Top e Flop, i protagonisti del giorno: giovedì 5 gennaio 2023

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di giovedì 5 gennaio 2023.

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di giovedì 5 gennaio 2023.

TOP

STEFANO GRAZIANO

Stefano Graziano (Foto: Sara Minelli © Imagoeconomica)

Uno dei grandi guai della politica italiana è che ci ha abituati, senza esclusione di tessera, alle “prime donne”. Il termine ovviamente è gergale ed indica tutti i personaggi della politica nei quali pare debba andare a fare sintesi e massa critica ogni pulsione, direttrice, errore ed ogni strategia dei Partiti.

Detta meglio: a volte abbiamo l’impressione che le Segreterie siano solo il posto dove chi comanda decide e lo va a dire in dieci studi televisivi e non la somma di singoli addendi e personalità a volte meno in usta dei media, cioè l’anima collettiva di un Partito.

Ecco, per il Partito Democratico Stefano Graziano è un caso scuola: da un lato una formazione politica, la sua, in cerca di una resurrezione gravata da burocrazia e farraginosità formali degne di Bisanzio, dall’altro uomini pratici, quelli per capirci che fanno somma nella personalità del sindaco di Pesaro Matteo Ricci.

Graziano non ha aderenze precise con quella “scuola di pensiero” ma è un pratico. Un pratico che per lungo tempo era stato accusato di essere “praticone” addirittura con il clan del Casalesi. Da quelle presunzioni di reato il deputato venne del tutto scagionato e la sua acutezza oggi la mette a servizio delle presunte “beghe” del governo Meloni sul decreto Rave.

Quali? Quelle sempiterne della “manina” che nei testi in parto legiferativo ci inserisce altre faccende. E sulla recente farcitura con cui l’Esecutivo aveva messo in testo anche le norme sui medici No Vax Graziano non le ha mandate a dire. E ha detto: “Governo e maggioranza di destra, dopo aver strizzato l’occhio ai No Vax inserendo in maniera irresponsabile nel decreto Rave la norma che permette il rientro nelle corsie dei medici che avevano rifiutato di vaccinarsi, devono adesso ritirare questo testo. Sono ancora in tempo per farlo“.

In realtà il tempo è scaduto, ma la venefica acutezza dell’analisi di Graziano no. Non lo è perché esattamente in questi giorni ricominciare con serena cautela a parlare di emergenza covid non è più iperbole, anche se abbiamo mezzi per affrontare eventuali nuovi cimenti.

E perché c’è gente come Graziano che si è scrollata di dosso presunzioni mai censite in atti ed ha deciso di dire le cose come stanno. Ed ha fatto benissimo.

Papale papale.

ENRICO PITTIGLIO

Enrico Pittiglio

La sottile arte della diplomazia. Unita alla capacità di misurare le apparizioni davanti ai riflettori. Unite, creano un mix di autorevolezza e concretezza. Che il capogruppo del Partito Democratico in Provincia di Frosinone Enrico Pittiglio ieri ha messo in campo: riuscendo a tenere unito un gruppo profondamente lacerato dalle recenti elezioni Provinciali.

I quattro consiglieri provinciali Dem si sono divisi lo scorso dicembre, attestandosi su due diversi candidati presidente. L’area di Pensare Democratico si è attestata sulla posizione del sindaco di Sora Luca Di Stefano mentre l’area dei sindaci di Ferentino e Cassino ha appoggiato il progetto di continuità che aveva come punto di sintesi il sindaco di Arce Gino Germani. Non è stata una scissione: la Direzione Provinciale aveva lasciato libertà di voto proprio per evitare rotture traumatiche.

«Le elezioni però lasciano sul terreno vincitori e vinti, il pareggio non è possibile» è stato detto ieri in Aula durante la seduta di insediamento del nuovo Presidente. La contrapposizione interna è la peggiore: perché è uno scontro fratricida, con chi la pensa come te, vorrebbe raggiungere gli stessi risultati che vuoi tu, passando però su un percorso differente. E lo scontro che ha contrapposto i due blocchi è stato vero, sanguinoso, crudele.

Ha già determinato conseguenze: ridimensionando le ambizioni del sindaco di Cassino Enzo Salera, ridefinendo il perimetro elettorale dell’ex presidente Antonio Pompeo, confermando il ruolo maggioritario di Pensare Democratico. Modificherà gli assetti nell’amministrazione di Cassino. Ha generato una linea di dialogo provinciale inedita tra Lega e Pd che finora era stata intuita solo a Formia dall’ex 4 volte sindaco Sandro Bartolomeo.

In Aula ieri Enrico Pittiglio poteva formalizzare quella contrapposizione. Legittima e legittimata. Reale e definita. Invece, prima della seduta ha riunito il Gruppo, ribadito che le Provinciali sono alle spalle ed ora c’è da governare la Provincia ed affrontare le Regionali. Che non potrà essere tutto come prima ma non ci saranno rappresaglie e per tutti ci sarà la giusta considerazione.

La conseguenza: al momento delle dichiarazioni di voto, i consiglieri Gino Ranaldi ed Antonella Di Pucchio hanno espresso la loro sorpresa per i toni inclusivi. E tenuto aperta una linea di confronto. Dichiarandosi pronti a dare il loro voto a seconda dei casi senza negarlo aprioristicamente. Nei fatti: il Gruppo è ancora unito. E non era scontato.

Il silenzioso mediatore.

FLOP

CARLO CALENDA

Carlo Calenda (Foto: Andrea Panegrossi © Imagoeconomica)

Nel vocabolario della politica esiste la parola Alleanze. Che nella totalità delle volte sono di necessità: altrimenti uno non avrebbe alcun motivo per allearsi e dividere con un altro il suo traguardo.

Non esistono regole e non esistono limiti: li traccia la situazione del momento. Cinque anni fa – ad esempio – Movimento 5 Stelle e Lega si affrontarono con la baionetta tra i denti alle elezioni Politiche: ma finite le votazioni furono costrette dalla necessità a sedersi intorno ad un tavolo e dare vita al primo governo Gialloverde guidato da Giuseppe Conte.

Solo gli ingenui e gli sprovveduti arricciano il naso. Chi non conosce la politica pensa che sia un malvezzo tipicamente italiano. Per scoprire che non è così gli basterebbe andare in Germania e scoprire che in tempi molto recenti è stata governata da una Große Koalition. Copiando il modello che da noi si chiama Governo di Larghe Intese.

Alle Regionali del Lazio ieri l’assessore uscente alla sanità e candidato da Pd – Terzo Polo – Verdi – Demos ha lanciato il segnale al M5S. Che ha individuato un buon candidato governatore: scoprendo però che non basta per vincere ed i sondaggi lo danno terzo. Alessio D’Amato ha ripetuto quello che è evidente da mesi: il M5S sta governando il Lazio con il Pd ormai da anni, ha due assessori in giunta, non ci sono mai stati screzi. Ripetere quell’alleanza rende contendibile il Lazio alle destre.

Carlo Calenda ha minacciato di uscire dalla coalizione e schierare un suo candidato. Legittimo. Ma ad oggi Azione governa il Lazio in quella stessa coalizione che vede insieme anche il Pd ed il M5S. Ora. L’obiettivo di Azione qual è: continuare il modello che per dieci anni sta governando il Lazio o demolire uno tra Pd e M5S? Ai Dem il M5S non sta simpatico, tanto quanto ai grillini non va a genio l’idea di stare con ‘quelli che erano di Bibbiano‘. Ma la necessità li ha messi insieme: ed hanno prodotto anche risultati. Altri scenari significano dare la regione alle destre: legittimo. Basta dirlo.

Meglio una torta in due che niente da soli.

ENRICO COSTA

Foto Carlo Lannutti © Imagoeconomica

Lui è stato ministro per gli Affari Regionali ed è recentemente approdato ad Azione dopo un passato forzista ortodosso. E lui è stato il “papà” del perfezionamento di fine anno del “Cartabian Job”. In che senso? Nel senso che porta la firma di Enrico Costa l’ordine del giorno al dl Rave con cui destre e Terzo Polo hanno detto si alla Camera alla rimozione del blocco alla prescrizione.

In termini meno cervellotici significherebbe che le medesime destre ed il medesimo Terzo Polo hanno votato a favore del ritorno dei termini di “scadenza” dopo la sentenza di primo grado. Un ritorno con il quale è saltato l’ultimo fortino della “Spazzacorrotti” varata dal pentastellato Alfonso Bonafede nel 2019.

Grazie alla “manina” di Costa dunque, che ha avuto dei “complici”, i favorevoli sono stati 186 e i contrari 115. A votare sì, oltre al gruppo di Matteo Renzi e Carlo Calenda, anche tutto il cucuzzaro di centrodestra con tanto di parere favorevole del governo. Contrari Pd e Movimento 5 stelle che della Spazzacorrotti ha una fetta di paternità primeva.

Attenzione, perché Costa ha avuto dei “complici” in fisiologia di condotta politica? Perché l’atto di indirizzo è stato sottoscritto anche da Forza Italia e Noi Moderati. In quel documento si chiedeva di “predisporre, con una rivisitazione organica, il ripristino della disciplina della prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio, rimuovendo le criticità derivanti dalla legge 3/2019″, cioè la Spazzacorrotti.

A dire il vero parlare di ultimo fortilizio e di “Cartabian Job” ha un senso, dato che proprio Marta Cartabia dopo Bonafede aveva introdotto il meccanismo dell’improcedibilità. Cioè? Anche se la prescrizione sostanziale, in pratica l’estinzione del reato, non corre più dopo la sentenza di primo grado, il processo “muore” comunque perché ha l’obbligo della lepre in un paese dove la signora con la Bilancia bradipa: se non si conclude entro due anni in Appello e un anno in Cassazione va tutto ramengo.

E Costa lo sapeva benissimo perciò si è concesso il lusso di lasciare le impronte digitali su questi primissimo scampolo di 2023.

Spazzino della Spazzacorrotti.

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