Top e Flop, i protagonisti del giorno: giovedì 28 luglio 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di giovedì 28 luglio 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di giovedì 28 luglio 2022.

TOP

GIORGIA MELONI

Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Matteo Salvini © Imagoeconomica, Stefano Carofei

Ha battuto i pugni sul tavolo. Giorgia Meloni ha preteso rispetto per se stessa, il suo Partito, i suoi elettori. Ne è uscita, dopo quattro ore, con un accordo che ricalca per larga parte le linee da lei indicate. E cioè: chi prende più voti indica il premier; ogni coalizione si presenterà da sola, col proprio simbolo; Fratelli d’Italia esprimerà il candidato in 98 collegi, 70 li indicherà la Lega, 42 tra Forza Italia e Udc, 11 verranno indicati da Noi con l’Italia e Coraggio Italia.

Al di là delle questioni di merito politico e di come con lei Fratelli d’Italia sia passato da partitino-merletto a partito-baricentro del centrodestra, a Giorgia Meloni va riconosciuta una cosa su cui forse pochi si concentrano: la capacità di imbastire situazioni in cui il suo peso politico passa anche dalla “scenografia utile”. Spieghiamola.

La Meloni è leader di un Partito che, piaccia o meno, ha come stella polare e bacino di utenza un certo tipo di elettori. Sono italiani disillusi, stanchi del barocco che da sempre fa ammalare le stanze dei bottoni e basici nei ragionamenti, ma molto attenti ai particolari per cui la politica che piace a loro deve rifuggire orpelli e cotillon di un mondo considerato privilegiato e fancazzista a prescindere.

Giorgia Meloni

In questo Giorgia Meloni è molto simile a Matteo Salvini, che però al populismo applica quella frazione spinta e di iperbole che spesso fa intuire perfino ai suoi più fedeli scherani che “ha esagerato” e che parla per slogan. Insomma, a parte i momenti trucidi in cui per copione Meloni deve declinare la sua skill destrorse con discrezione tale da essere udita a Bratislava la leader di FdI è una che coglie il sugo e lì va a mestare col paiolo, dritta e precisa come un cecchino.

E lo ha dimostrato con una faccenda tutt’altro che di fuffa delle ultime ore: proprio il vertice del centrodestra che ha definito l’accordo elettorale. È stata lei a dare le carte ed imporre la sede della partita. Rifiutando la location canonica della coalizione: ad Arcore dove Silvio Berlusconi tende a calare briscole ed a giganteggiare proprio nella sontuosa mistica del “cumenda” che ne ha sempre contraddistinto il modo di agire. Imporre una sede ‘neutra’ ed istituzionale è stato il primo sgenale di forza. Il resto lo ha calato a porte chiuse.

Imporre la scelta del terreno è stato fondamentale. Nessuno è immune dalla velata minaccia di una casa che ha più stanze e stucchi di Versailles e in quegli ambienti certi ospiti e certe ragioni saranno sempre dei “parvenu plebei”.

Ecco perché la Meloni stavolta ha detto “basta con le ville” ed aveva imposto che il summit si tenesse a Montecitorio. Cioè nella sede istituzionale più neutra di tutte e soprattutto nel luogo dove il solo “peso” degli attori ricorda il fattore legato ai numeri, non a quello dei candelabri o del Dudù di turno che la fa sulle scarpe di Tajani. Alla Camera la stanza più grossa ce l’ha la Lega (come da copione) ma poco cale: in quell’ambiente si è discusso fra politici di politica e non di politica fra cortigiani, e la differenza si è vista tutta.

A cuccia Dudù.

ALESSIO D’AMATO

I numeri dicono che vincerà il centrodestra. I politici di razza sanno che i numeri hanno la testa dura in matematica ma non in politica. Che è la scienza meno esatta di tutte e nella quale ci si esercita nell’arte dell’impossibile. Per gli scettici ripassare le ‘convergenze parallele‘ di Moro. Non è un caso che durante la Direzione riunita l’altro giorno il Segretario nazionale Pd Enrico Letta abbia letto i numeri in modo diverso dai sondaggi. Spiegando che la partita si giocherà in una serie di collegi chiave. E che proprio lì sarà fondamentale fare la scelta del candidato migliore e più credibile.

Alessio D’Amato ha messo a terra quel principio. E ricordato che nel Lazio è stata la Regione guidata dal centrosinistra a fronteggiare tutte le ondate di Covid, organizzando in maniera efficace le vaccinazioni e le cure, mentre il centrodestra era contro i vaccini. (leggi qui: Alessio D’Amato riparte da Cassino: alle Regionali ci sarà).

Ha iniziato a ricordare che ci sono risultati targati Pd, Campo Largo, alleanza dei progressisti. Lasciando solo sullo sfondo la questione delle Regionali alle quali potrebbe essere candidato come erede di Nicola Zingaretti.

Manca ancora il candidato ma Alessio D’Amato sta già preparando il terreno: per le Politiche. E poi per le Regionali.

Ricordatevi che io ci sono.

FLOP

MAURIZIO FALCO

Nei mesi scorsi aveva annunciato ai sindacato che la vertenza Corden Pharma di Sermoneta andava verso una soluzione. Rivelando la proposta di acquisto fatta da una società della quale non poteva (per motivi di riservatezza industriale) rivelare il nome. ma il cui rappresentante era lì al suo fianco per confermare l’operazione.

A distanza di tre mesi dall’intervento del prefetto di Latina Maurizio Falco arriva invece l’annuncio di ulteriori 44 tagli ai posti di lavoro. Del polo di ricerca e sviluppo nel frattempo s’è saputo poco o nulla.

Quella di Corden Pharma è un’eutanasia annunciata. Una realtà che sul piano tecnico ha impianti e strutture di eccellenza. Che è destinata alla soppressione per via di calcoli finanziari e strategici fatti nel mondo delle Big Pharma. Ha un futuro che la politica ed il territorio non intendono prendere in considerazione: cambiando settore e convertendosi all’economia circolare, per la quale ha buona parte degli impianti già pronti.

L’impennata nei costi di elettricità, gas e materie prime ha fatto saltare i vecchi progetti. In assenza di una prospettiva nuova e diversa sarà possibile solo ‘ammortizzare‘ quei 44 licenziamenti, in attesa che la scure cali anche sugli altri.

Un percorso di salvataggio passa da alcuni elementi concreti. Che sono un piano industriale credibile, basato su numeri sostenibili e convalidati dal tessuto economico nel quale quel progetto punta ad innestarsi.

Il resto sono solo chiacchiere.

Pastiglia mortale.

MATTEO SALVINI

Ci sono cose che ti restano attaccate alla suola della scarpa e non se ne vanno, nonostante tutti i tentativi per liberartene. Come le gomme da masticare che qualche maledetto ha sputato sull’asfalto o qualche ricordino lasciato da un cane accompagnato al guinzaglio da uno con meno cervello di lui.

A Matteo Salvini è toccato in sorte di non riuscire a liberarsi dei suoi viaggi in Russia e delle sue amicizie mai negate con il satrapo che domina da quelle parti. Un emblema dell’ingenuità e della superficialità politica di quella stagione del leader della Lega.

Puntuali, quei residui sono tornati a far sentire la loro presenza sotto la suola, a ridosso della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento. Nella quale Salvini aspira a prendere più voti della sua sodale Giorgia Meloni.

Se vorrà avere qualche speranza, dovrà togliersi del tutto dalla suola i resti del  Russia-gate per il quale c’è stata in queste ore la richiesta di un’informativa urgente dei ministri competenti e dell’Autorità delegata ai Servizi Segreti, quindi il sottosegretario Franco Gabrielli.

Il motivo: i possibili contatti tra un funzionario dell’ambasciata russa a Roma ed alcuni dirigenti della Lega; contatti ipotizzati durante la crisi di Governo. Fatti per sollecitare la Lega a ritirare i suoi ministri e determinare la caduta di Mario Draghi.

A prescindere dalla risposta (sono i fatti a contare) è quella familiarità di rapporti a gettare un’ombra sulla crediblità di Matteo Salvini come uomo di Stato. In Polonia non hanno avuto bisogno di informative né di audizioni: quello che pensano di lui e della sua mai rinnegata amicizia con Vladimir Putin glielo hanno detto. Facendogli fare una figura internazionale dallo stesso profumo di quella sostanza che ti si attacca sotto la suola. E non so toglie mai.

Compagno Matteo.

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