Il Tar: Isabella non può mettere piede a Frosinone

Isabella Mastrobuono non può tornare al timone della Asl di Frosinone. E nemmeno di altre aziende sanitarie o ospedaliere del Lazio. Lo ha stabilito il Tribunale Amministrativo Regionale.

 

I giudici hanno detto, in pratica, che la loro sentenza di gennaio non può essere applicata.

 

All’inizio dell’anno le avevano dato ragione su tutta la linea: annullato il commissariamento della Asl, annullata la nomina del commissario Luigi Macchitella, reintegro immediato nel suo posto di lavoro (leggi qui la sentenza)

 

Allora perché oggi dicono che non può tornare a Frosinone?

 

Tutto nasce dal fatto che la Regione ha detto di non poter applicare la sentenza di gennaio. Perché la professoressa Mastrobuono nel frattempo è diventata ‘inconferibile’. Cioè non ha più tutti i requisiti necessari per fare il manager della Sanità nel Lazio. Cosa le manca? Nell’attesa della sentenza che l’ha riabilitata è stata direttore in una clinica privata di Roma. E questo la taglia fuori. Perché per poter ricoprire il ruolo di Direttore generale in una Asl è necessario non avere lavorato in aziende sanitarie private di quella Regione da almeno tre anni.

 

“Ha solo esercitato il suo diritto costituzionale a mangiare” aveva sostenuto nelle settimane scorse il professor Francesco Castiello, il docente che ha citato nuovamente la Regione di fronte al Tar per obbligarla ad ottemperare alla condanna. (Leggi qui La sentenza Mastrobuono è definitiva: subito a Frosinone)

 

Inoltre aveva fatto notare che la sentenza è ormai definitiva perché la Regione non l’ha impugnata.

 

E che, al limite, la professoressa Mastrobuono era incompatibile. Ma non era inconferibile. La differenza? Nel primo caso deve essere chiamata a scegliere tra Asl e clinica. Nel secondo non può proprio ricoprire l’incarico.

I giudici invece hanno accettato la tesi della Regione: non è che non vuole ottemperare, non può.

 

“Attendo di leggere la sentenza – commenta il prof Castiello – sono perplesso perché c’è una sentenza definitiva che dice cose chiare. Annulla tutti gli atti che hanno portato all’allenamento della mia cliente. Certamente ricorreremo al Consiglio di Stato”.