Top e Flop, i protagonisti del giorno: giovedì 26 agosto 2021

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti di giovedì 26 agosto 2021. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore

Top e Flop. I fatti ed i protagonisti di giovedì 26 agosto 2021. Per capire cosa è accaduto e cosa ci attende nelle prossime ore

TOP

DE DONATIS-TERSIGNI-DI STEFANO

Il municipio di Sora

Sono i tre vincitori di questa fase convulsa di pre-campagna elettorale a Sora. Roberto De Donatis, sindaco in carica, appariva obiettivamente tagliato fuori da una competizione che con il centrodestra unito realmente avrebbe avuto poca storia. Poi però la situazione si è ingarbugliata e adesso Roberto De Donatis può giocarsi le sue carte basandosi su una valutazione obiettiva: con la parcellizzazione che c’è a Sora, la sfida elettorale si deciderà al ballottaggio. (Leggi qui Cortocircuito centrodestra: Ruggeri fuori dai giochi).

Comunque vada il voto, De Donatis da domani potrà dire che lui aveva ragione. Perché senza di lui e la sua formula della Piattaforma Civica che ha tenuto tutti insieme per cinque anni, il centrodestra è letteralmente imploso.

Luca Di Stefano invece sta rimanendo fermo, che poi è la strategia migliore. Fermo sulla sua posizione, piantato su una coerenza ed una conseguenzialità che a Sora sono diventati merce rara. Soprattutto ora che il centrodestra si è ridotto ad un Carnevale di Venezia. Adesso si aprono degli scenari importanti, perché Di Stefano ha militato nella Lega e fino a quando c’è stato lui la musica era ben diversa. Per questo può rappresentare un punto di riferimento per settori del centrodestra. E pure del centrosinistra.

Eugenia Tersigni sta giocando una partita lontana anni luce da questi intrighi. Pare che qualcuno del centrodestra abbia bussato alla sua porta. E lei, con garbo e fermezza, avrebbe risposto: no grazie, vogliamno fare un progetto del tutto diverso dal vostro. Può essere la variabile.

Tris di mine vaganti.

UN PO’ TOP E UN PO’ FLOP

CLAUDIO DURIGON

Claudio Durigon (Foto: Leonardo Puccini / Imagoeconomica)

 “Ho deciso di dimettermi dal mio incarico di governo che ho sempre svolto con massimo impegno, orgoglio e serietà”. Claudio Durigon, per usare le sue parole, ha fatto un passo di lato. Per togliere dall’imbarazzo la Lega e soprattutto il Capitano Matteo Salvini. Un passo indietro da sottosegretario al Mef dopo le polemiche per il suo intervento in un comizio, nel quale ha proposto la re intitolazione del parco di Latina ad Arnaldo Mussolini. Parco ora intitolato alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. (Leggi qui Salvini telefona, Durigon si dimette: “Ma non sono fascista”).

In una lunga lettera Claudio Durigon ha chiesto anche scusa ai familiari di Falcone e Borsellino, dimostrando umiltà e coraggio. Ma rivendicando pure il fatto di non essere fascista. Una decisione presa, ha aggiunto, “per uscire da una polemica che sta portando a calpestare tutti i valori in cui credo, a svilire e denigrare la mia memoria affettiva, a snaturare il ricordo di ciò che fecero i miei familiari proprio secondo quello spirito di comunità di cui oggi si avverte un rinnovato bisogno”.

E ancora: “Un processo di comunicazione si valuta non in base alle intenzioni di chi comunica, ma al risultato ottenuto su chi riceve il messaggio: è chiaro che, nella mia proposta toponomastica sul parco comunale di Latina, pur in assoluta buona fede, ho commesso degli errori”.

Era inevitabile ma non scontato. E comunque la via di uscita è stata politica. Claudio Durigon ha risposto “obbedisco” al Capitano. Ma resta il fatto che ha dovuto effettuare il passo indietro per la contrarietà di ampi settori della Lega, da Giancarlo Giorgetti a Luca Zaia. E questo è un elemento sul quale riflettere moltissimo.

La rabbia e l’orgoglio.

GIUSEPPE RUGGERI

Da un lato indubbiamente l’annunciato ritiro sui social suona come un sussulto di orgoglio e dignità dopo settimane di “massacro politico e mediaticoda parte di una coalizione alla quale lui comunque aveva dato piena disponibilità. (Leggi qui Cortocircuito centrodestra: Ruggeri fuori dai giochi).

E dopo il passo indietro preventivo di Alberto La Rocca, Giuseppe Ruggeri ha capito che tutto voleva fare meno che l’agnello sacrificale. La rottura vera e definitiva si è avuta la notte dello scontro con Lino Caschera. Sotto questo punto di vista il ritiro ha un suo perché. Però è anche vero che in politica sono proprio momenti come questo a fare la differenza. Nessuno ti regala niente e anzi spesso le bordate arrivano dall’interno. Ma se poi si superano, allora magari si possono pure costruire delle vittorie impensabili.

I soliti ritornelli improntati alla considerazione che non si vive di politica lasciano il tempo che trovano. Anzi, aprono spazi a quella che potrebbe essere definita la sindrome da favola di Fedro. In particolare quella della volpe e l’uva. Giudicata acerba perché impossibile da prendere.

Vendetta e ritirata.

FLOP

CENTRODESTRA PROVINCIALE

Non possono essere fatte differenziazioni all’interno di tutta la coalizione provinciale di centrodestra. A una settimana dalla presentazione delle liste la coalizione si ritrova senza candidato a sindaco, ma soprattutto con un clima di veleni che sarà impossibile superare quando poi si andrà sul campo.

Nella Lega Nicola Ottaviani e Pasquale Ciacciarelli hanno pensato a farsi la guerra mentre Claudio Durigon era impegnato su altri versanti. Mentre Francesco Zicchieri e Francesca Gerardi si sono tenuti lontani. Mandando però segnali precisi: come i like sotto ai post del candidato avversario Luca Di Stefano.

Vero che ci sono state le manovre di Lino Caschera, che però è stato l’unico a farle alla luce del sole.

C’è molto da rivedere. Forza Italia è rimasta ai margini. Il senatore e coordinatore regionale Claudio Fazzone ha lanciato più di qualche allarme all’inizio, ma poi ha preferito non accelerare. Di fatto però si è tirato fuori. Mario Abbruzzese, dirigente regionale di Cambiamo-Coraggio Italia, ha fatto quello che gli riesce meglio: sparigliare le carte, ribaltare il tavolo.

Infine Fratelli d’Italia: il senatore e leader provinciale Massimo Ruspandini ha poco da rimproverarsi nella situazione specifica. Ma il problema sta nel fatto che il Partito della Meloni non è riuscito ad assumere la leadership della coalizione nonostante la candidatura a sindaco fosse in quota sua. Impossibile pronosticare come andrà a finire ed è anche possibile che ci siano colpi di scena. Tipo clamorosi ritorni in campo last minute. Però resterà l’immagine di una coalizione litigiosa e abborracciata.

Tutti bocciati.