Stracci a 5 Stelle: il meet-up al suo consigliere «Devi dimetterti» (di F. Ducato)

Lo scontro tra base ed eletto nel Movimento 5 Stelle ad Anagni è la copia di quanto sta accadendo anche con molti altri Cittadini Portavoce. Un limite della democrazia diretta?

Franco Ducato

Conte del Piglio (ma non) in Purezza

Ad Anagni ci deve essere qualcosa (l’aria, il sole, il timballo alla Bonifacio) che ha reso negli ultimi anni la Città dei Papi simile ad un laboratorio politico. Che permette di anticipare le nuove tendenze. In alcuni casi, di esprimerne le immagini più durature.

Basta osservare i fatti degli ultimi anni.

2001 – In Italia esplode il fenomeno del centrodestra berlusconiano trionfante? Ad Anagni, dopo anni, il centrosinistra perde la maggioranza comunale ed arriva a palazzo un oscuro (fino ad allora) giovane di destra che prende in mano il potere. Si chiama Franco Fiorito.

2012 – Fa rumore il caso dell’uso improprio dei fondi regionali nel Lazio ed in altre regioni d’Italia. E qual è l’immagine di quello scandalo? Quella del consigliere regionale del Pdl. Ovvero, ancora l’anagnino Fiorito.

2014 – In Italia il Pd di Renzi raggiunge il massimo del suo splendore, con il 40,8% alle Europee. E ad Anagni, dopo 13 anni, il centrosinistra riprende il comando delle operazioni con il colonnello Fausto Bassetta.

2018– in Italia si discute (anche con un po’ di timore) sull’avanzata della destra estrema? Ad Anagni, per la prima volta, abbiamo un comune in cui al ballottaggio arriva un esponente appoggiato dalla destra dura e pura; Daniele Tasca, tecnico sostenuto, tra gli altri, da Casapound.

Insomma. In politica Anagni fa tendenza. Anticipa. Innova. Diventa simbolo di ciò che in politica è e sarà. Si vede che questa tendenza l’hanno percepita anche gli esponenti del Movimento 5 Stelle. Che, come ha rivelato il quotidiano on line locale anagnia.com, hanno cominciato a far volare gli stracci all’interno delle loro strutture democratiche (loro li chiamano meet up), mettendo in discussione la figura del consigliere comunale (portavoce dei cittadini nel lessico dei giusti) Fernando Fioramonti.

Oddio, basta avere un po’ di memoria per ricordare che già nella primavera del 2018 l’indicazione di Fioramonti a candidato a sindaco era stata criticata da una parte dei grillini di Anagni. Che avevano aspramente rampognato soprattutto le modalità con cui il veterinario grillino era stato spedito alla pugna per le comunali.

Dopo, evidentemente, le acque non si sono più calmate. Perché Fioramonti dice che quelli del meet up anagnino «non rappresentano in alcun modo la politica e le idee del Movimento 5 Stelle, ma soltanto quelle di un gruppetto di persone che liberamente decidono di incontrarsi in un bar». Ed il meet up replica chiedendo «per decenza» a Fioramonti di dimettersi, visto che «questa persona non è degna di rappresentare i Cittadini che lo hanno votato». 

Ora, al netto dei toni da bar, il punto è un altro. Ovvero il fatto che, come si diceva prima, anche in questo caso la polemica di Anagni diventa la cartina di tornasole di un tema che potrebbe diventare centrale nel dibattito politico non solo locale. E cioè quello delle incomprensioni, delle divisioni, delle fibrillazioni che stanno prendendo piede tra i 5 stelle a partire dalla classe dirigente in giù.

Nelle stesse ore in cui a livello nazionale, solo per fare un esempio, i grillini discutono tra loro (eufemismo) su questioni come l’autorizzazione al processo per il ministro Salvini (e Di Maio dichiara apertamente dubbi sulla tenuta dei suoi), ad Anagni ci sono 2 fazioni dei 5 Stelle.

Si dirà che si tratta di ordini di grandezza diversi. Giusto. Ma in politica il metodo è importante come e forse più del merito. E la parabola grillina dimostra, a tutti i livelli, come l’assenza di una classe dirigente seria porti inevitabilmente prima alle discussioni. Poi alle fibrillazioni, quindi ad un collasso.  

Ad Anagni, in tutto questo, c’è un problema in più. Qui il grillismo, in tutte le sue declinazioni, non ha sfondato. È sempre rimasto legato ad una militanza appassionata, ma minoritaria. Non è mai riuscito ad intercettare le istanze di protesta che altrove hanno generato rendite ben più importanti.

Forse è per l’irredimibile tendenza filogovernativa di una città vissuta nel culto del potere papale. O forse è la scarsa capacità di incidere degli esponenti locali. Certo, una classe dirigente può anche prendersela con una eventuale scarsa sensibilità dell’elettorato. Ma qualche domanda prima o poi bisognerà farsela.

Anche perché così Natalia è destinato a continuare a dormire tra due guanciali.