Spreafico il vescovo giusto per dialogare con tutte le religioni

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L’analisi dei vaticanologi è precisa: non si è trattato di una votazione ‘politica’ e nemmeno di un’operazione concepita all’interno di uno scacchiere. Sono sicuri che è stata piuttosto un’elezione spinta dalla sincera stima personale dei vescovi italiani e per questo sia ancora più significativo che la scelta sia ricaduta su monsignor Ambrogio Spreafico.

Il vescovo di Frosinone è il nuovo presidente della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso. E’ un organo al quale Papa Francesco tiene molto e guarda con tanta attenzione: si tratta della struttura con la quale la Chiesa Italiana punta a consolidare le relazioni con le chiese e le comunità cristiane; è il luogo di incontro e confronto tra culture e religioni diverse presenti nel nostro paese.

Ad eleggere monsignor Spreafico è stata l’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, durante i lavori della 69ma assemblea generale. Ma non c’è stata alcuna cordata per arrivare a quell’elezione, nonostante si tratti di una posizione politicamente di rilievo. I vaticanologi dicono che l’elezione è avvenuta in maniera del tutto estranea alle geometrie politiche vaticane, escludono che si siano create strategie tra vescovi del Nord o del Sud, tra progressisti e conservatori.

Il segnale sul quale pongono l’attenzione è che i voti sono arrivati in maniera trasversale. E c’è chi è pronto a scommettere che all’elezione non sia per nulla estranea la presidenza della Cei. Con questa elezione monsignor Spreafico rientra nel Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana di cui è già stato membro dal 2010 al 2015.

«Ma si è trattato di un’operazione fondata sulla stima personale per l’uomo, il vescovo, lo studioso – spiegano – perché don Ambrogio Spreafico non è collocabile politicamente in quanto è un grande Conservatore e allo stesso tempo un grande Progressista».

Uomo di profonda esperienza nel campo del dialogo interreligioso, il vescovo di Frosinone da anni è tra i protagonisti silenziosi del dibattito alimentato dalla Comunità di Sant’Egidio (la diplomazia occulta della Chiesa). Professore di Antico Testamento e Lingua Ebraica all’università Urbaniana di Roma, al Pontificio Istituto Biblico ed alla facoltà Teologica Valdese, è uno dei massimi conoscitori dell’ebraismo: il suo nome è noto a chiunque abbia preso i voti o studiato in seminario in qualsiasi angolo del pianeta in quanto ha scritto lui la grammatica dell’ebraismo antico sulla quale hanno studiato e studiano ancora tutti i seminaristi del mondo.

Conosce ed ha relazioni di amicizia e stima personale con molti capi e leaders delle chiese cristiane come pure nel mondo ebraico.

Soprattutto non è né di destra né di sinistra, è conservatore e progressista allo stesso tempo. Il ritratto ideale per un incarico chiave.