Top e Flop, i protagonisti del giorno: giovedì 8 dicembre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di giovedì 8 dicembre 2022

I fatti, i personaggi ed i protagonisti delle ultime ore. Per capire, attraverso di loro e quanto hanno fatto, cosa ci attende nella giornata di giovedì 8 dicembre 2022.

TOP

MAURO BUSCHINI

Prendiamo per buone le analisi di uno che l’Aula della Regione Lazio l’ha calcata per anni da protagonista: Donato Robilotta. L’ex assessore socialista agli Affari Istituzionali del Lazio, pronto suggeritore del Governatore Francesco Storace in tema di cavilli e di enti locali, in queste ore affidato ad Affaritaliani il suo pensiero su nuovi Egato. Sono i nuovi enti che andranno ad assorbire le competenze oggi spezzettate tra Comuni, municipalizzate, società in house, privati, in materia di raccolta dei rifiuti. L’analisi di Robilotta non è complessa: sono dei carrozzoni inutili, le cui funzioni potevano tranquillamente essere delegate alle Province; servono solo a piazzare gente destinata ad essere trombata nelle elezioni di febbraio.

Prendendo per buona l’analisi di Robilotta, l’elezione di Mauro Buschini a presidente dell’Egato di Frosinone mette in chiaro una serie di aspetti politici che nulla hanno da condividere con la funzione del nuovo ente. (Leggi qui: Egato, Buschini presidente: la Lega caccia Quadrini e Girolami).

Il primo punto fermo: il Partito Democratico in provincia di Frosinone quando è unito rappresenta ancora oggi una micidiale macchina da guerra elettorale; il presidente è stato eletto con il voto favorevole di 63 sindaci su 91 pari al 61,58% del voto ponderato dell’Assemblea: è un dato enorme, se si considera che non l’hanno votato né Fratelli d’Italia, né la Lega, né Forza Italia.

Il secondo punto fermo: il Pd territoriale non è unito ma si è ridotto ad uno scontro tra bande che non viene più governato, ma anzi cavalcato, dai vertici nazionali. Che così alimentano la rottura. La divisione rende possibile la sconfitta per entrambi i candidati Progressisti alle presidenza della Provincia di Frosinone, a vantaggio di Riccardo Mastrangeli l’unico candidato di centrodestra. Che ieri ha preso le distanze da qualunque ipotesi di accordo con i Dem.

Il terzo punto. C’è stata una stagione nella quale il dialogo interno è stato acceso e divisivo quanto quello di questi giorni. Ma è stato governato, nel nome del risultato finale. È stato il tempo dei De Angelis e degli Scalia, con la stagione del buon governo che aveva portato alla guida di Capoluogo, Provincia, Regione, e seggio in Ue. L’elezione di Mauro Buschini ha avuto il merito di ricordare al Pd che se mettesse da parte la sua masochista vocazione suicida sarebbe anche un Partito capace di vincere e realizzare un’azione di governo.

Il merito silenzioso di Mauro.

MATTEO RICCI

Matteo Ricci (Foto: Marco Cremonesi © Imagoeconomica)

In un film bellissimo di una manica di anni fa, un uomo molto affascinante di nome Gregorio Pecco, come diceva Totò, fece finta di infilare una mano nella Bocca della Verità e tirò fuori la pantomima di quelle fauci che gliela sbranavano perché evidentemente mentiva.

Ecco, se Matteo Ricci mettesse la sua, di mano, nella Bocca della Verità al massimo si troverebbe la manicure fatta. Perché che Matteo Ricci sia un tipo sincero lo si sapeva già, ma le sue riflessioni di queste ore confermano l’assioma. “Al congresso Pd decideranno le correnti“. Quando uno dice una frase così non vuole passare per facilone snob, vuole solo dire le cose come stanno in un mare magnum di cose come pare che stiano.

Insomma, come ha colto bene il Secolo che ha afferrato la palla al balzo, il sindaco “super dem” di Pesaro ha squarciato il “velo di ipocrisia”. Quello che sta dietro al cerone del suo Partito. E lo ha fatto con un ragionamento essenziale che inquieta le nuove leve per la corsa al vertice come la Schlein ed il movimento dei sindaci. Ha detto Ricci: “Dobbiamo uscire dall’ipocrisia: alla fine conterà il voto tra gli iscritti nei circoli. E il fatto che vadano solo in due alle Primarie comporta che sia il Partito esistente, non quello del futuro, ad avere un peso sull’ascesa dei candidati“.

Appunto. E se tanto ci dà tanto è persino superfluo dire che a fare e disfare saranno quelli che un gongolante articolo del Secolo chiama “i kingmaker del congresso, i capataz, cioè i vari Franceschini, Orlando, Bettini”. Insomma, la cosa non è affatto un reato o un fatto eticamente deprecabile. E tuttavia tutti quei passaggi con cui da sempre al Nazareno si fanno i gargarismi con la retorica delle primarie, della partecipazione dal basso e del cuneo di società civile che viene e mette scompiglio negli apparati diventano all’improvviso e ancor più nitidamente quello che Stephen King chiamava “ripieno per gonzi”.

Ma lui, Matteo Ricci, gonzo non è. E si è chiamato un po’ di sindaci a raccolta a Roma per il 16 del mese. Così almeno ci prova, a far capire che per le nuove rotte servono sempre nuove plance.

Il Matteo che ci piace.

FLOP

ALESSIO D’AMATO

Alessio D’Amato con il personale del reparto da record

L’ospedale Spaziani di Frosinone è terzo in Italia ed è tra i primi dieci di quelli che trattano l’infarto con angioplastica primaria nell’arco di 90 minuti. La graduatoria l’ha stilata il Ministero della Salute che l’ha presentata insieme al Piano nazionale esiti. A poche ore dall’annuncio l’assessore alla Sanità del Lazio Alessio D’Amato si è catapultato a Frosinone per sottolineare quel risultato che è più incredibile della Nazionale del Marocco ai Quarti di Finale nei Mondiali di Calcio.

Alessio D’Amato ancora una volta ha indossato il vestito politico usato in questi dieci anni: quello dell’assessore. Un ruolo nel quale ha lavorato raggiungendo risultati che non possono essere negati: in dieci anni la Sanità del Lazio non è più una voragine senza fine, sono stati messe finalmente le briglie ai conti, il Covid non ha dilagato nel Lazio, la sua rete di vaccinazioni è stata impeccabile. Ma adesso Alessio D’Amato non è più solo l’assessore alla Sanità: è l’erede designato dell’intero capitale ammucchiato in dieci anni da Nicola Zingaretti. E se sia consistente o meno sta proprio a lui dimostrarlo e dirlo nelle piazze.

Potrebbe andare in giro a rivendicare i lavori nelle Case Popolari, le riforme sul diritto allo studio universitario, le nuove norme sull’Ambiente, i pagamenti che ora arrivano a 2 settimane mentre prima erano a 2 anni. Potrebbe e dovrebbe indicare pregi e limiti di dieci anni d’amministrazione del centrosinistra: su questo tema tra poco inizierà lo scontro campale con avversari ai quali le Politiche nazionali assegnano 15 punti di vantaggio.

Approfittando del ritardo di Fratelli d’Italia nell’indicazione del candidato governatore (ritardo che terminerà prestissimo) potrebbe strillare che il centrodestra è in affanno perché non ha una classe dirigente. Invece si ha l’impressione che in giro non ci stia andando il candidato governatore del centrosinistra ma l’assessore regionale alla Sanità che è orgoglioso della tante cose fatte.

Se non si crede in se stessi difficilmente gli altri potranno credere in noi. E infatti, il post nel quale viene celebrato questo traguardo stellare dello Spaziani registra dopo 24 ore la miseri di 91 like, 1 condivisione, 4 commenti di cui uno negativo.

Cambio di passo cercasi.

UMBERTO BOSSI

Umberto Bossi (Foto: Carlo Lannutti © Imagoeconomica)

Il suo Comitato Nord è due cose: la risposta di una Lega cocciuta ad una Lega visionaria; la risposta di una Lega oltranzista al bisogno di esserci comunque. Anche a dare magari una mano a Letizia Moratti per arruolare truppe dove di solito non dovrebbero esserci caserme nella sua strana battaglia – revenge per il Pirellone.

Umberto Bossi sta tempestando il mainstream con la “nuova” creatura da poco tenuta a battesimo ufficiale. Creatura antica e salda che dovrebbe riportare il Carroccio alle più appetibili origini di un federalismo nordico che quanto meno restringe il campo.

Perché restringere il campo dovrebbe essere positivo? Perché nelle intenzioni di un vecchio marpione, come Bossi crede di essere ancora, se il campo da gioco è piccolo giocarci sopra è più facile. Poi perché se giochi in casa hai gli spalti pieni di pubblico. E infine perché se ti giochi le vecchie battaglie non ti mancheranno mai gli ultras più affidabili.

In pratica Bossi sta teorizzando il ritorno volontario di una squadra che, piaccia o meno gioca in serie A, al campionato di II Categoria. E pretende pure che la cosa piaccia perché così gli obiettivi più “locali” saranno si scarsetti ma raggiungibili.

Per Bossi “è arrivato il momento di alzarsi in piedi. Avete sofferto quando avete visto cancellare l’identità della Lega…”. Il “fondatur” ormai agisce ed arringa le folle con la colonna sonora del Canto degli Ebrei Erranti (il Va Pensiero) e si gode il “Capo sono tutti con te!” dei leghisti duri e puri. Puri purissimi padani doc in eugenetica lombardo-veneta ai quali dice con aria soddisfatta che il Comitato è il “Voltaren della Lega”. Il Voltaren. Un antidolorifico. Come la morfina. Come le cose che non ti fanno ricordare che il dolore del travaglio e del cimento è vita. E che l’assenza dello stesso è l’anticamera di quel che alla vita sta contrapposto.

Analgesico verde.

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