Stirpe, le carezze con la frusta (di C. Trento)

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Le 'frustate' del vice presidente nazionale degli industriali. Manca una visione di sistema. Per questo si perdono molte occasioni. Governo e parlamentari locali? Encefalogramma piatto

Corrado Trento

Ciociaria Editoriale Oggi

Corrado TRENTO per QUI MAGAZINE

Sessantuno anni da compiere (è nato a Frosinone il 31 luglio 1958), Maurizio Stirpe è vicepresidente di Confindustria con delega al Lavoro e alle Relazioni Industriali. Ma è anche al vertice del consiglio di amministrazione della Prima Sole Components spa, un gruppo industriale che opera nel settore della progettazione e realizzazione di componenti in plastica per il comparto degli autoveicoli, motoveicoli e degli elettrodomestici. Con diversi stabilimenti sia in Italia che all’estero (Francia, Germania, Slovacchia, Brasile). Ma Maurizio Stirpe naturalmente è anche il numero uno del Frosinone Calcio, un autentico miracolo sportivo con le due promozioni in serie A.

La prima manovra del Governo di Movimento Cinque Stelle e Lega ha fatto e fa molto discutere, anche per l’impatto dell’ecotassa sul settore dell’automotive. Lo stabilimento Fca di Piedimonte San Germano ha un impatto notevole sull’economia di tutto il Lazio. Considerando anche l’indotto. E il faccia a faccia con Maurizio Stirpe non può non cominciare da qui.

Presidente stirpe, preoccupato per il futuro degli stabilimenti Fca in Italia e, in particolare, per quello del cassinate?

«Il discorso è necessariamente più ampio. Il settore dell’auto nei prossimi mesi risentirà negativamente di un clima di incertezza che deriva da vari fattori. Il primo è quello legato alle politiche commerciali degli Usa e della Cina. Poi la questione della Brexit, quindi il quadro normativo riguardante i motori diesel. Senza dimenticare la fine del “Quantitative easing”, in questi anni garantito dalla Bce guidata da Mario Draghi. Aggiungerei l’incertezza per quelli che saranno i risultati delle elezioni europee di maggio. Ecco, in questo scenario con poche rassicurazioni si inserisce il tema dell’ecotassa».

Una sorta di goccia che fa traboccare il vaso?

«Beh, il rischio vero è per la direzione globale che si intraprende con un provvedimento del genere. Si aggiungono ulteriori elementi di criticità. Insomma, per un provvedimento pensato per tutelare l’ambiente, si finisce con l’andare a penalizzare chi intende acquistare automobili meno inquinanti. Una contraddizione assurda, un paradosso inspiegabile. Incidendo sull’idea stessa di “bonus”.

La strategia dettata a suo tempo da Sergio Marchionne era chiara. La Fiat (la chiamo intenzionalmente così) avrebbe prodotto auto di piccola cilindrata in Polonia, Serbia e Turchia, mentre, con l’unica eccezione di Pomigliano, le auto di alta gamma e i veicoli commerciali sarebbero stati realizzati in Italia. E l’ecotassa dove si prevede? Proprio in Italia. Si tratta di una contraddizione tanto evidente quanto surreale.

Le parole dell’ad di Fca Mike Manley non sono un alibi, ma danno invece un ulteriore segnale negativo in un clima di incertezza. Perché è chiaro che l’azienda deve rivedere il piano di investimenti (parliamo di 5 miliardi di euro) alla luce dell’ecotassa. Anche perché a tutto questo dobbiamo aggiungere il rallentamento del settore dell’auto in Germania, che avrà ripercussioni pesantissime anche in Italia».

È uno snodo perfino “culturale”?

«Certamente. La domanda è centrale. Quando si parla di passare dal termico all’elettrico significa una sola cosa: “riconversione”. Un concetto che va applicato sia nel settore dell’automotive che nell’indotto. In ogni caso, per rispondere alla sua domanda, sì, l’ecotassa può rappresentare la goccia che fa traboccare il vaso. Perché potrebbe innescare una crisi di sistema. Lo scenario è preoccupante».

Come valuta complessivamente la manovra del Governo conte-Di Maiosalvini?

«Confindustria aveva chiesto di concentrare l’attenzione su tre punti: lavoro, crescita, riduzione del debito pubblico. Questa manovra, che pure in teoria contiene degli elementi espansivi (penso al reddito di cittadinanza), non ha un effetto moltiplicatore. Non sul lavoro, non sulla crescita, non sulla riduzione della disoccupazione. E, soprattutto, non coglierà alcun risultato sul versante della riduzione del debito pubblico».

Recentemente Juncker ha fatto una specie di (tardivo) mea culpa su alcuni guai provocati dall’austerity. Lei come “rilegge” quanto successo negli ultimi anni?

«Guardi, non siamo meravigliati né dal clima di paura che serpeggia né dalle spinte sovraniste evidenti. Non siamo meravigliati perché tutto quello che succede oggi è il risultato degli sbagli delle politiche europee del passato. Politiche germanocentriche e occhieggianti sempre e soltanto ai Paesi del Nord Europa.

La stessa Brexit è figlia di questi errori, commessi soprattutto dal 2002 al 2008. L’errore purtroppo decisivo (negativamente) è stato quello di affrontare la crisi di Paesi con un forte debito pubblico, come l’Italia, con politiche di solo ed esasperato rigore. La recessione deriva da quelle scelte. Le criticità purtroppo sono strutturali.

L’attuale Governo? Non è capace di correggere quelli che sono, appunto, i problemi strutturali. Ma è in ottima compagnia. E comunque non c’entra nulla con le scelte fatte in passato».

Secondo Bankitalia c’è una brusca frenata del prodotto interno lordo: siamo allo 0,6% rispetto ad un dato stimato dell’1%. La locuzione è “recessione tecnica”. Vuol dire che gli italiani non si fidano di questo Governo?

«Beh, personalmente penso che lo 0,6% sia anche troppo ottimistico. Confindustria non valuta i Governi, ma i provvedimenti adottati. Finora non ne abbiamo visto nessuno andare nella direzione da noi auspicata. Il punto è questo».

Reddito di cittadinanza, “quota 100”, ecotassa. A suo giudizio quali di questi provvedimenti impatterà di più sull’economia del paese? E come?

«La riforma di “quota 100” inciderà negativamente sugli equilibri già precari e da poco “riequilibrati” della materia delle pensioni. Mi riferisco alla legge Fornero. Temo che avrà effetti pesanti. Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, andranno controllati i meccanismi di erogazione. Dell’ecotassa ho già detto. Aggiungo che in Italia non ci sono vetture elettriche. Il conto di questa manovra economica lo pagheremo l’anno prossimo. Se non prima. Perché, delle due l’una: o si aumenta l’Iva o si riducono le spese. Oppure si aumentano ulteriormente le tasse».

E quando Draghi non sarà più Governatore della Bce?

«Per noi sarà una grave perdita. Con il “Quantitative easing” ha controbilanciato le politiche miopi adottate a vantaggio solo dei Paesi del Nord Europa».

Autostrada Roma-Latina: un’opera attesa da decenni. sembrava di essere arrivati ad un passo dall’inizio dei lavori. poi, incredibilmente, si è tornati al punto di partenza. Non crede che l’aver concesso, da parte degli industriali, un’apertura di credito illimitata a chi diceva che la politica non servisse più ha determinato tutto questo? Non pensa che in Italia manchi chi sappia assumersi delle responsabilità?

«Intanto la responsabilità di questo non è dell’economia. E Confindustria mai ha alimentato un simile clima. Anzi, noi riteniamo che la politica debba essere prevalente sull’economia.

Se oggi abbiamo problemi ad avviare 27 grandi opere pubbliche in grado di sviluppare 400.000 posti di lavoro, per un totale di 85 miliardi di investimenti, bisogna avere il coraggio di dire che la responsabilità è di un ceto dirigente che non riesce a creare le geometrie giuste. Si guarda troppo ai meccanismi di sorveglianza e di controllo e pochissimo alle dinamiche decisorie.

Detto in altri termini: le ragioni del non fare prevalgono su quelle del fare. E paghiamo gli effetti, tutti».

Per non parlare dei collegamenti (è un eufemismo) tra le province di Frosinone e Latina.

«Non so come altro ripeterlo: più tardiamo a creare un sistema del Basso Lazio, più condanniamo questi territori ad essere le “periferie” di Roma o di Napoli».

In questo quadro si inserisce il tema della camera di commercio unica del Basso Lazio, di Frosinone e Latina. però presidente, il processo sembra fermo.

«Non sembra, è fermo. Il progetto di una Camera di Commercio del Basso Lazio può stare solo in una visione di sistema. A patto che non ci sia un approccio ragionieristico. Bisogna avere una “mission” parametrata su obiettivi e aggregazioni. Un progetto del genere non può obbedire alla logica della riduzione dei costi, ma all’aggregazione vera dei territori e delle loro istanze».

A proposito di sistema del Basso Lazio. c’è l’eccellenza del chimicofarmaceutico. perché ce ne dimentichiamo?

«Un polo unico del chimico-farmaceutico delle province di Latina e Frosinone sarebbe un’eccellenza italiana ed europea. Potendo aggregare perfino l’Abruzzo. Ripeto: serve una visione di sistema».

Cosa si sente di dire ai tanti ragazzi delle province di Frosinone e Latina che vanno altrove per studiare o per lavorare?

«Nel nostro piccolo abbiamo pensato all’Istituto Tecnico Superiore, a Pontecorvo. Quindici imprese del territorio che si impegnano ad assumere questi ragazzi al termine degli studi. Il futuro non può che essere questo. Ma bisogna avere il coraggio di mettersi in gioco davvero. Il resto sono chiacchiere».

Da quanto tempo si parla invano di bonifica della Valle del sacco?

«Da troppo. Parliamo di una straordinaria opportunità di rilanciare il territorio. Però anche in questo caso le risorse sono ferme, non si riesce a procedere. Il pressing degli industriali è costante, non si è mai fermato. Torniamo allo stallo di cui parlavamo prima. D’altronde, di cosa ci meravigliamo? Vogliamo parlare del tema e dei tempi del rilascio delle autorizzazioni ambientali? Non si capisce che si rischia di gettare il bambino con l’acqua sporca. Prevale sempre la paura, a scapito del decisionismo».

Su questo tema, quello del sano decisionismo, come valuta l’operato del nuovo Governo e anche dei parlamentari locali di maggioranza?

«Su questo tema l’elettroencefalogramma del nuovo Governo è piatto. Non vedo alcun segno di protagonismo politico, né a livello nazionale né locale. Neppure a livello di interventi sulla stampa e sui mass media: nulla di nulla. Manca qualcuno che si assuma una responsabilità che è una. Soltanto alibi politici. Che però non reggono».

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