«Non abbiate paura di seguire i sogni: così ho creato Vesta e sono diventata imprenditrice»

Nell’antica Roma, Vesta era la dea del focolare domestico. Figlia di Saturno, sorella di Giove, Nettuno, Plutone, Cerere e Giunone. Veniva venerata in ogni casa. Nel tempio cittadino, il suo culto consisteva nel mantenere sempre acceso il fuoco sacro. Solo ad un ingegnere con studi classici alle spalle poteva venire in mente di chiamare Vesta la sua azienda.

L’ingegnere è Alessia Mentella di Cassino. E l’azienda è una startup nata di recente con l’ambizione di rivoluzionare il mercato delle stufe e termostufe a pellet. In che modo? Affiancando alla tradizione le più recenti scoperte in materia di ambiente, sposandole al design ed all’artigianalità tipiche del Made in Italy. Affidando la realizzazione di quei prodotti alla manualità esperta del Made in Ciociaria.

 

Basi classiche e formazione scientifica: un background un po’ insolito, non crede?

Io direi: 37 anni di appassionata curiosità, ingegnere, con studi classici alle spalle: un mix di ratio e pathos che mi pongono costantemente a metà tra i concetti di apollineo e dionisiaco.

 

Sembra quasi progettata a tavolino

Invece sono curiosa ed aperta per indole. ma anche stimolata ed abituata, fin da ragazzina, a guardare oltre la linea segnata dell’orizzonte. Ad essere autonoma e ad accogliere le novità come opportunità.

 

Si può fare impresa in Ciociaria?

Parlano i fatti: vivo a Cassino, città in cui sono nata, in cui ho studiato ed in cui, per scelta, sono tornata a fare impresa.

 

Chi è Vesta?

Vesta è il risultato di curiosità e passione. Di bellezza estetica e di tecnologia. E’ la ‘figlia’ di Progemec, la prima impresa: dal nostro lavoro di ricerca e di innovazione è venuto fuori qualcosa che ritenevamo potesse cambiare il settore delle caldaie. Ci abbiamo creduto ed abbiamo realizzato quello che in termine tecnico si chiama ‘spin off’: un prodotto o sviluppo vantaggioso che deriva dal nostro lavoro di ricerca. Adesso Vesta è una startup innovativa che è stata la le 15 selezionate per il concorso Unirete di Unindustria ed è stata per questo ospite al Palazzo dei Congressi di Roma per presentare all’assemblea degli industriali la propria realtà aziendale ed i propri progetti presenti e futuri.

 

Invece chi è Laelia?

“Laelia Aqua” è stata la prima proposta con la quale ci siamo presentati al mercato. Termostufa con rivestimento in lamiera verniciata, alimentata a pellet, caratterizzata da elementi fortemente innovativi: sono soluzioni che abbiamo messo a punto noi, inventato noi, immediatamente protetto attraverso il deposito di due domande di brevetto. Questa non è solo terra di produzione: sappiamo anche inventare e innovare.

 

Quali sono state le difficoltà più grandi?

Nella vita, come nella carriera imprenditoriale, le difficoltà possono celarsi ovunque. E la scelta stessa di fare impresa, ti espone costantemente e quotidianamente al rischio di incontrarne. Credo che il segreto per superarle sia nella definizione della strategia e nella perseveranza. Solo in questo modo le difficoltà possono essere trasformate in esperienze. Le difficoltà del momento sono quasi sempre superabili con il giusto approccio; le più ardue, al contrario, sono quelle che si annidano nel pregiudizio e si nutrono di esso.

 

Pregiudizio per l’imprenditore donna e per l’ingegnere donna?

Se è vero che il ruolo della donna ingegnere è ampiamente accettato, a volte, nel settore in cui opero, quello della meccanica, in cui i ruoli apicali e di responsabilità tecnica sono a prevalenza maschile, mi è capitato di dovermi sforzare di assumere un approccio meno soft, per ricevere un trattamento adeguato alla circostanza. Non una grande difficoltà, ma senza dubbio una seccatura che la dice lunga su alcuni stereotipi del nostro popolo.

 

Dice: ‘Trasformare le difficoltà in esperienze’. Potendo tornare indietro farebbe qualcosa in modo differente?

Sono abituata a guardare avanti. Per necessità e forma mentis ho la tendenza a considerare gli errori e le difficoltà come esperienze. Per questo, faccio fatica a pensare a qualcosa che avrei potuto fare diversamente. Ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno fatto crescere professionalmente ed umanamente, che posso definire come veri e propri mentori. Persone che mi hanno offerto opportunità importanti e che hanno avuto fiducia in me. Sono stata fortunata e non me la sento di dire che qualcosa sia andato storto o sarebbe potuto andare meglio. Sono anche un’ottimista e questo mi spinge a pensare che ci sia ancora tempo per poter fare le cose in una maniera diversa.

 

Come si trasforma un’idea in Vesta?

Una domanda simile mi è stata rivolta in più occasioni ed alla fine ho coniato un termine del tutto personale per rappresentare l’attitudine che mi ha consentito di raggiungere i risultati migliori. Io la chiamo Papers (dall’inglese, carte), un asset fatto di Passione (per il mio lavoro), Apertura (alle opportunità), Perseveranza (nella persecuzione degli obiettivi), Esattezza (nella definizione della visione e della strategia), Resilienza (per affrontare l’imprevisto con successo), Sensibilità (all’ascolto umile).

 

Sogno e razionalità, passione e affari: cosa deve spingerci?

Nella sensibilità comune, l’ingegnere è colui che risolve i problemi, che trova le soluzioni, che sperimenta approcci ed inventa metodi e strumenti. Ecco, questo è esattamente tutto ciò che mi motiva. Il privilegio di poter riflettere ogni giorno su qualcosa di nuovo e di diverso e dunque la possibilità di acquisire nuove conoscenze, insieme all’idea di poter essere di aiuto in un processo o anche solo in parte di esso, attraverso l’unica cosa che so fare e che mi piace fare, sono le leve principali della mia motivazione e della mia passione costante nel mio lavoro.

 

Cos’è il successo?

Beh, di sicuro ha poco a che fare con i riflettori. E sicuramente, in questo senso, essere un’imprenditrice di prima generazione, ha i suoi vantaggi: non ci sono numeri e performance dei predecessori, con cui doversi necessariamente confrontare, e tanto basta a sentirsi sollevati ed in un certo senso liberi di poter anche sbagliare, senza, per questo, sentirsi incapaci di succedere nel business e/o nell’attività. Tanto premesso, misuro il mio successo con il successo e la soddisfazione delle persone cui offro le mie soluzioni. Lo misuro con la fiducia che, di conseguenza, acquisiscono e ripongono nelle mie capacità. Questo mi fa sentire serena ed appagata, mi fa andare a letto, alla sera, con la certezza di aver fatto il meglio che potessi fare e con la consapevolezza di svegliarmi al mattino con l’entusiasmo di poter fare ancora meglio.

 

Come si batte la crisi?

Bella domanda. Di quale crisi parliamo? Crisi economica, finanziaria, morale, educativa, sociale? In ogni caso la risposta non è semplice e non saprei dare una ricetta. Il termine crisi, viene dal termine “Crino”, che in greco antico vuol dire dividere, separare. Credo, infatti, che a monte di ogni crisi ci sia sempre un sovra-interesse a trarre profitto ed a speculare sulle divisioni e che tale interesse sia anche molto lontano dalla dimensione di chi fa impresa e vive del proprio lavoro.

 

Per quanto la prima in famiglia, ora è un imprenditore: che ruolo deve avere la categoria nell’affrontare la crisi?

Come imprenditori, siamo chiamati ad affrontare una spaccatura che non abbiamo generato ed a cui non siamo stati affatto preparati. Tuttavia “Crino” significa anche scegliere e quindi decidere. E la scelta e la decisione sono caratteristiche proprie di un imprenditore. È dunque in questo senso che possiamo e dobbiamo fare la differenza. Einstein sosteneva che “la crisi può essere una grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la crisi porta progressi” e che è proprio nelle crisi che sorgono l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Sosteneva che “senza crisi non c’è merito ed è nella crisi che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze”.

 

Socrate diceva ‘So di non sapere’: cosa ha imparato finora Alessia Mentella?

La vita mi ha insegnato che essa è prima di tutto cambiamento e che il più adatto a sopravvivere è colui che meglio e prima si adatta al cambiamento. Io aggiungo che il cambiamento non solo va colto, ma in qualche caso anche anticipato e stimolato, con consapevolezza, passione ed umiltà, tanta umiltà.

 

Cosa si può consigliere ai giovani?

Se posso permettermi di approfittare di questo spazio, proverei a rivolgermi non solo ai giovani, ma a 3 diverse categorie. Ai giovani direi: siate curiosi e non abbiate timore di assecondare le vostre aspettative e di investire sul vostro futuro; siate aperti e se c’è qualcosa che non vi piace, che cambiereste, cominciate da ciò che vi è familiare, dalla vostra vita, e con essa date l’esempio. Non abbiate vergogna di chiedere supporto e consiglio né remore a mettervi in gioco.

 

L’altra categoria?

Le donne. Alle donne, giovani e non, direi che nell’esercizio delle professioni e dei mestieri, così come a scuola o negli ambienti accademici, le idee non hanno genere e non può esserci, pertanto, disparità di trattamento. Una buona idea è una buona idea, così come capacità ed attituduni oggettive non posso essere oggetto di discussione; proviamo allora a sentirci più sicure nel nostro ruolo sociale e professionale, imparando a confrontarci serenamente ed a tutti i livelli, abbandonando l’idea delle cosiddette quote rosa.

 

La terza?

Le Istituzioni, scolastiche ed amministrative. A loro direi: sappiate creare terreno fertile perché possano essere seminate eccellenze, vere, ed impianti di irrigazione adeguati affinché le stesse possano crescere e prosperare. Sappiate creare sinergie e mettere in campo azioni sistematiche e coerenti per valorizzare il meglio del nostro territorio.