Top e Flop, i protagonisti del giorno: giovedì 2 giugno 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende giovedì 2 giugno 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire cosa ci attende giovedì 2 giugno 2022.

VITO CASCIONE

Vito Cascione

Ci sono cerchi che si chiudono, altri che restano aperti. Passaggi che talvolta sono obbligati, talvolta sono un segno del destino. Lo stabilimento Stellantis Cassino Plant è un passaggio obbligato nel destino di molti manager del gruppo: cresciuti tra le linee di produzione a Piedimonte San Germano hanno poi spiccato il volo e dopo anni sono tornati con incarichi di alto profilo.

Come è accaduto all’ingegnere Vito Cascione: talentuoso capo del reparto Finizione nel 2012 è poi andato a Torino e quindi a Modena. Ora è tornato, dopo dieci anni: con i galloni di direttore dello stabilimento cassinate. Lo hanno mandato per assistere alla nascita della produzione in serie di Grecale, la sorella minore del Maserati Levante. Non è una scelta fatta a caso, nessuna di quelle prese da Stellantis lo è. Perché Vito Cascione è il direttore uscente dello stabilimento Maserati di Modena con annesso polo di ricerca dove molto hanno messo a punto del nuovo Grecale.

Il segnale è doppio. Grecale è una scommessa per la quale non esiste possibilità di errore e questo significa per Cassino Plant una prospettiva certa in un segmento Premium; inoltre significa che esiste un mondo nel quale da capo reparto è possibile diventare direttore dello stabilimento. Bisogna crederci. E impegnarsi.

Il Direttore con il turbo.

MARGHERITA FUCHS VON MANNSTEIN

Margherita Fuchs von Mannstein

Qualcuno dice che a Merano l’acqua sorgiva sia così buona che usarla solo come acqua sia un peccato, perciò sempre qualcuno a Merano con quell’acqua da gran premio ha deciso di farci birra da applauso. Per la precisione l’idea venne ad un signore che abitava dalle parti di Lagundo, Josef Fuchs, che rilevò una piccola azienda già avviata dal 1857. Roba antica che sa di Paleolitico, ma nelle faccende di bontà quando una roba è antica ed è buona quella roba là diventa inevitabilmente un classico.

Dopo cinque generazioni di birrai tenaci con “parannanze” di cuoio che hanno dato gioie di luppolo sapido a patrioti, fantaccini del Carso, anarchici, fascisti, studenti proletari, metalmeccanici, impiegati di banca e millenials con le tasche farcite di litio Margherita Fuchs von Mannstein, madrina della birra Forst, si è presa il premio che le spettava, il Cavalierato del Lavoro che Sergio Mattarella le ha concesso in queste ore.

La signora Fuchs è nel novero dei 25 Cavalieri del Lavoro che il Capo dello Stato ha nominato firmando il decreto relativo il 30 maggio su input del ministro per lo Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti.

Oggi la birra Forst, che ha in Menabrea la sua consociata, è un’azienda che ha tenuto la birra, pardòn la barra dritta sulle scommesse del futuro.

Lo ha fatto senza rinunciare a quel battage di conduzione familiare che tanto lega con la mistica delle cose fatte per bene, produce 700mila litri di gioia spumosa all’anno e nel 2011, sotto la guida delle signora Fuchs, ha inaugurato un nuovo reparto cottura che sembra un hangar della Nasa, da quanto è grande.

Ma è un reparto dove respiri l’aria bella di quando vanno a nozze hi-tech e tradizione, di quando l’età produce classici e non invecchiamento, classici come questa imprenditrice che in quinta generazione lavora con quasi 500 dipendenti ed alza il boccale in faccia ad una crisi che piega ed affanna. Ma non spezza le schiene dritte di chi ha nome da difendere e lavoro da offrire a chi quel nome lo difende con lei.

Alla salute, Cavaliera.

FLOP

ANTONIO CAPUANO

Antonio capuano (Foto: Vincenzo Serra / Imagoeconomica)

A molti uomini di provata pazienza sta ormai sorgendo un dubbio: se cioè Salvini i suoi spin-doctor se li ordini su Wish. E sempre quei molti hanno anche un dubbio bis: se cioè magari arrivando dalla Cina la mercanzia che Salvini si ordina non faccia tappa in Russia attraverso una rotta improbabile per Mercatore ma plausibile per quello che a Salvini alla fine arriva. Perché una cosa è certa: da quando Antonio Capuano ha iniziato a fare lo sparring social del Capitano, Luca Morisi ha assunto i torni di un Cavour incompreso.

Il consulente del senatore leghista “senza incarico formale” è uno che nelle ambasciate in cui ha indubbiamente bazzicato, ha imparato di certo una cosa: che se fai una figura di roba calda e marrò te ne devi fottere e proseguire a mitragliare faccende fin quando le boiate che dici non vanno a massa critica e la gente si stanca di scremarle dalla verità ed alza le mani di fronte alla tua faccia tosta.

Piccola silloge del Capuano-pensiero sul comparaggio di Salvini con l’ambasciatore russo in Italia Razov per agganciare Putin senza patente e spuntare una pace che oggi non spunterebbe neanche Talleyrand: “I russi hanno capito che Salvini voleva spendersi davvero. E lo hanno invitato a fare altri passi”. E ancora: “Il segretario ha spiegato il suo progetto in quattro punti”. Dove? Ad una cena su cui Razov ha risposto ad AdnKronos “no comment”. E cosa ha risposto l’ambasciatore che in ordine alla sua presenza ha detto “no comment?”. Capuano dice che Razov ha detto: “La risposta è stata: siamo disponibili a parlarne”.

Perciò Capuano si è rammaricato dell’occasione persa: “Per la prima volta una tregua era possibile”. Si, ma chi doveva interfacciarsi con Putin per dare la stura al bacetto della pace? Il Papa, che notoriamente se prima non messaggia Capuano su whatsapp manco va per concistori. E sull’indagine Copasir in ordine ad un abboccamento paradiplomatico con il rappresentante di uno stato di fatto in guerra con un paese aiutato dalla Nato? “Il Copasir? Io sono pronto a spiegare. Non c’è nulla di segreto”.

Si, ma quando c’è stata la cena? Pare sia “un segreto”. Ecco, qui ci fermiamo e attendiamo trepidanti una betoniera di Aulin, ma non prima di una domanda seria: ma davvero Vladimir Putin sta messo così male?

Luca, torna subito.

MATTEO SALVINI

Matteo Salvini (Foto: Alessia Mastropietro © Imagoeconomica)

La Lega ci prova. A una manciata di giorni dal referendum sulla giustizia, il Carroccio accende i riflettori sulla tornata referendaria. Lo fa denunciando il “muro di silenzio” dei media e tenta di scalare un altro muro: quello del raggiungimento del quorum. Obiettivo lontano secondo gli ultimi sondaggi pubblicati la scorsa settimana.

Un’interrogazione sulla performance di Luciana Littizzetto a ‘Che tempo che fa‘, Roberto Calderoli in sciopero della fame e Matteo Salvini che attacca Pd e M5S come principali colpevoli della ‘congiura del silenzio‘ attorno al referendum. Dice Salvini: “Proviamo a superare il bavaglio, l’indegna congiura del silenzio che la sinistra, Pd-Cinquestelle, e i loro agenti nelle redazioni televisive, radiofoniche e giornalistiche portano avanti. Per loro i referendum non esistono, vogliono continuare ad usare i tribunali per vincere le elezioni con le sentenze dei giudici“.

In politica ci sta tutto. Di più ancora in periodo elettorale. Però, con tutta la buona volontà, questa storia della congiura del silenzio non sta in piedi nemmeno un po’. Sarebbe bastato, ad esempio, che proprio Salvini evitasse di mettere in campo le sue fanfaronate di distrazione di massa come i viaggi immaginari a Mosca per avere un po’ più di spazio.

La realtà è che il quorum è lontano. E quei referendum li ha voluti con forza Salvini, sottraendo la materia al dibattito parlamentare, la sua sede naturale. Non solo: su 5 referendum per 2 c’è la possibilità che la maggiorana dei votanti (seppure sotto il quorum) voti contro la linea Salvini.

Nella Lega c’è aria di fronda. Ma c’è un problema, che è l’unica cosa a tenere ancora a galla il Capitano: non c’è un piano B.

Bollito.