Una colomba una pastiera ed i falsi amici (di A. Tagliaferri)

Foto: © Can Stock Photo / Bialasiewicz

Aria di festa nel Reparto. Ada è di nuovo al lavoro. E nuove pazienti arrivano con le loro storie...

Ada Tagliaferri

Infermiera mancata con la vocazione per la pulizia, di ospedali e di anime. Un viaggio all'alba e al tramonto tra corsie e barelle

Pasqua è alle porte, Grazia ha chiesto le uova di cioccolato più assurde e costose che si trovano in circolazione. Ma va bene così, Ada è ben felice di viziare la sua unica cucciola, tanto che altro resta poi? Si ferma al bar a prendere il solito caffè e sale tranquilla, oggi ha voglia di fare in fretta, ha troppi giri da fare.

Arriva e Gabriele la ferma ”Ehi tu? Dove vai così di fretta, ricorda che giovedì ci facciamo gli auguri con la colomba, se ti va di fare una pastiera a noi sta bene!”.

Certo, immagino – risponde ridendo Ada – Ci manca che mi metto a cucinare anche per voi”.

Da quando Ada è arrivata in reparto ormai sono passati mesi, e quello che sembrava essere una punizione è diventato un luogo caldo, una microsocietà una famiglia, dove, ovviamente, ci sono “figli” viziati e golosi.

Ada inizia il suo turno, entra in sala, saluta. Ci sono poche persone, una donna la saluta “Siete tutti entusiasti per le feste vero?”, Ada oggi non ha voglia di discutere e cerca di glissare “Si, ma, diciamo che sono solo un buon momento per mangiare un dolcetto in più”.

È bello essere felici anche in un luogo come questo. Vi ho osservato nel corso di questi mesi, lei sembra davvero una brava signora, il pelato lì, quello che sembra burbero, invece è molto competente e dolcissimo. Quell’altro infermiere strano che parla romanaccio, quello invece mi fa morire con le barzellette sporche”.

Eh si, alla fine ognuno di noi fa quel che può”, risponde Ada che oramai si è incuriosita, quella signora lei non l’aveva mai notata.

È sola?” ed è qui che Ada si rende conto di aver aperto il vaso di Pandora.

Si, sono vedova, mio marito è morto per un infarto, troppo presto, aveva un problema congenito e non ce ne siamo accorti fino a che poi era già troppo tardi. Ho due figli, il grande ormai lavora all’estero e ha la sua vita e la sua fidanzata. Torna un paio di volte all’anno. L’altro figlio vive nelle Marche, si è sposato e da poco è diventato papà”. Alla donna si riempiono gli occhi di lacrime.

Su cara, sono cose belle, perché piange?”.

Sa perché piango, perché tra chemio che non va e tentativi di radio non sono riuscita neanche a vederlo dal vivo mio nipote. Non posso stargli vicino”.

Ada è davvero senza parole, deve essere proprio un brutto momento per questa signora dal viso provato e stanco.

Io non ho ancora 60 anni, ero molto attiva in parrocchia e nel mio quartiere, facevano tutti base su di me. Feste, sagre, anche per i sacramenti ero sempre pronta a dare una mano. Poi mi sono ammalata, un neo, un melanoma. Pian piano non sono riuscita a fare più nulla e mi hanno letteralmente lasciata da sola. Nessuno mi risponde più neanche al telefono, nessuno ha il piacere di prendere un caffè con me, sembro quasi dare fastidio. Prima era tutto un ‘Anna di qua e Anna di la’, poi silenzio”.

Ada è contrariata. “Scusi ma come è possibile? Allora tutte le persone di cui si è fidata non erano amici”.

La signora è molto amareggiata, Anna è delusa, triste, a dir poco arrabbiata. “Lei mi parla di Pasqua, immagino abbia famiglia e figli per i quali preparare cose buone, io ho vissuto tutta la vita nel sentiero della Chiesa, anima cattolica, solidarietà, ero precisa in tutto, mai una sbavatura, quello che tutti si aspettavano. Anche quando sarei voluta essere sopra le righe mi sono compressa, ho fatto della mia vedovanza e del mio lutto motivo di forza cristiana. Non è servito a nulla, sono rimasta sola, chiusa in un personaggio che non sono esattamente io, ora, senza poter essere vedova, amica, madre, nonna. Non mi sento niente. Vado avanti grazie a un’agenda in cui appunto le cose da fare”. E mostra ad Ada un quadernino a strisce.

Una bella vita di merda tutto sommato. Forse era questo quello che mi spettava nella vita, forse saranno state le maledizioni di tutte quelle donne che “dall’alto della mia cristianità” mi hanno odiata perché non le ho comprese”. Ada non sa che fare, che dire. “Non si preoccupi, non cerco risposte da lei, nè da nessun altro. Non voglio neanche togliermi la vita, sono troppo legata alla mia mentalità, Dio mi punirebbe –non so in che altro modo potrebbe – continuerò a portare la mia croce. L’unica cosa, prima di rassegnarmi vorrei stringere mio nipote al petto. Sa?! Gli hanno messo il nome di mio marito”.

Signora Anna guardi, io non so cosa lei ha passato fino ad oggi, e men che mai so cosa le riserva il futuro, ma cerchi di viversi il presente. Appena potrà stia con il suo nipotino, alzi lei la cornetta e inizi a mandare a quel paese tutta quella gente che prima c’era e poi è sparita, cambi parrocchia e si faccia amici nuovi, qui ci sono molte persone che si incontrano per due chiacchiere, condividete qualcosa che, anche se brutto, però vi accomuna e vi avvicina. Lei è giovane e può fare quello che le pare, se ne fotta di quel che è stato, provi a contattare tutte quelle ragazze che ha criticato, apra le porte di casa, se vuole essere cristiana, lo sia in un modo nuovo. Inizi da Pasqua”.

Sa Ada, è la prima volta da anni che parlavo con qualcuno per tutto questo tempo di cose vere e non di frasi fatte. Forse ha ragione”.

Ada è felice, gli occhi di Anna sono la sua sorpresa nell’uovo. “Mi raccomando, poi quando ci rivediamo mi racconta come è andata”.

Ada finisce il suo giro. Ripassa da Gabriele “Va bene per la colomba e gli auguri…e va bene anche per la pastiera, ma solo perchè sei tu e io sono buona!”.

La famiglia è una cosa strana, non necessariamente composta da mamma padre e figli.