Lega e Cinque Stelle cancellano i piccoli giornali e finanziano la Rai

Alla televisione di Stato (che ha già il canone obbligatorio) 80 milioni di euro in due anni. Soldi agli enti lirici ed ai teatri. Mentre l'informazione locale deve morire. E i parlamentari locali? Silenzio assoluto sul tema. però i comunicati stampa li mandavano e continuano a mandarli.

Una T fa la differenza. Proprio sulla materia più delicata che esiste, quella della libertà di stampa. Cinque Stelle e Lega hanno tagliato i contributi all’editoria. Aggiungendo una T in quella che a tutti gli effetti è una Edittoria. Da far impallidire l’editto bulgaro di Silvio Berlusconi contro Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi.

Ma va detta anche un’altra cosa. I Cinque Stelle non sono maggioranza nel Paese e neppure in Parlamento. Dove, giova ricordarlo, gli eletti stanno lì in virtù di una legge proporzionale.

Vittorio Feltri, gigante scomodo nell’informazione italiana, ha scritto:

“Caro Salvini, ho letto una sua dichiarazione rilasciata a una agenzia di stampa, in cui afferma di essere favorevole ai drastici tagli delle provvidenze destinate dallo Stato all’editoria praticamente da sempre, cioè da quando anche in Italia, come in tutto l’Occidente, i giornali sono considerati indispensabili al fine di garantire il pluralismo dell’informazione, fondamentale per la vita democratica.

Lei motiva la decurtazione dei contributi voluta dal governo dicendo che il settore in questione debba rassegnarsi alle leggi del libero mercato. L’argomento non è campato in aria anche perché la maggioranza è disperata e tenta di raschiare il fondo del barile onde presentare all’Europa una manovra accettabile, per quanto deficitaria.

Il ministro dell’Interno, quanto il suo collega Di Maio, in questo caso fa prevalere le deboli ragioni di bilancio su quelle politiche generali.

In sintesi, entrambi i leader se ne fregano della libertà d’ opinione, avendo a cuore solo la propria, e castigano le aziende editoriali sperando che crepino visto che talvolta promuovono la critica al potere, disturbando così i politici in sella”.

I Cinque Stelle hanno affidato a Gianlugi Paragone il pensiero sul taglio dei contributi all’editoria. Già, il parlamentare Paragone, già direttore de La Padania, vicedirettore di Libero, conduttore di programmi televisivi. Rapito dal verbo di Umberto Bossi e poi folgorato sulla via di Beppe Grillo.

Ha detto: “Siccome lo dicevo prima, a maggior ragione posso ribadirlo adesso: i giornalisti italiani sono una Casta, una delle Caste che esistono in Italia. Per questo motivo, quando cerchi di riformare un comparto, nel caso di specie il comparto dell’editoria, ecco che i sacerdoti di questa Casta immediatamente emettono sentenze”. Prodigi del cambio di prospettiva: da giornalista a parlamentare a Cinque Stelle. 

In ogni caso il punto è che l’obiettivo della norma voluta e votata da Cinque Stelle e Lega è quello di cancellare tanti giornali e televisioni locali. Perché questo deve essere chiaro: le provvidenze non vanno ai grandi gruppi editoriali nazionali, sono destinate alle piccole cooperative di giornalisti locali che diffondono il loro quotidiano su un mercato troppo piccolo per poter pareggiare i costi.

Solo per fare un esempio: il Corriere e Repubblica spalmano il costo di 10 giornalisti sulle copie vendute in tutta l’Italia, Ciociaria Oggi spalma lo stesso costo di 10 giornalisti ma sulle copie vendute nelle edicole di 91 Comuni.

Le provvidenze non vanno all’editore che apre un giornale a scrocco dei soldi degli italiani. Vanno alle cooperative che per salvare la loro testata hanno visto i giornalisti unirsi e costituire una società. Che prima di arrivare al contributo deve stare sul mercato per almeno un certo numero di anni.

Sono voci che raccontano i piccoli territori. E naturalmente dai parlamentari pentaleghisti di questo territorio neppure un sussulto. Come se i lavoratori dell’informazione fossero di serie B, come se dietro di loro non ci fossero storie, famiglie, mutui, futuro. E’ una crociata contro la piccola informazione. Quella che non si assoggetta, che non si appecorona. Per fare la stessa cosa che fecero a La Stampa di Torino sotto il fascismo: mettendo in condizione il suo storico editore Alberto Frasatti di andare via per lasciare sopravvivere il giornale ma in mano a nuovi proprietari allineati con il regime fascista.

Eppure i deputati Luca Frusone, Ilaria Fontana, Enrica Segneri (Movimento Cinque Stelle), il senatore Gianfranco Rufa o i deputati Francesco Zicchieri e Francesca Gerardi (Lega), hanno tutti usufruito delle pagine di quei giornali locali. Tutti presenti sull’informazione locale in questi anni. E ora che il loro governo ha iniziato allegramente a bucherellare lo scafo, loro tacciono. Al Senato la norma è stata approvata e si è sentito soltanto l’urlo di Massimo Ruspandini (Fratelli d’Italia).

Alla Camera se ne parlerà il 28 e 29 dicembre. Frusone, Fontana, Segneri, Zicchieri e Gerardi potrebbero provare a fare prevalere le ragioni del territorio rispetto alla logica “militare” di rispondere agli ordini di partito?

Non scherziamo. Non succederà mai. Non in partiti come i Cinque Stelle e la Lega, nei quali l’unico Verbo interno è quello di  Beppe Grillo, Davide Casaleggio e Matteo Salvini. Però i sei parlamentari pentaleghisti di questo territorio potrebbero iniziare lo sciopero dei comunicati stampa. Non farli più, non inviarli più. Non soltanto per coerenza verso una linea politica che avrà l’effetto di cancellare la stampa locale e di mettere sulla strada migliaia di lavoratori.

Ma anche perché le candidature alla Camera e al Senato vengono decise dai capi a Roma. Nei collegi proporzionali blindati (dove sono stati eletti  Frusone, Segneri, Gerardi e Rufa), ma pure in quelli maggioritari, dove hanno vinto Zicchieri e Fontana.

Un’ultima cosa. Nella “manovra del popolo” sono previsti 80 milioni di euro in due anni alla Rai: 40 + 40. La Rai è già finanziata attraverso il pagamento del canone obbligatorio e spesso il Ministero del Tesoro interviene per mettere a posto i conti. E’ quella stessa Rai che Salvini e Di Maio hanno attaccato fino al 4 marzo scorso.

Dunque, piccoli giornali da chiudere, Rai da finanziare. Questo è il concetto di informazione di Lega e Cinque Stelle. Non solo. Ci sono provvidenze per gli enti lirici, il teatro, l’Anpi e tutta una serie di enti che sopravvivono grazie agli interventi dello Stato. Perché per l’editoria locale si deve andare sul mercato e per la Rai e tutti gli altri invece no?

Per risparmiare? Falso. Perché tra poco lo Stato dovrà farsi carico delle centinaia di giornalisti e poligrafici che perderanno il lavoro e andranno a pesare sui suoi conti per via della Cassa Integrazione.

E i parlamentari locali? Muti e rassegnati? No. Convinti e pronti ad alzare sempre la mano. Ma in silenzio.

O forse hanno una strategia alternativa: mandare i comunicati stampa a Corriere della Sera e La Repubblica…