Top e Flop, i protagonisti del giorno: giovedì 15 settembre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di giovedì 15 settembre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di giovedì 15 settembre 2022

CHIARA FERRAGNI

Chiara Ferragni

Fate sentire la vostra voce il 25 settembre. La tua voce è essenziale“. Due sole e semplici espressioni. Potentissime. Doppiamente potenti. Perché pronunciate nel giorno in cui divampa la polemica generata da Laura Pausini per la sua scelta di non intonare Bella Ciao dicendo che “è una canzone troppo politica ed io non voglio cantare canzoni politiche“; ignorando che invece non lo è e non può esserlo in un’Italia che è democratica, repubblicana ed antifascista per Costituzione.

Il no di Laura Pausini, come spiegato ieri, è da flop perché è un invito a non impegnarsi ed a lasciare che siano gli altri a scegliere; più onore le avrebbe fatto se avesse detto ‘non la canto perché non la penso così’. (Leggi qui: Top e Flop, i protagonisti del giorno: mercoledì 14 settembre 2022).

Con la rapidità e l’efficacia degna della migliore influencer Chiara Ferragni si è presa la scena. Invitando invece i suoi follower ad impegnarsi e far sentire la loro voce.

E siccome il suo invito è all’impegno, non resta nel mezzo prendendosi applausi a destra ed a sinistra. Si schiera. Toccando un tema scomodo tanto a destra quanto a sinistra. Lo fa condividendo tra le storie di Instagram il post di ‘apriteilcervello‘, profilo che si definisce “antifascista, antirazzista e support Lgbt+“. Anche in questo caso il messaggio di Chiara Ferragni è breve ed efficace: “Da leggere tutto“. Nel post si legge che “I Partiti di Salvini, Meloni, Berlusconi sono gli stessi che poche settimane fa al Parlamento Europeo hanno votato contro una risoluzione che chiedeva di condannare l’abolizione del diritto di aborto negli Stati Uniti“. 

L’invito del post di chiara Ferragni è a “combattere l’apatia“. Dovrebbe essere la normalità. Invece è rivoluzionario.

Odia gli indifferenti.

 SONIA RICCI e ANDREA RENNA

Andrea Renna e Sonia Ricci

La saggezza contadina insegna che ‘passata la festa, gabbato lo santo‘. In pratica: le belle parole e le promesse durano solo il tempo necessario per ottenere qualcosa a chi le ha fatte; ottenuto quello che voleva, chi s’è visto s’è visto. Invece il presidente dei Consorzi di Bonifica del Lazio Sonia Ricci ed il direttore regionale Andrea Renna le loro parole le hanno dette a ‘festa finita’. Cioè quando l’estate è passata e sta cominciando il primo fresco di settembre.

Parole pronunciate non per lodarsi e mettersi in luce di fronte alla politica o ai dirigenti nazionali. No, le parole che hanno detto sono state per ringraziare chi durante l’estate è stato sotto al sole: per manovrare i macchinari e garantire che coltivatori e produttori avessero l’acqua necessaria per i loro campi e le loro stalle. Perché senza di loro, sulle nostre tavole non sarebbero arrivati i prodotti con i prezzi aumentati a causa della speculazione energetica: sarebbe arrivato nulla perché siamo a rischio di crisi alimentare.

«È una situazione di emergenza di guerra» hanno detto Sonia Ricci e Andrea Renna. «Una situazione che non si può sottovalutare. L’agroalimentare, insieme al nostro settore, sta pagando un prezzo altissimo per le conseguenze dell’elevato costo dell’energia che nel resto del mondo non è elevato come in Italia».

E poi «La siccità del 2022 si iscrive al primo posto fra le annate più aride dall’inizio delle rilevazioni idro-meteo-climatiche in tutta Europa oltre che nel nostro Paese. Le complesse azioni idrauliche operate hanno consentito una gestione razionale dell’acqua disponibile».

I Consorzi di Bonifica non sono più il carrozzone di un tempo; in pochi anni si sono ritrovati in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici. Ed hanno affrontato la sfida. Quest’estate l’hanno vinta. Poi toccherà ad altri decidere cosa fare. Ma almeno si sono ricordati di dire grazie a chi ha passato l’estate con la testa sotto al sole e non per prendere l’abbronzatura.

Grazie a voi.

FLOP

GIORGIA MELONI

Giorgia Meloni (Foto: Sergio Oliverio © Imagoeconomica)

Con il Washington Post era partita bene ma non benissimo: “Io non mi sento una minaccia, una persona mostruosa o pericolosa. Mi considero una persona molto seria e penso che sia con serietà che dobbiamo rispondere agli attacchi interessati che ci stanno muovendo“. Insomma, con Giorgia Meloni ci si può stare o meno ma questo suo nuovo mood “pacato” con il quale perennemente spiega al mondo che FdI è partito serio e che gli iscritti non sono manganellatori da taverna rischia di passare da tema serio ad iperbole. La chiosa? “Non nego di aver criticato l’Ue, e spesso le sue priorità, ma forse in alcuni casi non ci siamo sbagliati”.

La nocchiera dei mari per cui naviga questa possibilità concreta è solo lei, Meloni, e per due motivi. Non solo infatti questo è il momento contingente in cui solo il capo deve dettare la linea perché fra 10 giorni esatti l’Italia andrà al voto. Ma anche perché oggettivamente e fuor di contesto FdI è Partito costruito per il leaderismo e non certo per lubrificare linee collegiali.

Il problema però monta. Ed è quel problema infido per cui, a furia di sussurrare che lei è affidabile, alla fine Giorgia Meloni dà l’impressione di essere una che lo deve dire in loop proprio perché “affidabile” non lo è del tutto. Definiamo “inaffidabile”: trattasi di possibilità che una volta al Governo e con numeri gagliardi la leader di FdI apra il vaso di Pandora del suo atavico antieuropeismo e, pur restando atlantica, mandi l’Italia ramenga per sforamenti di debito e cialtronerie autarchiche.

Nulla di clamoroso o di ideologicamente devastante, per carità, solo una rotta inversa per mari che troverebbero l’Italia gonfia di rinnovato orgoglio patrio ma a corto di bracciate. Non certo pronta a rimettersi la camicia nera ma prontissima a restare in mutande marrò, ecco.

Però la Meloni è ad un passo dalla meta e deve, fortissimamente deve spendersi come leader “moderata” e razionale. Deve farlo per controbilanciare specie nelle consorterie estere le sue uscite metallare con quelli di Vox. Ecco come mai lei ad ogni fiata ribadisce che non c’è nulla da temere. Lo ripete e per asseverarlo va perfino a “duello” con Enrico Letta uscendone come se fosse la sua sorellina discola e non la sua avversaria pronta a mangiarselo sfilandosi i pezzetti dai denti mentre esce dalla sede del Corsera.

E tutto questo pagherà. Ma non è detto che lo faccia al 100%. Perché l’impressione è che la Meloni abbia dimenticato che il suo Partito ha uno zoccolo duro che una leader al semolino proprio non la vuole. È un Partito che, senza aver ragione ma sicuramente in coerenza parrocchiale, rivuole in lizza quel “coatto antico” a cui dedicarono una canzone rock ai tempi del Fronte della Gioventù.

E dalla comparazione dei numeri fra votanti certi da sempre ed elettori convinti da poco dipende quanto sarà pavesata la strada che potrebbe portare la Meloni a Palazzo Chigi. O che potrebbe vedere quel portone chiudersi beffardamente in faccia proprio a lei che lo sognava. Magari con Salvini piagato ma non piegato. E lì per lei sarebbero problemi seri.

Per lei e per la governabilità di un Paese che non può permettersi scaramucce sul capo.

Più ortodossa, please.

CRISTIAN LECCESE

Cristian Leccese

A Frosinone il caso è stato sollevato dall’ex sindaco Domenico Marzi. A Gaeta sono andati oltre ed hanno coinvolto il prefetto. Che ha risposto. Facendo una tirata d’orecchie al neo sindaco Cristian Leccese: a tre mesi dalla vittoria nelle elezioni Comunali non ha ancora insediato le Commissioni Consiliari Permanenti. Sono quelle nelle quali i Consiglieri lavorano e mettono a punto i provvedimenti per la città.

Il sindaco non lo ha fatto per due motivi. Il primo: senza Commissioni il Consiglio è tagliato fuori ed il Comune diventa una specie di monarchia personale. Il secondo: la strategia elettorale è stata vincente ma ha portato in Aula tanti micro gruppi; le norme dicono che a ciascuno spetta un rappresentante in Commissione. Questo significa che il sindaco rischia di non averne il controllo: perché ognuno diventa strategico e può mettere i bastoni tra le ruote.

Il sindaco ha ricevuto l’input dalla Segreteria generale il 29 luglio scorso ma ha preferito non procedere. Comprensibile dal suo punto di vista. Ma vincere le elezioni è solo il primo passo per un’altra cosa: Governare. E governare lo si fa tutti insieme ciascuno con il suo ruolo, maggioranza ed opposizione. Perché vige ancora la Costituzione democratica e repubblicana.  Anche a Gaeta.

L’eredità lasciata dal sindaco Cosmo Mitrano in dieci anni non è facile per nessuno: abile, competente, snello nelle forme e sicuro nelle scelte. Ma candidandosi, Leccese sapeva bene che andava a prendere non solo una fascia tricolore. Ma un’intera città. E ora deve governare.

Salga a bordo, perbacco.