Top e Flop, i protagonisti del giorno: giovedì 26 gennaio 2023

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di giovedì 26 gennaio 2023.

Top & Flop. I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di giovedì 26 gennaio 2023.

TOP

ORAZIO SCHILLACI

Orazio Schillaci

Il fumo fa male e non fa una grinza. Ma il fumo non solo fa male, ha dei costi che sono molto più alti degli introiti che il fumo garantisce allo Stato. Messa così sembra davvero ruvida ma su certo temi non esiste una maniera soft. Non quando di mezzo ci sono i tumori ed una Sanità che annaspa da troppo tempo nel rincorrere le loro cure.

Insomma, che si sia fumatori tremendi come Yanez o che si sia salutisti talebani quel che ha detto Orazio Schillaci è del tutto condivisibile. Si, ma che ha detto poi? Il ministro della Salute è andato di sponda su un report della Fondazione Veronesi ed al Corsera ha calato l’asso del cinismo necessario.

Lo ha fatto parlando della “possibilità di estendere il divieto di fumare nei luoghi pubblici, in vigore da gennaio 2005, anche ad altri situazioni”. Si, ma dove e come? Dove ci siano donne incinte e bambini fumare diventerà come assaltare Capitol Hill e le aree fumatori nei luoghi pubblici sono destinate ad “andare in fumo”.

Il ministro lo ha detto con una puntina di ruvidezza bulla che va emendata: “Il costo annuale delle cure per i tumori da fumo è circa il doppio di quanto incassiamo dalle accise sul tabacco, 14,40 miliardi nel 2021″. Insomma, c’è una mission europea prima ed italiana dopo che rende urgente una nuova impalcatura normativa.

E quella sterzata in punto di legge metterà l’Italia dritta dentro al Piano Europeo contro il Cancro 2021. E lo scopo? Creare una generazione tutta italiana e completamente free-smoke entro il 2040. E che i figli non tocchino quella robaccia e non lo facciano per sopraggiunta cultura di massa e regola può solo far piacere anche a coloro, fra chi li ha messi al mondo, che oggi hanno il pacchetto al fianco. Anche a chi mentre scrive di Schillaci ha ciccato nel posacenere.

Senza filtro.

GIUSEPPE SACCO

«Per noi è già un trionfo essere in finale. Eravamo famosi soltanto perché avevamo una discarica con la quale dovevamo togliere le castagne dal fuoco a Roma Capitale nel settore dei rifiuti. La situazione si è ribaltata e stiamo restituendo dignità al territorio. Gli unici progetti nati nel Basso Lazio in questi anni, di fatto, sono partiti da Roccasecca»: ha ragione ad essere soddisfatto il sindaco Giuseppe Sacco.

Fino a pochi mesi fa tanti ridevano, i più facevano spallucce: come si fa con i matti ed i fissati. A lui, poverino, era venuta la fissazione di candidare la sua Roccasecca come Capitale Italiana della Cultura per il 2025. E invece aveva ragione lui. Esattamente coma ha avuto ragione a sostenere che avrebbe chiuso la discarica provinciale, che avrebbe lanciato una vasta coltivazione di piante capaci di depurare i terreni, che avrebbe ottenuto l’unico ufficio provinciale sull’economia circolare. (Leggi qui: Roccasecca vuole fare la modella).

Il suo progetto è in finale. Roccasecca più altre 9 località italiane si contenderanno il titolo. Ma più importante non è ciò che Giuseppe Sacco ha costruito ma ciò che ha abbattuto. Con quel progetto ha abbattuto un vecchio modo di pensare, vedere e fare le cose; ha abbattuto l’invidia tra i campanili che per secoli ha rallentato lo sviluppo: ha messo insieme 32 Comuni, l’Amministrazione provinciale, 29 associazioni, svariati atenei. (Leggi qui: La forza dell’unione: Roccasecca è (quasi) Capitale).

Se sarà Capitale o non, a questo punto cambia poco. La vera vittoria è avere superato il vecchio modo di fare, di essere, di stare insieme. Facendo capire che l’unione fornisce più possibilità. E questo, Giuseppe Sacco è riuscito a farlo.

Sindaco da Capitale.

FLOP

LATINA E APRILIA

Il commissario Carmine Valente

Lo studio lo ha commissionato la fondazione Con il Sud. A svilupparlo è stato un accademico di Bari, il professor Gianfranco Viesti del locale ateneo. Passa in rassegna la ‘messa a terra‘ dei progetti finanziati con il Pnrr nei centri con più di 60 mila abitanti. E nelle aree con severe criticità ci sono le città di Latina ed Aprilia.

I problemi stanno a Sud. Dove il personale a disposizione per sviluppare i progetti ed attuarli è meno. E dove è maggiore il peso di una burocrazia a cavallo tra quella borbonica e quella bizantina. Tra i capoluoghi con criticità, Latina è l’unico non meridionale. Tra i grandi centri del Lazio ci sono Guidonia ed Aprilia: quarta città della regione per numero di abitanti.

Non è questione di incapacità né di indolenza: Latina ed Aprilia sono note per avere a disposizione un numero di dipendenti appena sufficiente per svolgere l’ordinaria amministrazione. Situazione che esiste anche in tanto altri centri del Lazio e proprio per questo la Provincia di Frosinone nei mesi scorsi ha varato una task force con cui supportare le amministrazioni. Soprattutto nella fase della rendicontazione.

È la soluzione verso la quale sta andando il commissario Carmine Valente che sta traghettando Latina verso le elezioni, dopo le dimissioni in massa rassegnate nei mesi scorsi dal Centrodestra. Punta a «creare una cabina di regia in cui un sub commissario sarà delegato ad attenzionare tutti i programmi Pnrr» per scongiurare il rischio di vedersi revocare i fondi. Anche Aprilia ha bussato ai tecnici esterni.

Ma il segnale d’allarme lanciato da Con il Sud è concreto. Perché mette a confronto tutte le realtà italiane. E se le altre stanno avanti è evidente che qualcosa di meglio devono averlo fatto.

Sempre in ritardo.

ANDREA BERNAUDO

Andrea Bernaudo

I Liberisti italiani al voto regionale in Lombardia e Lazio non ci saranno. Però hanno trovato una quadra ed è quadra leghista. Insomma, non avendo un carro su cui salire si sono attrezzati con il Carroccio e procederanno dritti sparati verso possibili accasamenti.

Il patto verrà formalizzato oggi in Senato e il presidente Andrea Bernaudo a quella stretta di mano ha apparecchiato un preambolino acconcio. “Alle prossime elezioni regionali il simbolo di Liberisti italiani purtroppo non sarà presente. In Lombardia e nel Lazio voteremo Lega e sosterremo i candidati presidenti del centrodestra”.

Poi Bernaudo, che peraltro è persona degnissima e di intelletto tagliente, ha detto: “Questo accordo è stato reso possibile anche perché la Lega ha condiviso un punto importante del nostro programma: l’abolizione del ‘solve et repete’ dall’ordinamento tributario”. Cosa è il “solve et repete” spiegando che è latino e non inglese memori di quando Di Maio chiamò il Covid “vairus”?

E’ quella norma per cui un contribuente prima di adire il giudice per contestare un’imposta che gli viene richiesta doveva provvedere al pagamento. La cosa di per sé non pare malvagia, ma quello che non convince in realtà è il tono di lealtà un po’ farlocca che aleggia su questo patto e sulla scorta di un solo punto chiave.

Per Bernaudo “la leale collaborazione con la Lega sarà basata sul raggiungimento di comuni obiettivi politici”. Puntare all’abolizione dell’inversione dell’onere della prova a favore del fisco sarà anche un comune cavallo di battaglia, ma cosa cacchio c’entra con i governi di secondo livello dato che il Fisco è materia di governo centrale?

L’impressione è che, molto più semplicemente (e legittimamente) i Liberisti italiani sono pochi e frolli e la Lega è tanta e “gajarda”, perciò apparentarsi schiude possibilità di farcela. E di incassare qualche “grazie”.

Basta dirlo no?

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