Il confine di Simeone tra il Covid e Zingaretti

La Commissione Sanità è stata in questi due anni il punto di incontro tra le diverse sensibilità politiche in Regione Lazio. Perché non c'era una maggioranza. E c'era il Commissariamento. La sfida della pandemia. E quella del nuovo modello Zingaretti. Che per Simeone è stato ottimo contro il coronavirus ma solo sulla carta

Sul suo nome ci fu la seconda spaccatura all’interno del Gruppo di Forza Italia in Regione Lazio; la prima era stata già alla seduta inaugurale dello Zingaretti bis quando si affrontarono per la vice presidenza d’aula Adriano Palozzi e Antonello Aurigemma. Nei giorni successivi si sviluppò un confronto ancora più sanguinoso: per la presidenza della strategica commissione Sanità. Contesa tra l’anima del Partito che la voleva per Pino Cangemi e quella che invece aveva puntato i piedi per Giuseppe Simeone. Vinse il senatore Claudio Fazzone, coordinatore regionale del Partito: la Commissione andò al suo consigliere di Formia.

Non fu una scelta di forza, ma di buon senso politico, quella fatta dal senatore Fazzone. Perché la Commissione Sanità significa gli ospedali, vuol dire le cliniche, mette il naso negli accreditamenti degli ambulatori. In un periodo nel quale non c’era ancora un assessore ed il settore era sotto commissariamento dal Governo, quell’ufficio ha svolto il ruolo di camera di compensazione tra maggioranza ed opposizione. Ruolo reso ancora più complesso dal fatto che nel 2018 Nicola Zingaretti venne eletto senzza avere una maggioranza alle sue spalle.

L’onestà intellettuale di Simeone

Un medico in tenuta anti Covid in ospedale

Nessuno in quei giorni immaginava che due anni dopo quelle votazioni l’Italia ed il mondo avrebbero fatto la conoscenza con termini come lockdown e pandemia. Il Lazio ha affrontato sia la prima che la seconda ondata con decisione: i numeri dicono se l’abbia fatto anche con efficienza.

«Prima erano previsti più di 3000 posti letto elevati a più di 5000 con l’aggiornamento. A questi posti letto si aggiungono un bel numero, 500 elevabili a 600 posti per le terapie intensive. Questo ci lascia sufficientemente tranquilli». Parole del presidente Pino Simeone di Forza Italia, rivolte al governo regionale di Nicola Zingaretti del Partito Democratico.

Il tutto contenuto in un intervento denso di considerazioni positive verso quei risultati. Legittimo, dopo lettura delle agenzie, domandarsi se dietro a quel ‘folgoramento sulla via della Pisana‘ ci fosse anche il nuovo clima di dialogo tra Pd e Forza Italia che proprio in quei giorni stava prendendo forma. (Leggi qui Forza Italia con Zingaretti: “Contro il Covid si è mosso molto bene”).

La risposta arriva adesso: «Ho l’ardire, e i fatti mi smentiscano, di potermi definire persona che sempre ha riconosciuto quando si ben opera o quando non si fa nulla o le strategie sono fallaci nel solo interesse dei cittadini e delle comunità che ho l’onore di rappresentare».

Ma non sto con Nicola

Nicola Zingaretti. Foto Carlo Lannutti / Imagoeconomica

Proprio quella funzione di equilibrio e di compensazione svolta dalla Commissione Bilancio ha fatto si che diventasse una sorta di area extraterritoriale. Cioè nella quale la politica venisse messa in secondo piano.

Spiega ora il presidente Simeone: «Il tutto senza mai guardare il colore delle bandiere simpatie politiche perché sono convinto che, soprattutto ma non solo quando si parla di salute e sanità, non esistano barriere ma solo risposte da dare ai cittadini»

La domanda delle cento pistole: la bussola si sta spostando verso Zingaretti? Spiega il presidente Simeone: «Ho dato atto nel mio intervento a Zingaretti di aver messo nero su bianco una organizzazione, in termini di posti letto, strutture, misure restrittive efficienti. Peccato che non ci sia stata la capacità di trasformare le parole in azioni concrete, di compiere quel salto da teoria a prassi che se fosse stato fatto oggi non vedrebbe i nostri ospedali in costante sofferenza, il personale sanitario sotto pressione e le terapie intensive al limite»

Il fallimento di un modello

Renata Polverini

La Sanità disegnata dal centrodestra guidato da Renata Polverini fu obbligata a passare attraverso una razionalizzazione della rete degli ospedali. Discutibile come poi è avvenuta: decimando la provincia di Frosinone che perse gli ospedali di Pontecorvo, Atina, Ceprano, Ceccano, Ferentino, Anagni, Arpino. Scese sotto i livelli minimi e per nascondere il tutto gli si fece fare media con Roma, dove i posti letto erano in eccesso e così non si dovette tagliare nella Capitale.

Invece la Sanità di Zingaretti passa per un modello che non si basa più sull’ospedale ma gli affianca la medicina di territorio. Ambulatori, analisi e visite fuori dall’ospedale: al Pronto Soccorso ci si va solo per urgenza ed emergenza, ci si ricovera solo per casi che lo richiedano. Il resto si fa negli ambulatori e nelle Case della Salute.

Per Giuseppe Simeone «La strategia del presidente Zingaretti si è rivelata fallace. Non è riuscita a potenziare l’assistenza territoriale, a mettere in rete le strutture esistenti. Non è riuscita a consentire ai medici di base di integrarsi a pieno in un percorso che avrebbe e dovrebbe drenare gli accessi di pazienti Covid negli ospedali»

La critica tocca anche altri punti. «A Zingaretti contesto ogni giorno da inizio pandemia e dal 2013 ad oggi di non essere riuscito a tagliare le liste di attesa. La loro drammatica lunghezza si sta rivelando fatale per tanti, troppi, cittadini. A loro è negato il diritto alla cura per patologie gravi come quelle cardiache, oncologiche, neurologiche o endocrinologiche»

Onesto intellettualmente, ma non folgorato.

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