«Quanto è facile aiutare gli altri a portare un pezzo della loro croce» (di A. Spreafico)

Il vescovo Ambrogio Spreafico: Noi, spettatori lontani delle sofferenze degli altri. Ci scandalizziamo e dimentichiamo subito. Se alleggeriamo il peso della loro croce diventa subito più leggere pure la nostra. Perché...

Ambrogio Spreafico

Vescovo di Frosinone - Veroli - Ferentino

Abbiamo ascoltato da poco il racconto della Passione di Gesù dal Vangelo di Marco, che inizia e termina con il gesto di due persone, una donna e un uomo, non due discepoli, due sconosciuti, che si prendono cura del corpo di Gesù. A Betania una donna entra nella casa di un certo Simone, il lebbroso, probabilmente un guarito da Gesù, e versa un vaso di olio prezioso sul capo di Gesù. Un gesto del tutto gratuito, com’è gratuito l’amore di Gesù per noi.

Ma alcuni s’indignano con quella donna che aveva sprecato quel profumo così prezioso. Che esagerazione! Un gesto gratuito crea sempre sorpresa, sembra esagerato. Anche la conclusione del racconto della Passione termina con un gesto di gratuità. Un certo Giuseppe di Arimatea, pur non essendo parente di Gesù, si prende cura del suo corpo per la sepoltura.

Cari amici, noi abbiamo seguito Gesù per imparare la gratuità in un mondo mercato dove tutto si calcola e si regola, in genere a proprio vantaggio. Sì, l’amore vero è sempre esagerato, perché gratuito.

In mezzo a questi due gesti così commoventi si trova tanta violenza e un mondo senza pietà: un uomo giusto e buono viene arrestato, giudicato, condannato, picchiato, insultato e infine messo a morte. Non aveva fatto nulla di male, ma il suo amore era stato esagerato e aveva scosso i cuori dall’indifferenza e dal calcolo, aveva messo in discussione le regole e persino le leggi.

Per questo solo alcune donne che lo avevano seguito in Galilea e molte altre erano rimaste con lui, ma il Vangelo dice che “osservavano da lontano”.

Sì, anche i vicini osservano da lontano. Anche noi cristiani a volte osserviamo da lontano, con paura e indifferenza, chi soffre, nonostante la croce sia sempre davanti a noi o magari appesa al nostro collo.

Quanta distanza, cari amici, da quell’uomo sofferente anche nel nostro mondo! Quanta distanza nella violenza quotidiana di gesti e parole, nella mancanza di pietà verso chi soffre, nell’indifferenza. Molte volte guardiamo da lontano, ci teniamo lontano dai poveri e dai sofferenti. La violenza della guerra, quella della nostra società (a Vallecorsa un uomo, Armando, è stato ucciso, fatto a pezzi e gettato in un dirupo; ad Alatri un anno fa il giovane Emanuele è stato massacrato di botte), ci scandalizza, ma subito si dimentica come se fosse una cosa solo di altri.

Nel cammino della croce ci viene donata ogni volta la possibilità di avvicinarci, di mostrare pietà, di accompagnare, di piangere per lui, dimettendo l’abituale distanza da chi soffre, o lo scandalo passeggero di chi sa solo giudicare e poi dimentica. E’ una grande proposta di umanità, che nasce dal Vangelo della compassione, della vicinanza, la stessa del Buon Samaritano che non solo vide, ma si fermò e si prese cura di quell’uomo mezzo morto. Certo, si potrebbe dire: che possiamo fare noi per chi soffre per la guerra, per la violenza, la povertà, le malattie? Talvolta ci pervade un senso d’impossibilità accompagnato dalla paura.

Eppure siamo qui, abbiamo scelto di camminare con Gesù, quell’uomo abbandonato. Forse i nostri sentimenti sono incerti, i nostri cuori impauriti.

Tuttavia oggi il Vangelo ti invita: prova a essere come Simone il cireneo, che fu costretto a portare la croce, ma non si sottrasse. Quanti avrebbero bisogno di cirenei, di donne e uomini che portano la croce degli altri. E quante sono le croci nel mondo! Sii anche tu un cireneo e sarai felice, perché nella solidarietà con chi soffre viene alleggerito anche il peso della tua croce. Ognuno di noi nella sua vita cristiana ha certamente esperimentato questa gioia, quando si è addossato il dolore e la fatica di qualcun altro, quando ne ha condiviso le difficoltà e il bisogno.

Allora con umiltà e fedeltà, cari amici, seguiamo Gesù in questi giorni così particolari per i cristiani. Non manchiamo di unirci alle nostre comunità per accompagnare con quelle donne Gesù sofferente perché, prendendoci cura di lui, possiamo imparare la gioia della compassione e della condivisione del dolore degli altri.

Così nella Pasqua capiremo la forza di vita della resurrezione e potremo essere Buoni Samaritani per chi ha bisogno di essere sollevato dalla sofferenza della croce e sapremo rispondere anche alla violenza del mondo, divenendo uomini e donne di pace.

L’ulivo che ci è stato dato vuole essere questo segno dentro la storia di violenza che abbiamo ascoltato, perché ognuno stando con Gesù diventi come lui, mite e umile di cuore, donna e uomo di pace.

Comunichiamo con simpatia questo messaggio a quelli che incontriamo perché lo possano condividere con noi.

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