Terzo mandato anche nelle città: la via del dialogo è aperta

Il dibattito per ampliare il terzo mandato anche nelle città oltre i 15mila abitanti. Sintonia tra Lega e Pd. Che hanno molti nomi in scadenza e tutti premerebbero su camera e Senato. Dove ci sono 350 posti in meno. Da Sala a Decaro, da Nardella a Pompeo. Perché FdI dice no ed i segnali che arrivano da Palermo.

Carlo Alberto Guderian

già corrispondente a Mosca e Berlino Est

La linea del dialogo c’è ed è solida. Tra Partito Democratico e Lega esiste un terreno comune che conduce verso la legge con cui aumentare a tre i mandati dei sindaci anche nei centri con oltre 15mila abitanti. Ora si tratta di allargare quel terreno e renderlo abbastanza ampio da superare la prova del voto. Esattamente come avvenuto con la norma che nelle settimane scorse ha già ampliato il numero dei mandati consecutivi per i Comuni fino a 5mila abitanti. (Leggi qui Ciccone ringrazia il governo e si candida per il terzo mandato).

Il percorso è ad ostacoli e presenta alcuni tratti minati. Perché sia nella Lega che nel Partito Democratico c’è chi vorrebbe far diventare il terzo mandato un principio generale, cioè valido per tutti. Compresi i governatori di Regione. E questo apre più di qualche problema interno.

Lo scoglio De Luca

Vincenzo De Luca Foto: Marco Cremonesi / Imagoeconomica

Rappresenterebbe una soluzione enorme per governatori come i Dem Stefano Bonaccini in Emilia-Romagna e Michele Emiliano in Puglia. Seguirebbero la scia disegnata dal leghista Luca Zaia, che in Veneto ha già fatto approvare la norma e nessuno ha sollevato la questione di fronte alla Corte Costituzionale. Ma tra i Governatori alla ricerca del tris ci sarebbe anche una figura divisiva come il campano Vincenzo De Luca. Un’ipotesi di fronte alla quale un ampio settore del Pd campano ha alzato le barricate inviando un documento pubblico al Segretario Enrico Letta chiedendogli un pronunciamento chiaro.

L’ipotesi è quella di limitare il dibattito ai soli sindaci. Ce n’è oltre una mezza dozzina nella grandi città che va verso la scadenza del secondo mandato e che ora potrebbe legittimamente reclamare un approdo in Parlamento per portare nuova linfa, rinnovamento, esperienza amministrativa. Ma il taglio dei 350 posti tra Camera e Senato deciso con il referendum limita in maniera decisiva quel travaso.

Riguarda nomi di primo piano. Come il sindaco Beppe Sala di Milano, Antonio Decaro di Bari che è anche presidente dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani; Dario Nardella di Firenze, Giorgio Gori di Bergamo, Emilio Del Bono di Brescia; Mattia Palazzi di Mantova e Matteo Ricci di Pesaro. Sono tutti espressione o del Pd o del centrosinistra. A loro si aggiunge il centrista Clemente Mastella sindaco di Benevento. In provincia di Frosinone il caso più clamoroso sarebbe quello di Antonio Pompeo, sindaco da due mandati a Ferentino e Presidente della Provincia nonché Presidente dell’Unione delle Province del Lazio; ha sempre detto che tra terzo mandato o incarico parlamentare non avrebbe dubbi e continuerebbe a fare il sindaco.

Il terzo che non piace ai Fratelli

Giorgia Meloni (Foto: Sergio Oliverio / Imagoeconomica)

Nei centri del Nord ne beneficerebbero molti sindaci del Carroccio. Ma è proprio qui che prende forma un altro scoglio nel dibattito. Non è gradito ai Fratelli d’Italia che invece dal ricambio al termine del secondo mandato vedono una possibilità in più per piazzare i loro candidati nelle future elezioni amministrative con le quali costruire un’altrenativa ed un cambiamento.

Uno scoglio che è diventato ancora più solido dopo l’operazione che lo scorso fine settimana ha visto realizzare a Palermo quanto aveva anticipato Alessioporcu.it: la saldatura tra Lega, Forza Italia ed i centrisiti di Prima l’Italia. Hanno trovato l’intesa per la candidatura a sindaco di Palermo, escludendo Fratelli d’Italia. Non è un fenomeno isolato, il dibattito tra centristi e leghisti è avviato dovunque su sollecitazione di Matteo Salvini. (Leggi qui Ottaviani, Abbruzzese e la federazione per vincere a Frosinone ).

Quel dialogo ha condotto a Palermo al ticket Francesco Cascio sindaco e Francesco Scoma vicesindaco. Una scelta condivisa dalla LegaPrima l’Italia e ora da Forza Italia che sancisce la nascita di un asse del centrodestra di governo, primo nucleo di una possibile federazione. La reazione di FdI è stata emblematica. Parla di “Una enorme confusione che emerge dall’annuncio di un solitario accordo tra la Lega, rappresentata dal coordinatore regionale Antonino Minardo, e Forza Italia, rappresentata da Gianfranco Miccichè, per le elezioni comunali di Palermo”.

Antonio Pompeo

Quel ticket nelle ore successive viene smentito dallo stesso Scoma. E Fdi sottolinea “Questi comportamenti e molti altri segnali testimoniano più la volontà di danneggiare Fratelli d’Italia piuttosto che quella di combattere le sinistre”. 

la linea del dialogo c’è ed è solida. Ma il percorso è ad ostacoli. Molto alti.