Antonio Tajani conferma la sua fiducia in Bertolaso come sindaco di Roma. Mentre Zingaretti continua a tenersi distante: il Pd è in pieno gioco al massacro
“Ancora non abbiamo deciso ma per noi sarebbe il miglior candidato possibile. Faccio un appello ai miei colleghi per riunirci e decidere il prima possibile i candidati migliori”: non ha esitazioni l’europarlamentare e vicepresidente di Forza Italia Antonio Tajani. Risponde senza tentennamenti alla domanda su Guido Bertolaso come candidato per il Centrodestra a Roma. Lo fa come ospite di Rai Radio1 e di ‘Un giorno da pecora‘.
Tajani ha parlato anche di Milano e di una possibile candidatura di Gabriele Albertini: “Certamente ha le carte in regola per esser un buon candidato a Milano, ci sono anche altri nomi“. Una risposta che pare buttata lì più per non irritare l’alleato leghista che per tracciare una rotta politica su MIlano. Nei giorni scorsi Matteo Salvini si era fatto fotografare mentre prendeva un aperitivo con l’ex sindaco e gli proponeva di tornare in pista.
Zingaretti in zona Cesarini?
Nelle file del centrosinistra non è una recita il niet di Nicola Zingaretti alla candidatura come sindaco di Roma. È la perfida vendetta nei confronti di chi ha provato ad interrompere il suo percorso di rinnovamento del Partito Democratico. Tutti i sondaggi e tutte le evidenze dicono che solo lui sarebbe competitivo contro qualunque altro candidato di tutti gli schieramenti. Allora perché non annuncia che accetta la tiara e farà il papa laico del Pd su Roma?
Per lo stesso motivo per cui ha fatto il ‘gran rifiuto‘ della Segreteria Dem: ma non ‘per viltade‘ a differenza di Papa Celestino V quando rinunciò al pontificato. Nicola Zingaretti ha ‘rifiutato‘ la Segreteria e potrebbe ‘rifiutare‘ la candidatura per denunciare quel perenne gioco al massacro che sembra la ragione stessa della sopravvivenza del Pd.
La testa offerta da Mauro Buschini è stato solo un antipasto. Ora tocca ad un inquilino dell’Olimpo Dem come Bruno Astorre, finire sotto i riflettori con un pretesto: si sposa il prossimo 4 settembre, impalmerà Francesca Sbardella e la di lui signora poi si candiderà a sindaco di Frascati. Senza passare per le primarie. Embeh? Il gioco al massacro vuole che questo sia un motivo di polemica: alimentato da messaggi anonimi, mai da dichiarazioni in cui qualcuno ci metta la faccia. Eppure lo Statuto non dispone che gli iscritti al Pd siano tenuti a frequentare solo clarisse e ad evitare militanti Dem.
C’è chi prova a mettere sotto attacco Daniele Leodori, vice di Zingaretti, ma soprattutto predecessore di Buschini in Regione. Evidenziando che è sua l’ossatura della segreteria lasciata al successore. E quindi anche eventuali polemiche successive.
Una lotta tra componenti alla quale Nicola Zingaretti non ha nessuna intenzione di partecipare né di dare legittimazione. Potrebbe rientrare in gioco. Ma solo con le garanzie di una pacificazione.
La soluzione Bettini
Una risposta arriva dal papa nero del Pd Goffredo Bettini. Al Manifesto oggi ha spiegato che l’avversario sta fuori dal Pd e non al suo interno. Ha ricordato che la coabitazione con Lega e Fi al governo è una “condizione di emergenza“. Impone al Pd di guardare oltre la fase del sostegno al governo Draghi e prepararsi al dopo, a partire dalle elezioni amministrative. In che modo? Sta qui il segnale: “allargando il più possibile il campo democratico”.
“Il campo democratico e antisovranista più è largo e meglio è. Solo chi coltiva pregiudiziali o mira a fomentare conflitti – afferma Bettini nel passaggio dell’intervista in cui esprime un giudizio sull’alleanza con Iv alle prossime elezioni comunali – è estraneo alla sua natura pluralista ma unitaria. Dire: ci sto, ma non voglio i 5Stelle è inaccettabile“.
Sulla coabitazione al governo con le destre, Bettini sottolinea che “è una condizione di emergenza e transitoria. Guai a dargli un valore strategico. Oggi è necessario uno sforzo comune per vaccinare gli italiani e mettere al sicuro la ripresa economica. Poi occorre prepararsi alla fase successiva, che inevitabilmente contrapporrà i progressisti ai sovranisti“.
Categoria, quest’ultima, che merita una precisazione sul ruolo e la connotazione di Fi. “Ho sempre pensato che Fi sia diversa dai sovranisti. Ma vedo che ogni volta che Salvini alza la voce si adeguano“, osserva Bettini. A un mese dalla nomina alla guida del Pd, rileva Bettini, “Letta sta lavorando bene. Ha confermato la strategia politica del precedente gruppo dirigente, con alcune innovazioni positive. L’attenzione ai valori costitutivi del Pd e alla riforma del partito. Ha anche difeso l’impianto socialmente avanzato del Recovery, ponendo il tema direttamente a Draghi“.
Riformare l’egemonia
Si augura che nel Pd parta una riflessione sulle idee e sui valori. “Ho parlato più volte dell’esigenza di riformare il capitalismo. Sono le questioni che si discutono in tutte le socialdemocrazie occidentali, tra i democratici di Biden e nel mondo cattolico guidato da Papa Francesco. Solo in italia suscitano qualche scandalo. Siamo vittime di 30 anni di egemonia liberista. Senza un ruolo regolatore della politica, le logiche spontanee del turbocapitalismo porterebbero all’insostenibilità sociale per le troppe disuguaglianze e allo scasso dell’ecosistema“
“Letta ha riproposto un Pd inclusivo. Una sinistra moderna e rinnovata ne è parte fondamentale. Invece, è da tempo troppo silente e deve battere un colpo più forte“. Riguardo al ruolo di Nicola Zingaretti, Bettini dice che ora è “convintamente impegnato nel governo della Regione Lazio con risultati eccellenti“. Infine sull’alleanza strategica con il M5s, di cui ha parlato Enrico Letta, “il processo è difficile. Va conquistato città per città. Mantenendo l’obbiettivo unitario nazionale, ma rispettando il grado di maturità delle intese possibili in ciascun territorio“.