Stellantis, Tavares: “Grecale in ritardo per essere perfetto”

L'incontro del Ceo Stellantis con i sindacati. Non ci saranno chiusure di stabilimenti. Grecale in ritardo ma solo per renderlo perfetto. Nel 2030 in vendita solo modelli elettrici con 75 modelli in catalogo

Alberto Simone

Il quarto potere logora chi lo ha dato per morto

I ritardi su Grecale? Per renderlo perfetto e superiore alle qualità delle vetture tedesche”: parola di Carlos Tavares il supermanager che guida il colosso Stellantis. Lo ha detto questa mattina durante l’incontro cone le segreterie nazionali dei sindacati per fare il punto sugli stabilimenti italiani.

Una parola per tutti

Carlos Tavares (Foto: Canio Romaniello / Imagoeconomica)

La parola d’ordine è qualità. Totale. Massima. La sfida alla concorrenza parte da lì. Già dai due nuovi modelli in griglia di partenza. Cassino Plant nelle prossime settimane inizierà a produrre il nuovo suv della Maserati, Pomigliano d’Arco sta già realizzando il Tonale. “Sono auto perfette dal punto di vista della qualità, i ritardi nei lanci sono da attribuire alla necessità di renderle perfette. Superiori alle qualità delle vetture tedesche”.

L’altra parola d’ordine è conversione: non si chiudono gli stabilimenti ma ora alcuni sono di troppo e allora verranno convertiti nella loro mission. Non faranno auto ma saranno complementari, come nel caso di Termoli che si trasfomerà nella Gigafactory del gruppo.

Un concetto che ha tranquillizzato i sindacati: per loro il mantenumento dei posti è la prima necessità. Il Segretario generale Fim Cisl Roberto Benaglia ed il Segretario nazionale Fim Cisl Ferdinando Uliano mettono in evidenza che è “importante l’impegno a non chiudere e trasformare, ora occorre centrare gli obiettivi e continuare il confronto sindacale”.

Non dipende solo da noi

Tavares nel suo intervento ha spiegato che la maggior parte dei rischi per il comparto Automotive è più di natura esterna che interna: pandemia, guerra, carenza di materie prime e semiconduttori. Tanto per fare un esempio: c’è uno dei principali player mondiali che ha dovuto interrompere la vendita della sua vettura media totalmente elettrica nonostante gli ordini andasssero benissimo; non ha le auto da consegnare ai clienti, i cablaggi venivano dagli stabilimenti in Ucraina.

Tutti i fattori di rischio da ora dovranno essere affrontati in maniera più agile per essere competitivi.

Gli stabilimenti

Una fase dell’incontro

Per quanto riguarda invece il dettaglio sui siti italiani, nel 2021 il Gruppo ha deciso di investire e trasformare lo stabilimento di Termoli nella Gigafactory dove nasceranno le batterie; lo stabilimento aveva perso la sua mission, lì venivano fabbricati i motori che tra poco non serviranno più perché le auto elettriche hanno una propulsione del tutto diversa.

È stata una scelta dettata da una certezza: in Stellantis “ci stiamo preparando alla trasformazione” richiesta dall’elettrificazione del mercato “per essere pronti nel 2030 a vendere il 100% di veicoli elettrici con 75 modelli. Tutti i nostri stabilimenti europei, compresi quelli italiani, produrranno vetture elettriche“.

Su Mirafioriabbiamo diverse idee in fase di valutazione, stiamo cercando progetti che possano essere attuati. Ci saranno annunci sulla produzione e nuovi business, come per esempio sull’economia circolare” ha detto il ceo di Stellantis.

Stop in Russia

Carlos Tavares (Foto: Canio Romaniello / Imagoeconomica)

L’Ad ha poi detto che Maserati Grecale e Alfa Romeo Tonale sono auto altamente concorrenziali sul piano qualitativo “è su questa direzione che bisogna muoversi”.

L’azienda ha però messo in chiaro che lavorerà per internalizzare delle attività produttive: a Cassino sta avvenendo già da parecchio, per questo la Fim-Cisl sul punto ha chiesto specifici incontri per ogni singolo stabilimento.

L’Italia – ha garantito Tavares – è centrale nel piano Dare Foward 2030“. Sul fronte estero, a breve “lo stabilimento russo di Stellantis a Kaluga dovrà interrompere la sua attività perché mancano i componenti“. L’impianto era rimasto in funzione per il mercato russo ma con livelli produttivi estremamente ridotti.Auspico che la pace torni perché ne abbiamo bisogno e faremo tutto il possibile per sostenerla” ha aggiunto, ricordando come “la nostra azienda porta ricchezza” ai territori in cui opera.

Energia e tasse

Carlos Tavares

Rimuovere le barriere che ci sono intorno all’auto e garantire l’accessibilità economica. Sono le richieste ai governi avanzate dal ceo di Stellantis. “Quello che i governi dovrebbero fare è incoraggiare i cittadini alla mobilità e a godersi la vita che abbiamo in Europa“.

Un concetto che dopo poco Tavares ha ribadito e sottoliuneato: “Dovremmo rimuovere le barriere e gli ostacoli intorno all automobile e garantire di poterci muovere“. Ha aggiunto “dal governo abbiamo bisogno di visibilità e stabilità in ciò che succederà. Ad esempio normative e investimenti dal punto di vista della ricarica e meno barriere all’uso del automobile. Se riusciamo a fare queste cose noi ridurremo i costi, migliorano l’efficienza e faremo sì che queste auto siano facili da usare“.

C’è poi la questione dell’energia che in Italia costa tantissimo: non abbiamo centrali nucleari a differenza della Francia, abbiamo pochissimi termovalorizzatori a differenza del resto d’Europa, i rifiuti li interriamo invece di ricavarne gas naturale.

C’è un problema energetico in Europa e la strategia da sviluppare può avere conseguenze su Stellantis” ha detto Carlos Tavares. “Senza energia pulita a costi accessibili avere veicoli puliti non basterà. Bisogna lavorare in questa direzione”, ha aggiunto “sottolineando la necessità “di una strategia dell’Europa che combini rinnovabili, nucleare, gas e altre fonti”.

Cancelli chiusi a Cassino

Stellantis Cassino Plant, operai


Al termine del vertice, mentre i segretari nazionali dettavano le loro dichiarazioni alle agenzie, dallo stabilimento Cassino Plant è giunta la notizia che, sempre a causa di mancanza di materiale, i cancelli resteranno chiusi.

Sono oltre venti i giorni di stop nel primo trimestre dell’anno, pari cioè ai giorni in cui mediamente si lavora in un mese: sono quindi già andate in fumo il 33% delle ore lavorative.