una in Campania e uno sguardo distratto in terra pontina, Zingaretti abbia dimenticato un suo feudo particolare, in Ciociaria, dove prospera Antonio Pompeo, sindaco di Ferentino. Che è presidente della provincia di Frosinone e dell’Unione delle province del Lazio. Si tratta di un fedelissimo del governatore e  poco tempo fa si è visto portare in galera un consigliere comunale e un ex assessore assieme a un discreto numero di personaggi accusati di essere in odor di camorra. A sua insaputa, naturalmente.

Oggetto delle mire degli arrestati l’ampliamento del cimitero comunale – un appalto da sei milioni di euro – che per quelli del mestiere è oro. Basti pensare che per ogni loculo si pagano duemilaseicento euro e il costo è di appena trecento. Se si moltiplica per centinaia di tombe, il business c’è tutto. La magistratura antimafia ci ha messo le mani sopra con i carabinieri ed è scattata la retata, con tanto di accuse per associazione mafiosa di rito camorristico.

Nessuno di noi prende per oro colato tutto quello che viene imputato dagli inquirenti e anzi vogliamo augurarci che non ci sia nulla di vero. Ma in fondo ci devono pensare gli avvocati.

Una strategia con cui alleggerire la pressione sul governo gialloverde, alle prese con la grana Siri e la sua presenza come sottosegretario.

Il problema di fondo, in tutto questo, è che il Pd del 91% a Zingaretti tarda a zingarettizzarsi. A fare proprie, cioè, quelle forme di coerenza e trasparenza, che hanno portato il Governatore del Lazio a diventare Segretario Nazionale del Pd.

In altre parole. Dov’è il dibattito? Perché non è stata riunita la Direzione Provinciale del Partito? Fosse solo per ribadire la più totale fiducia nel lavoro della magistratura ed in quello di Antonio Pompeo? Magari, ricordando che è testimoniato da anni di lavoro senza mai uno schizzo di fango? Almeno per evitargli l’inutile conferenza stampa convocata in fretta nei giorni scorsi come se avesse dovuto rivelare il segreto di Fatima e che in realtà sembrava più tarata sulle esigenze del touring club che a tutelare l’immagine di un sindaco che rappresenta un partito.

Perché Antonio Pompeo deve avere chiaro un concetto. La presidenza della Provincia, la presidenza dell’Upi, la delega a trattare con il livello nazionale la riforma della riforma delle Province, sono sue meritate conquiste politiche. Ma allo stesso tempo sono anche successi politici che vanno ricondotti al Partito al quale è iscritto. E qualsiasi cosa riguardi Antonio Pompeo sindaco va a toccare anche il presidente di Provincia e dell’Upi.

Il Partito non può tacere. Non può ignorare. Perché il tutto appare come un voler gettare la polvere sotto al tappeto. Tanto più che c’è un autorevole precedente che a pochi chilometri ha riguardato un’altrettanto autorevole Comune, nel quale l’inchiesta si è conclusa lasciando immacolato il sindaco ed individuando responsabilità personali precise a carico di suoi ben più stretti collaboratori. Di centrodestra.

Allora da dove nasce la paura del Pd di rendersi trasparente? Francesco De Angelis ha paura che essendo in discussione il principale esponente della componente avversaria possa lui passare per un interessato inquisitore? Domenico Alfieri teme che possano essere messi in discussione gli equilibri grazie ai quali punta a fare il segretario provinciale eletto dal prossimo Congresso?

Non parlare di Antonio Pompeo e del caso Ferentino consente a Francesco Storace di puntare il dito e sferrare stoccate. E di poter dire a Nicola Zingaretti che deve prima fare i conti dentro casa anziché fare il moralista sul governo Lega – M5S.

Un prezzo che rischia di diventare troppo alto.