Il Papa chiama Spreafico e Pompili al sinodo che può rivoluzionare la Chiesa

Foto © Stefano Carofei, Imagoeconomica

Il sinodo Panamazzonico che può rivoluzionare la Chiesa Cattolica. Tra i padri sinodali Papa Francesco ha chiamato i vescovi Ambrogio Spreafico e Domenico Pompili. Una scelta ponderata e per nulla casuale

Ascanio Anicio

Esperto di tutti i mondi che stanno a Destra

Due nomi da tenere d’occhio nel Sinodo panamazzonico. Sono quelli di due dei padri sinodali convocati da Papa Francesco a partecipare all’assemblea di ottobre che può cambiare, e di parecchio, il corso della storia contemporanea. I temi che i padri sinodali discuteranno possono fare da diga alla storia ecclesiastica o liberare per sempre maree di riformismo dottrinale.

Attenti a quei due

Il presidente della Commissione CEI per il Dialogo, mons. Ambrogio Spreafico

Il Papa della Chiesa cattolica, tra tanti ha scelto di coinvolgere nel Sinodo monsignor Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione per il Dialogo presso la Conferenza Episcopale Italiana, vescovo della diocesi di Frosinone, insigne biblista, voce ascoltatissima in materia di Ambiente e di apertura verso i nuovi mondi. È l’uomo che ha costruito molti dei ponti sui quali è transitato in epoca recente il dialogo con l’Islam moderato.

L’altro nome sul quale tenere alta l’attenzione è quello di monsignor Domenico Pompili, ora come ora incaricato a Rieti, quale vescovo, ma già parroco della cattedreale di San Paolo ad Alatri ed acutino di nascita. Presidente della Commissione Cultura e Comunicazione Sociale della Conferenza Episcopale Italiana: tradotto dal linguaggio curiale è un po’ il ministro della Comunicazione Sociale nel Governo dei vescovi italiani. Tenuto in alta considerazione dal Pontefice, sa come veicolare ogni messaggio.

I laici per dire Messa

Il presidente della commissione CEI per la Comunicazione Sociale mons. Domenico Pompili

Non sono nomi tirati a casaccio: il Papa ha fatto delle valutazioni per nulla circostanziali. E proveremo ad analizzarle tutte. Intanto, però, è meglio capire di cosa si occuperà l’Ecclesia dal 6 al 27 ottobre. Perché tanto durerà il Sinodo che deve comprendere quali cammini pastorali possano attecchire su quella zona di mondo, la foresta amazzonica. Che non vuol dire genericamente solo “Brasile”, ma tutte le nazioni toccate dal più grande organo di respirazione ambientale dell’intero globo terrestre.

C’è un punto che è più dibattuto degli altri: il fatto che in quella striscia terrestre, striscia manco tanto, la Chiesa cattolica possa consentire ai laici di officiare i sacramenti. Per un motivo tanto banale quanto valido: i cattolici sono tanti, tantissimi, ma il territorio è troppo vasto e il clero non riesce a coprire le esigenze di tutti i fedeli amazzonici. E allora la gestione laicale può rappresentare un buon viatico per ovviare a un problema altrimenti irrisolvibile.

La novità spaventa i tradizionalisti, quelli più marcatamente legati a far sì che le cose rimangano come sono sempre state. E come la fede – dicono loro – vorrebbe che fossero. E la fede è Dio, quello che Dio ha lasciato agli uomini.

La paura della contaminazione

C’è poco da scherzare. Non è tanto l’Amazzonia a destare perplessità, ma questo ragionamento: e se dall’Amazzonia partisse un moto in grado di “contaminare” gli altri episcopati?

La Messa di apertura dello scorso Sinodo © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Perché i “viri probati“, così si chiamano quei laici di “chiara fede” che magari hanno pure una moglie o ce l’hanno avuta.  A loro, se i padri sinodali decideranno in tal senso, potrebbe essere assegnato il compito di dire messa quando il prete non può o, più semplicemente, non c’è. I tedeschi che hanno convocato un concilio interno vogliono più o meno la medesima riforma. E allora gli oltranzisti protestano. A mezzo scritto di sicuro. Magari anche con qualche azione plateale. Vedremo cosa accadrà.

La marcia di avvicinamento è già iniziata. Il clima è animato. Poi c’è tutto il bailamme sul presupposto, perché si trova solo nell’Instrumentum Laboris, quindi nel canovaccio testuale, ma non nelle disposizioni finali, che l’ecologia venga integrata dal Catechismo. Lo abbiamo semplificato. Però il fulcro della novazione è questo: il Papa ha deciso che il trittico “terra, casa, lavoro” non basta più. O meglio: considerate le condizioni ambientali del pianeta, pessime per chiunque abbia un minimo di sale in zucca, bisogna fare dell’ecologia, integrale pure, un terreno comune.

E pure questo, come abbiamo segnalato (leggi qui Se lo scisma nella Chiesa sta per arrivare… ma da sinistra) non viene digerito dalla destra ecclesiastica.

Un ruolo per le donne

Infine, c’è un gran chiacchiericcio sul fatto che Papa e vescovi possano, per qualcuno “finalmente”, per esempio per i teutonici del cardinale Reinhard Marx, che pure questo vorrebbero adottare, creare una forma di diaconato in grado di far sì che le donne possano svolgere funzioni sempre meno residuali nel mondo ecclesiastico. Niente più capesse delle biblioteche, insomma, ma qualcosa di più serio. Clericalmente parlando. Inutile aggiungere cosa ne pensino i tradizionalisti.

Sua Santità Papa Francesco

Questa è, in estrema sintesi, la traccia del Sinodo panamazzonico. La straordinarietà sta anche nell’eventuale natura universale di un Sinodo che, però, è stato annunciato come particolare. La Chiesa cattolica, quindi, modificherà qualcosa di sé stessa, ma solo per una porzione geografica. Occhio: il Brasile, stando alle statistiche, è la nazione più popolata da cattolici al mondo. E pure gli altri Stati amazzonici non scherzano mica. Paesi in via di sviluppo cattolico.

Avremo a stretto giro “viri probati” europei? Non c’è nessuno che conosce la risposta. Per ora possiamo dire di no. Perché, appunto, i primi, se saranno, saranno amazzonici. E le diaconesse? Quelle, forse, non debutteranno nemmeno in Amazzonia. Si tratta della riforma più complessa tra quelle realizzabili, perché delicatissima. Nella quale le parole di Ambrogio Spreafico e di Domenico Pompili avranno un peso dottrinale. Non secondario.