La strana storia del Campo Fraschette di Alatri

di MARILINDA FIGLIOZZI
Gruppo Facebook Campo le Fraschette di Alatri

Circa vent’anni fa cominciai a chiedermi cosa avesse racchiuso negli anni, quel lungo muro che abbraccia un’ampia zona de Le Fraschette di Alatri.
Venni coinvolta dalla curiosità di due ricercatori che avevano vissuto la guerra da ragazzi. Ma che – come tanti – sapevano poco della funzione del campo dal 1942 al 1944. Cercavo soprattutto ricordi, provavo spesso a chiedere agli anziani seduti in piazza al sole del mattino. Nessuno ricordava o quel che mi raccontavano non era inquadrabile nel periodo richiesto.

Impazzivo. Non capivo perché tutti avessero dimenticato. Ma il campo esisteva e l’Archivio di Stato, pazientemente spulciato, lo dimostrava. Finché qualcuno mi fece riflettere che, all’epoca, gli uomini erano in guerra. E le donne di Alatri non avevano nessun interesse ad arrivare laggiù, in quella valle nascosta e isolata, scelta proprio per questo motivo.

Perciò ripresi la ricerca al contrario e iniziai a chiedere ai ragazzetti di allora che abitavano in campagna e finalmente vennero fuori i primi ricordi. A parlare erano le storie dei nipoti di chi aveva rilasciato fatture per la fornitura quotidiana di pane o per le numerose bare,. Così come affascinanti erano i ricordi dell’allora giovane Don Giuseppe Capone che accompagnava al campo il Vescovo Facchini.

Pian piano si è ricomposto un puzzle storico che va dal 1942 al 1976, anno di chiusura del campo. Uno studio conclusosi con l’individuazione di tre periodi ben precisi che comprendono non solo settant’anni di storia di Alatri, ma soprattutto di storia delle nazioni europee e del nord Africa.

La ricerca si è delineata ogni giorno più intrigante, ma laboriosa. Davanti ad ogni nuova scoperta bisogna sempre porsi mille interrogativi. E io avevo i miei. Perché qui, durante la guerra, convivevano Croati, Sloveni, Dalmati insieme agli Anglo-Maltesi provenienti dalla Libia? E perché nel dopoguerra c’erano altri Croati e Sloveni insieme a Tedeschi, Austriaci? Ma anche anarchici Spagnoli, Russi e Americani, insieme agli Indiani con il turbante che tanti ricordano? Perché erano lì, da cosa scappavano?

Tristi storie di fughe, asili politici e spie. Tutte da studiare per capire il contesto storico da cui volevano allontanarsi e per sapere dove volevano andare.

Negli anni ‘60 il quadro storico comincia a stabilizzarsi, ma per Fraschette si apre una nuova fase: arrivano gli Italiani in fuga dalla Tunisia, dall’Egitto, dalla Libia. E di nuovo altri perché: perché c’erano tanti Italiani all’estero? Da quanto vivevano lì? Perché e come furono mandati via?

Ricerca enorme, da seguire con pazienza e curiosità, dolorosa in ogni racconto, ma ancor più straziante quando capita di conoscere personalmente i diretti protagonisti o i figli e i nipoti che vogliono approfondire storie che hanno sentito da padri o nonni e che regalano spaccati di vita passata.

Affogo in una bellissima ricerca che non ha argini, anzi ogni giorno si aprono nuovi rivoli che non smettono di intrigarmi e incuriosirmi. Sono contenta soprattutto di aver dato ordine alla storia racchiusa in quelle mura davanti alle quali da ragazzi siamo sempre passati abitudinariamente pensando con leggerezza: “C’erano i Tunisini e giocavamo felicemente a pallone con loro”.

Adesso i ricordi e gli interessi degli Alatresi rinascono e si moltiplicano, ma ormai il mio desiderio è andare oltre, far conoscere il Campo oltre provincia, oltre regione, oltre Italia, soprattutto in quelle nazioni da cui tornano spesso a trovarci gli “ospiti del Campo” o i loro parenti, con le lacrime agli occhi.

§

Tutti gli aggiornamenti li potrete leggere sul gruppo Facebook Campo le Fraschette di Alatri

error: Attenzione: Contenuto protetto da copyright