Se la paura della firma blocca un intero Paese

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Il caso del pignoramento arrivato in Provincia per un appalto di vent'anni fa. Riporta al centro la questione della scelta di non decidere. E rinviare tutto alla Magistratura. Al punto che nel Decreto Semplificazioni è prevista una soluzione. Ma occorre coraggio

Anno 2003: Saddam Hussein era ancora sul trono del Pavone a Bagdad e nel mese di marzo George Bush jr iniziava la II Guerra del Golfo. In Italia c’erano ancora le Province: in quella di Roma a maggio Enrico Gasbarra de L’Ulivo batte alle elezioni Silvano Moffa candidato dal Popolo delle Libertà. La diciottenne siciliana Francesca Chillemi vince l’edizione 64 di Miss Italia presentata per la prima volta da Carlo Conti. La Juventus  spinta dal capocannoniere Bobo Vieri conquista il suo 27mo scudetto, il secondo consecutivo. Nel palazzo della Provincia di Frosinone governa il presidente Francesco Scalia, la società Tre Esse di Supino si aggiudica l’appalto per la gestione della Cosap cioè tassa dei passi carrabili e l’occupazione di suolo pubblico.

Saddam ha perso la madre di tutte le guerre ed ha finito la sua parabola umana su un patibolo, le Province in Italia non ci sono più e nemmeno l’Ulivo ed il PdL. Nel frattempo Francesco Scalia è diventato Assessore e poi Consigliere regionale del Lazio, poi senatore della Repubblica e segretario della Commissione Industria: si è ritirato dalla politica ed ora fa l’avvocato ed il professore universitario. Sono passati più di 17 anni e la Tre Esse non ha ancora visto i soldi della parcella.

Le cartelle, il video, il pignoramento

Il Palazo della Provincia

La notizia è su Il Messaggero dell’altro giorno: la Provincia di Frosinone ha ricevuto un atto di pignoramento per 2 milioni d’euro: li reclama la Tre Esse di Supino. Non è più stata pagata perché dopo quattro anni di lavoro, aveva censito circa 37mila passi carrabili e 14mila cartelloni pubblicitari. Perché la Provincia non pagò? Più di qualche contribuente impugnò le cartelle e citò la Provincia: come prove vennero invocate alcune decine di videocassette fatte realizzare dall’Ente a metà degli anni Novanta. Contenevano le inquadrature di tutte le strade Provinciali, con la progressiva chilometrica e l’ingrandimento di tutti i passi.

Facilissimo dimostrare chi lo aveva e chi no, chi dovesse pagare e chi no. Alcune cartelle vennero annullate d’autorità. La Provincia contestò presunte inadempienze alla Tre Esse e non volle riconoscere alla società quanto previsto dall’appalto. 

Dieci anni fa, tre anni dopo la conclusione dei lavori, il caso era stato messo in mano ad un arbitro. Che nel 2010 ha dato ragione alla Tre Esse ingiungendo alla Provincia di pagare il lavoro svolto, più gli interessi e la rivalutazione. Totale: circa 4 milioni.

La patata bollente nel frattempo passa dalle mani di Francesco Scalia a quelle di Filippo Materiale. Che la consegna ad Antonello iannarilli, il quale la gira a Peppe Patrizi. Che consegna la pratica ad Antonio Pompeo. Il Lodo è stato impugnato dalla provincia: fino ad oggi tutti i magistrati che si sono occupati del caso hanno dato ragione alla società. (Leggi qui Passi carrabili, stangata milionaria sulla Provincia).

Ora il fascicolo è arrivato alla suprema Corte di Cassazione: la sentenza è attesa entro qualche anno.

Tre Esse, siamo ancora vivi

Passo Carrabile

Se il contenzioso avesse riguardato un meccanico, un fornaio, una piccola impresa, sarebbe già finito: con l’attività saltata in aria, fallita per non avere incassato quei soldi. Tre Esse invece è una realtà con 110 dipendenti, opera in 150 Comuni, gestisce 300 servizi: non va in sofferenza per 4 milioni.

In sofferenza c’è andata la Provincia: rinnegando il lavoro svolto dalla Tre Esse (con motivazioni ritenute infondate dai giudici) ha rinunciato ad eseguire l’appalto e quindi ad incassare gli introiti del canone di occupazione del suolo pubblico. Si stima che in tutto siano venuti a saltare circa 40 milioni di euro.

Problema nazionale

Corte dei Conti

Non è un problema di Frosinone, non è un problema dell’Ente Provincia. È una situazione comune a quasi tutto il territorio nazionale. Molto risale alla Riforma Bassanini: è quella che ha diviso in maniera netta le competenze e le responsabilità, la Politica decide che si deve fare un appalto per gestire la tassa sui Passi Carrabili mentre i dirigenti decidono e sono responsabili della parte pratica.

Chiaro il problema? C’è il terrore della firma, in buona parte della Pubblica Amministrazione Italiana. Perché il modo più efficace per terrorizzare un dirigente è quello di presentare una denuncia ed impugnare tutto. Il funzionario ne risponde economicamente, di tasca sua, con tutti i risparmi di una vita, rischia la casa dove abita con la moglie ed i figli.

Quindi, la tendenza è quella a giocare d’anticipo: manda lui le carte ai magistrati. E si resiste sempre, fino all’ultimo grado di giudizio. Fino in Cassazione. Fino a quando non è un giudice ad imporre che si debba pagare.

Anche se sei un dirigente preparato e sai che facendo subito l’accordo fai risparmiare soldi a tutti, compreso il tuo ente.

Sta pure nel Decreto

Il presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte

Il Governo se n’è reso conto. Al punto che nel Decreto Semplificazione messo a punto durante il lockdown ha previsto nella sostanza che “la responsabilità dei Dirigenti è limitata ai casi di Dolo”. Cioè, ne rispondono di tasca loro solo se hanno brigato, se si sono messi d’accordo con qualcuno per agevolare o rallentare. Non ne rispondono, per decreto, in caso di colpa, anche se grave. Cioè se si sono sbagliati.

Un decreto non può cambiare una legge. Per questo il testo della norma lo prevede per un periodo limitato: fino al 31 dicembre 2021. E si spiega che è necessario per rilanciare il Paese.

Proprio per impedire che possano esserci casi che vanno avanti dai tempi in cui Saddam era sul trono del Pavone.

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